Burke e l’invito a cimentarsi con l’eterno

Di Carlo Marsonet
06 Ottobre 2023
Un libro di Giacomo Maria Arrigo ci fornisce un'esaustiva ricostruzione del sistema filosofico, morale e politico, del pensatore anglo-irlandese
Edmund Burke

Edmund Burke

Come tutti i grandi classici, Edmund Burke (1729-1797) ha segnato in maniera indelebile il pensiero filosofico del mondo moderno. Solo i grandi autori che vanno oltre il proprio presente lasciano qualcosa che è destinato a lasciare tracce, solchi, spunti per i posteri. Magari pure dividendo gli studiosi. Burke rientra appieno in tale quadro. Ne è una solida testimonianza il fatto che sia stato additato in maniera diversa, con toni elogiativi oppure critici. Ma, comunque, in modo sovente ideologico.

Un giovane studioso, Giacomo Maria Arrigo, ne ha ripercorso in maniera seria e meditata i pensieri in campo morale e politico in un recente volume: La filosofia morale di Edmund Burke. Culture, tradizioni, civiltà (Carocci). Studioso di Burke ormai da tempo, l’assegnista di ricerca in Filosofia morale presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano non concorda con chi ritiene che l’Autore delle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia (1790) non abbia espresso un pensiero organico. Al contrario, scandagliando l’intera opera burkeana, la quale non può essere appiattita “solo” sul libro poc’anzi menzionato – un classico, beninteso, ma non unica opera considerevole di Burke –, Arrigo ha fornito una esaustiva ricostruzione del sistema filosofico, morale e politico, del pensatore.

Legge naturale e ordine

Già curatore di due volumi che racchiudono importanti opere minori di Burke, segnatamente Tre memoriali sulla questione francese (Aracne 2021) e Storia e tradizione. Due lettere e un discorso (Mimesis 2022), Arrigo ripercorre la copiosa letteratura esistente che vede Burke talvolta eccessivamente schiacciato sul versante giusnaturalistico o su quello utilitaristico.

E tuttavia, discostandosi da facili risoluzioni della complessa filosofia burkeana, ritiene che vi sia spazio per una feconda compenetrazione, ovvero complementarietà, della legge naturale e dell’utilità nel suo sistema di pensiero. Infatti, più che concepire tali due principi come antipodi alternativi, Arrigo argomenta come, piuttosto, la legge naturale sia il fondamento di un buon ordine morale e l’utilità il «segno della corretta traduzione, per così dire, della legge naturale nelle concrete situazioni storiche».

Senso comune e Provvidenza

Secondo Burke, in altre parole, un Dio trascendente lascia la propria impronta normativa nel mondo attraverso la legge naturale. Tale principio può – non deve: l’uomo rimane libero, ma proprio per questo deve essere pronto ad accettare le conseguenze delle sue scelte – essere seguito dagli uomini attraverso due strade.

La prima fa entrare in gioco il senso comune, inteso da Burke come una facoltà che consente agli uomini di cogliere istintivamente i principi morali: tale strumento precede la ragione, e pertanto la guida e la orienta. La prudenza, poi, non fa che filtrare i principi morali attraverso la storia e il libero arbitrio individuale: il risultato è che, se correttamente applicati, i principi morali derivanti dalla legge naturale conducono all’utilità dei singoli e delle comunità che essi abitano.

La seconda via – induttiva: la prima era, com’è evidente, deduttiva – muove, invece, dal principio prescrittivo guidato dalla Provvidenza: ciò che si eredita dal passato, vagliato lentamente e sapientemente, ovvero con prudenza, dalle generazioni, viene tesaurizzato e così crea un patrimonio comune utile al singolo e alle comunità. In altri termini, sostiene l’autore del volume, in Burke entrano in gioco diversi concetti cruciali (common sense, prescription, prudence) che tengono uniti tanto il principio della legge naturale quanto quello dell’utilità, promuovendo così una via media tra universale e particolare. Se così è, conclude, «per Burke, tutte le tradizioni culturali sono altrettante traduzioni della legge naturale».

Trascendente e mondano

Il libro di Arrigo, insomma, non solo e non tanto si configura come una ponderata introduzione al pensiero morale (e politico) di Burke. Di più, forse, si tratta di un invito a cimentarsi con l’eterno – di natura trascendente, come risulta chiaro, ma pure intramondano, cioè a dire relativo a ciò che lega le generazioni su questa terra, frutto della legge naturale – che pulsa e riluce attraverso le opere del pensatore anglo-irlandese, e che per sua stessa natura è plurale e molteplice.

Proprio in virtù della sua validità che va al di là del qui e ora, «l’inalterabile costituzione delle cose» è destinata a rimanere e a perpetuarsi. A patto che la saggezza della specie vinca la barbarie della moltitudine e l’uniformante anelito dei demagoghi di fare tabula rasa dell’esperienza umana.

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