Burke: «Cattolici, non è tempo di tacere»

Di Benedetta Frigerio
25 Maggio 2012
Dall’aborto alla riforma liberticida di Obama, «il male è scatenato». Il cardinal Burke e la scelta di marciare in difesa della vita. Con la testimonianza e con i piedi

Il 13 maggio scorso 15 mila persone hanno sfilato nella capitale per chiedere l’abolizione della legge 194/78 che legalizza l’aborto. Fra i cartelli che denunciavano la morte di 5 milioni di bambini e l’impossibilità di tollerare anche un solo aborto legale, spuntava una faccia capace di rendere ancora più significativa la svolta del mondo pro life italiano. Quella di Raymond Leo Burke, il cardinale statunitense prefetto della Segnatura Apostolica che ha marciato silenziosamente per due ore secondo il suo stile umile ma mai remissivo. Infatti, la sola presenza del capo del supremo tribunale vaticano, noto per essere fra i porporati più vicini sia per formazione sia per impostazione al papa teologo e pastore Benedetto XVI, ha segnato una novità non indifferente nella linea d’azione indicata dalla Chiesa cattolica per far fronte alla violazione dei cosiddetti “princìpi non negoziabili”.

Eminenza, è la prima volta che una fetta così consistente del mondo pro life, con il plauso di molti vescovi, intraprende la via dell’opposizione senza compromessi. Fino ad ora si era scelto di combattere per l’applicazione integrale della legge 194 quale via per ridurre gli aborti, come se non fosse possibile chiedere di più. Il numero degli aborti, però, non ha fatto che aumentare. È realistico percorrere la strada più audace ora che siamo ancora più assuefatti alla mentalità abortista?
È necessario prendere la via audace. L’unica accettabile e indicata da sempre da Giovanni Paolo II prima e da Benedetto XVI poi davanti alla negazione dei princìpi non negoziabili. L’aborto è la violazione di un diritto inviolabile della persona. Non si può rimanere silenziosi di fronte a una legge che lo permette, non ha senso parlare di male minore davanti a un omicidio. Per quanto riguarda l’esito politico di tale azione è difficile fare previsioni, ma se non si comincia non lo sapremo mai. Comunque sia abbiamo il dovere di parlare chiaro per tenere deste le coscienze, testimoniando fino in fondo la santità inviolabile della vita umana, tutelandola dal concepimento fino alla morte naturale.

In America lo Stato si sta spingendo più in là. Nell’ambito della sua riforma sanitaria Obama ha approvato un regolamento che vìola la clausola di coscienza: qualsiasi istituzione deve offrire ai propri dipendenti, studenti o fruitori la copertura assicurativa di contraccettivi e aborto. La Chiesa cattolica, spronata dal Papa, si sta mobilitando, attraverso incontri pubblici, interventi mediatici, manifestazioni e preghiere comunitarie per chiarire alla gente che il governo non sta minacciando la Chiesa ma la libertà religiosa in generale. La stampa laicista parla di ingerenza.
Questo lavoro è assolutamente necessario: la Chiesa cattolica non può rimanere integra senza impegnarsi per continuare ad agire nella società. Assistiamo a una secolarizzazione totale che vuole zittire la coscienza umana. Perciò, i vescovi non solo possono ma devono protestare e fare tutto il possibile per risvegliare le coscienze della popolazione, anche perché il mondo mediatico, tutto a favore della secolarizzazione, sta cercando di confondere i cittadini mascherando quello che sta accadendo. Dice: “Sì, voi avete la libertà di culto nella vostra chiesa ma poi, fuori dalle sue mura, non avete quella religiosa”. Accettare di vivere così è tradire la natura cattolica del cristianesimo. Pertanto mi conforta molto vedere che tutti i vescovi americani sono uniti per protestare contro un governo che minaccia le sue stesse fondamenta: il primo emendamento della Costituzione. Sono sicuro che ogni americano che si renderà conto che l’attacco non è rivolto alla sola Chiesa cattolica, ma alla libertà religiosa in generale, si opporrà al presidente.

C’è chi teorizza che il mondo non capisce più quello che la Chiesa ha da dire, perciò l’unica via sarebbe quella della testimonianza di vita.
Non si può stare in silenzio. In questo caso accontentarsi della testimonianza personale sarebbe come affermare che si è d’accordo con quanto il governo sta facendo. Il silenzio non è ammissibile di fronte alle ingiustizie più gravi. Tradiremmo la missione che il Signore ci ha affidato: difendere la dignità di ogni essere umano. Parlano di ingerenza e poi rimproverano il silenzio della Chiesa di fronte al nazismo. Chi parla così, almeno per coerenza, dovrebbe auspicare l’intervento della Chiesa, perché siamo di fronte a un pericolo simile.

In Italia si cerca di fare apparire la Chiesa come un’istituzione potente e corrotta a cui porre fine. L’attacco viene anche dall’interno e arriva fino al Santo Padre, con la pubblicazione della sua corrispondenza personale.
Questa è una cosa che la Chiesa deve affrontare anche al suo interno. Il segreto pontificio non esiste per mascherare le ingiustizie, ma perché viga il rispetto della coscienza personale. Bisogna poi ricordare che quanto è destinato a un uso personale, non avendo lo scopo di un annuncio generale, ha una forma che non è pensata per essere comprensibile al pubblico. Mi auguro un ripristino immediato del segreto e della riservatezza dei documenti pontifici, che la Chiesa deve ricomprendere. Perché quanto avvenuto è una violazione gravissima.

Anche la stessa Costituzione italiana, all’articolo 11, tutela la segretezza della corrispondenza privata.
Sarà la Segreteria di Stato ad occuparsi di questa violazione per far valere i propri diritti anche all’esterno.

Davanti agli scandali si vede anche il rischio di dividere la “Chiesa dei buoni” da quella “dei cattivi”.
La Chiesa, che è il corpo mistico di Cristo, è una ed è il mezzo attraverso cui il Signore ha scelto di restare con noi: la Chiesa, dunque, è una realtà santa composta da uomini che rimangono peccatori e che talvolta non rispondono alla grazia ricevuta dallo Spirito. Una grazia continuamente necessaria per la conversione della vita, per il rigetto del peccato e per abbracciare la via della Croce e della donazione di sé. Così la Chiesa resta una realtà non coerente, santa e meretrice insieme. Perciò, chi prende solo un aspetto di essa è ideologico. Non ha scuse nemmeno chi assiste al compimento di peccati gravissimi che i suoi uomini possono commettere, perché chiunque ha a che fare con la Chiesa ha conosciuto anche la sua santità, magari più visibile in certi uomini che in altri.

Non pensa che ci sia anche un’amplificazione dei peccati, se non addirittura una distorsione della realtà della Chiesa?
È indubbio. I media, ad esempio, prendono le cose più normali e di per sé buone, come la conversazione del Santo Padre con un governatore, e ne distorcono il messaggio insinuando secondi fini. Mentre i fatti sono più semplici: da sempre la Chiesa, come qualsiasi altra istituzione, nel dialogo con altri esprime il proprio pensiero. E questo è bene, perché la sua missione è di salvare e difendere il mondo. Anche per questo un cattolico non può accettare una separazione assoluta tra Stato e Chiesa. I due piuttosto devono collaborare mantenendo la propria identità.

La cronaca dimostra che è in atto un tentativo di infangare chi cerca di applicare la dottrina sociale della Chiesa. Così i cattolici sono tentati di ritirarsi dal mondo non solo per paura della persecuzione, ma per quella di sporcarsi le mani.
Non è possibile per un cattolico accettare di farsi chiudere in sagrestia. Non possiamo ritirarci per paura di diventare come il mondo. Sì, ci sono anime che hanno la vocazione eremitica o monastica chiamate a lasciare il mondo per salvarlo abbracciando una vita di penitenza e preghiera. Ma per chi non ha questa vocazione è un dovere quello di agire nei vari campi dell’attività umana per testimoniare Cristo risorto. Certo è difficile, perché più la nostra testimonianza è forte più i nemici del Vangelo ci attaccano. È poi c’è sempre il rischio di cadere. Ma questa non può essere una ragione per lavarsene le mani. Non possiamo pensare che seguendo Gesù non saremo attaccati e nemmeno che non sbaglieremo. Proprio per questo si deve continuare ad agire stando attaccati alla vite. Dobbiamo essere tralci ben inseriti nella vite che è il Signore per trarre forza dall’Unico che ci può sostenere e farci rialzare. Altrimenti saremo perduti. Soprattutto ora che il male è scatenato, è solo con Cristo, nella Chiesa, e in Cristo, nell’Eucarestia e nella Confessione, che possiamo prevalere sulle forze di Satana, sui principati e le potestà, come dice san Paolo.

Perché Dio permette una prova simile, che allontana gli uomini dal Suo corpo che è la Chiesa? Che cosa sta chiedendo il Signore ai suoi discepoli?
La spiegazione si trova nella Passione di nostro Signore. Il Padre ha permesso che Lui soffrisse una passione crudele per salvare il mondo. Quindi dobbiamo vedere nelle nostre sofferenze la via misteriosa della purificazione, per amare ancor più Dio e il prossimo. Se tutto fosse facile la bellezza della vita cristiana si offuscherebbe. Al contrario, quando la vita cristiana è provata, la sua bellezza è misteriosamente più evidente. Io sono solo un sacerdote, ma mi pare che in questi tempi così duri il Signore ci stia chiedendo una testimonianza eroica: di soffrire per Lui e per la sua Chiesa.

Come sta vivendo il Santo Padre questa prova?
Mentre il corpo soffre anche il capo soffre con lui. Ma il Papa ha una fede ferma e forte: soffre ma è certo che tutto è nelle mani del Signore che ha già vinto ed è risorto. Perciò è sempre molto sereno e tranquillo e non si lascia scalfire dal mondo.

@frigeriobenedet

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