

È sempre più invalsa l’idea che considera l’utero in affitto una bestialità se vi si ricorre in paesi poveri dell’Asia o dell’Est Europa, perché porta allo sfruttamento di povere donne, mentre è da considerarsi una pratica accettabile se riguarda i ricchi Stati Uniti.
Melissa Cook (nella foto), 47 anni, abita a Woodland Hills, nella benestante California, e mesi fa è stata assoldata da un uomo della Georgia per fargli da madre surrogata. La donna ha accettato di portare in grembo gli embrioni risultanti dallo sperma dell’uomo e dall’ovulo di una donatrice ventenne. La pratica è legale in California e per farsi impiantare gli embrioni con l’aiuto della fecondazione eterologa, la signora Cook si è accordata per un compenso di 33 mila dollari, più seimila dollari per ogni figlio aggiuntivo. Per avere più possibilità di successo, infatti, le sono stati impiantati tre embrioni.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]ABORTIRNE ALMENO UNO. Contrariamente ai desideri e alle aspettative dell’uomo, tutti e tre gli embrioni sono sopravvissuti. Ma poiché il futuro padre non ha nessuna intenzione di crescere tre figli, da solo o con eventuali partner, ha ordinato alla madre surrogata di abortirne almeno uno. «Sono esseri umani, sono legata a loro. Questo non è giusto», gli ha risposto la donna e per questo l’uomo, attraverso l’avvocato, ha cominciato a minacciarla.
LE MINACCE. La signora Cook ha denunciato le richieste e le pressioni dell’uomo con un’intervista al New York Post. La donna ha ancora due settimane per abortire legalmente e ha dichiarato di avere «paura». L’uomo infatti ha minacciato di non corrisponderle il compenso pattuito e di denunciarla per farle pagare i danni per quello che dovrà spendere per prendersi cura del bambino non desiderato e di eventuali parcelle mediche.
La donna, separata dal marito, è madre di quattro figli, tra cui tre gemelli. In precedenza, si era già prestata a una maternità surrogata. La mia paura, dice, è di «essere costretta ad abortire. Se voleva due bambini, perché mi ha fatto impiantare tre embrioni?». La domanda è legittima, ma quando i bambini diventano oggetto di compravendita, ostaggi dei volubili desideri degli adulti, sembra inutile perdersi in sottigliezze.
Foto tratta da Facebook
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Già così è roba da “ultimi giorni”, ma c’è anche la possibilità, ancora più tragica, che la signora abbia posto questione soprattutto per via dei seimila dollari aggiuntivi che gli frutterebbe il terzo incomodo.
È stato un “marketing misunderstanding”, bisognava avvertire il cliente che si trattava di un’offerta “prendi 3 – paghi 2”.
Come per i pomodori o per le merendine, no?
Allucinante, a dir poco!!
Ma come fai a scherzarci su?
Non ci scherzo affatto, caro Andrea UDT. Dico semplicemente la verità: ovvero che la procedura dell’utero in affitto è perfettamente inserita in un mercimonio nel quale valgono, appunto, le leggi di mercato. Chi ci scherza (in modo cinico e ultimamente sadico) è tutta la pletora di babbei che crede che si tratti di un “atto di generosità”.
Ovviamente dei diritti del/dei bambino/i non gliene impippa una cippa: da quando in qua i pomodori o le merendine hanno diritti?
Ci si può girare intorno quanto si vuole ma, accettate certe premesse sono le logiche conseguenze. E’ un mercato, che prevede rifiuti degli scarti ecc. Poi ste belle persone , che hanno valutato che il prodotto è quello “giusto”, che risponde alle richieste, sono in grado di “amarlo”. Amano se hanno l’oggetto giusto, come un saper dipingere “sole” se hai il “soggetto” giusto (parafrasando E. Fromm).
“solo” *
“Sono esseri umani, sono legata a loro, questo non è giusto”
Per me, c’è qualcos’altro che non è giusto, signora!!, mi consenta!
Se finisce in tribunale anche questa, vorrei tanto sapere come va a finire; sembra una telenovela scritta sulla pelle dei bambini! Puah!