Grottesco come il calcio al tempo del coronavirus

Di Fred Perri
13 Aprile 2020
Quelli della serie A pensano che tutto tornerà come prima e che “bisogna salvare la stagione, finire il campionato”. Ma dove vivono?
Stadio di San Siro a Milano

Articolo tratto dal numero di aprile 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Quando leggerete queste poche, sporche e inutili righe, saremo sempre alle prese con questo virus. Spero solo di non essere più in esilio con la sola compagnia di quella lagna di Roberto Perrone che lacrima sulle foto dei figli sul cellulare e poi si attacca ai siti porno. Almeno io ci vado direttamente.

Forse saremo, timidamente, usciti di casa, ma saremo sempre alle prese con questo fottuto affare e le sue conseguenze. Non le conoscono neanche quelli che dovrebbero guidarci, e se è vero che pure Batman e Robin avrebbero avuto dei problemi a gestire questa emergenza, è altresì vero che voi avete messo a occuparsene, grazie al vostro voto da v.i.p. (very incredible pirla), i più incapaci in circolazione.

Ci sono molti aspetti della vita ai tempi del coronavirus che risultano grotteschi a cominciare dal comportamento del calcio. Questi stanno a discutere di riprendere, di maggio, di giugno, questi si credono di vivere oltre i confini della realtà. Anche da contagiati.

Questi pensano che tutto tornerà come prima e che “bisogna salvare la stagione, finire il campionato”. Questi non hanno capito una beata minchia.

Io invece una cosa l’ho capita. Come mai non sono diventato direttore di un giornale. Io, in questi giorni, piuttosto che riempirli con questa caterva di cazzate, avrei pubblicato delle gran pagine con le pecore davanti ai templi di Paestum, come ai tempi dell’intervallo. 

Foto Ansa

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