Nel paese in cui le isterie criminali dei capi ultras del calcio valgono più delle parole di un prefetto e di un questore, può davvero succedere di tutto. Anzi, di più. Persino che l’informazione, quella libera e antifascista, invochi le difese di mamma Bruxelles di fronte al golpismo monopolistico di Silvio Berlusconi. Il tutto, badate bene, proprio nei giorni in cui i principali portatori di croce censoria danno prova di una straordinaria abilità di normalizzazione mediatica in stile bulgaro. Ma andiamo con calma. Non avendo nulla di meglio e di più importante da fare, il Parlamento europeo ha infatti pensato bene di dedicare una bella relazione «al rischio di violazione nell’Unione e particolarmente in Italia della libertà di espressione» con tanto di voto finale e risoluzione. Sono quindici paginette piene di sproloqui, alcuni burocratico-procedurali altri di merito, dalle quali si desume che il Belpaese non solo necessita di una tutela sine die dell’Osce ma che addirittura Berlusconi controlla tutte e sette le reti nazionali, non più solo Mediaset. Leggiamo il paragrafo che ci riguarda e prepariamoci a una grassa risata, visto che la Gran Bretagna del caso Blair-Bbc viene liquidata in cinque righe nella sezione precedente. Per l’Europarlamento, infatti, nella perfida Albione «è in corso un intenso dibattito scaturito dal rapporto Hutton sulle circostanze relative alla morte dello scienziato e consulente governativo David Kelly, dalle dimissioni del direttore generale e del presidente della Bbc e dalle potenziali ripercussioni del caso sulla pratica del giornalismo investigativo», mentre in Italia si rileva che «il sistema presenta un’anomalia dovuta a una combinazione unica di poteri economico, politico e mediatico nelle mani di un solo uomo, l’attuale presidente del Consiglio dei ministri e al fatto che il governo italiano è, direttamente o indirettamente, in controllo di tutti i canali televisivi nazionali». Capito? Quindi non solo Mediaset, ma anche le tre reti Rai e La7: il “Tg3”, “Ballarò”, “L’Infedele”, “Quelli che il calcio…” sono tutti strumenti della diabolica veicolazione subliminale del pensiero del Cavaliere, altro che trasmissioni libere, democratiche e antifasciste.
L’ombra di Murdoch
Non dimenticando una bella citazione della Corte Costituzionale e del presidente Ciampi, l’Europarlamento si pone poi una questione di fondamentale importanza: l’organismo, infatti, «esprime preoccupazione per il fatto che la situazione vigente in Italia possa presentarsi in altri Stati membri e nei paesi in via di adesione qualora un magnate dei media, come Rupert Murdoch, decidesse di entrare in politica». Meravigliosi, vai a spiegarglielo che Murdoch in politica c’è da sempre, ovvero l’ha sempre influenzata senza che nessuno avesse da ridire (quando si stancò di Major e dei Conservatori un po’ ingessati degli anni Novanta, voltò di 180 gradi e fece diventare i suoi mezzi d’informazione la grancassa del New Labour di Tony Blair): loro non capiscono, loro ascoltano estasiati la relazione di Paolo Serventi Longhi, grande capo della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, che con tono resistenziale da “Piave che mormorava” ha così arringato la folla di Bruxelles. «Abbiamo espresso grande preoccupazione per il progressivo ridursi degli spazi di pluralismo nella comunicazione e nella cultura del nostro paese… Abbiamo chiesto una soluzione realmente efficace al problema del conflitto di interessi del presidente del Consiglio, padrone del maggior network privato e premier… Il comitato di forze sociali e di associazioni della società civile che rappresento, anche nella veste di segretario del sindacato unico e unitario dei giornalisti, non fa parte di uno schieramento politico, non opera per un governo diverso dall’attuale». No, per carità, ha soltanto la falce e il martello stampati in fronte, ma d’altronde questi toni da Peppone in campagna elettorale fanno impazzire i resistenti dell’emiciclo europeo, quelli da 20mila euro al mese. Ce ne sarebbe abbastanza per seppellirli con una risata, ma il meglio è rappresentato dal modo con cui due eminenti testate della sinistra come l’Unità e il Manifesto hanno raccontato la contestazione avvenuta sabato scorso ai danni di Piero Fassino: zero, nulla, qualche fischio, ragazzate di un popolo in festa. In compenso parlano di censura di governo e affidano al compagno Serventi Longhi i loro gridi di dolore in Europa: come gli ultras di Roma, che inventano notizie false e poi danno la colpa alla “polizia assassina”. è la stampa, bellezza!