
Se il film lgbtq fa flop «è colpa degli eterosessuali omofobi»

Il mix letale tra Hollywood e le politiche identitarie negli ultimi anni ha generato più di un mostro. Là dove il mostro in questione sono film in cui la trama o l’azione passano il secondo piano rispetto al riempimento ossessivo di caselle politicamente corrette sempre più numerose (uno degli apici di questo approccio è l’inguardabile Eternals della Marvel, con il maschio bianco cattivo, la donna asiatica e il nero omosessuale buoni, l’eroina sorda, e così via).
Il cinema che manda messaggi “buoni” e il film lgbtq
Tutto al cinema deve “mandare un messaggio”, non soltanto gli attori nei loro discorsi di accettazione dei premi, e una pellicola è considerata “buona” se manda un messaggio, purché sia antirazzista, antiomofobo, ambientalista, inclusivo. Basta mettere una donna protagonista e quasi sempre un regista otterrà ottime recensioni – persino i remake al femminile di Ocean’s eleven e Ghostbusters sono stati applauditi, invece che bollati per quello che erono: riciclaggio di vecchie storie in mancanza di fantasia adeguata per scriverne di nuove.
A farlo notare è Tom Slater sullo Spectator, che riprende e commenta una delle polemiche cinematografiche più surreali degli ultimi giorni: Billy Eichner, attore e sceneggiatore di Bros, commedia romantica gay appena uscita al cinema negli Stati Uniti, ha dato la colpa agli eterosessuali per il fop al botteghino del suo film, ovviamente elogiato dalla critica. Bros è la prima pellicola (dichiaratamente) di quel genere a essere stata finanziata da una grossa casa di produzione.
Non vai a vedere Bros? Sei omofobo!
Costato oltre 22 milioni di dollari, Bros ha un cast composto da attori Lgbtq+ e racconta la relazione amorosa tra un autore di podcast newyorkese e un avvocato. «Purtroppo, questo è il mondo in cui viviamo», ha twittato Eichner, «Anche con recensioni entusiastiche il pubblico eterosessuale, specialmente in alcune parti del paese, non è venuto a vedere Bros», per poi aggiungere che «chiunque non sia uno strano omofobo» dovrebbe andare a vederlo. Un tempo registi e produttori cinematografici sapevano trarre le dovute conseguenze dal mancato successo di un film al botteghino – capendo ad esempio che forse il film non era poi così bello, o il tema trattato non interessava più di tanto al pubblico – cercando di non ripetere l’errore.
La nuova Hollywood woke e inclusiva, invece, sembra intrappolata in quella satira sulla Germania Est di Bertolt Brecht, scrive Slater, in cui ci si chiede se non potrebbe essere più semplice per il governo semplicemente “sciogliere il popolo” ed “eleggerne un altro”. «Non può essere, ovviamente, che Bros non sia effettivamente andato così bene, che non sia riuscito a connettersi con il pubblico o che non sia stato promosso adeguatament. No, gli spettatori sono il problema e dovrebbero vergognarsi di se stessi. E dato che dobbiamo per forza credere che tutto oggi gira attorno al bigottismo, Eichner non è nemmeno obbligato a sostenere la sua stessa folle affermazione».
Non ti piace The Rings of Power? Razzista!
Le nuove categorie protette sono diventate armi da scagliare contro chi non fa quello che il regista, lo scrittore, il giornale o il politico di turno pensano sia giusto. Le persone non vanno a vedere al cinema una commedia lgbtq? Sono automaticamente omofobi, eterosessuali che boicottano, dunque colpevoli. È un situazione analoga a quella successa con le critiche a The Rings of Power, la serie tv di Amazon Prime sulle origini del Signore degli anelli, talmente stroncata dal pubblico che Amazon ha dovuto disabilitare i commenti sui propri social. Come ovvio, però, a nessuno è venuto in mente di dire che forse gli spettatori avevano ragione, e che Gli anelli del potere è una boiata pazzesca, tutti hanno invece detto che le critiche erano razziste e sessiste, dato che nella serie ci sono protagonisti elfi neri e donne.
La spiegazione invece è molto più semplice: non basta il messaggio inclusivo per rendere un prodotto cinematografico o televisivo attraente e di successo, alla gente piacciono ancora le storie con una trama avvincente e credibile. Questo però non rientra nello schema del politicamente corretto, e produce un arroccamento paradossale da parte di giornalisti e critici che, pur di non passare per razzisti omofobi e sessisti pure loro, insistono a incensare le boiate pazzesche.
Lgbtq? Basterebbe tornare a intrattenere
È il solito snobismo progressista da ztl, quell’atteggiamento che svela un senso di superiorità morale da parte di chi offre al popolo la propria arte e le proprie idee e si indigna se in risposta riceve pernacchie. Eppure basterebbe tornare a fare quello per cui il cinema è nato: intrattenere e divertire. «In un momento in cui le politiche identitarie infettano tutto», conclude Slater, «sembra che molti preferiscano dire la cosa “giusta”, prendere la posizione “giusta” e vendere biglietti solo al tipo “giusto” di persone piuttosto che fare soldi. Tuttavia, prima o poi si renderanno conto che la gente comune non accetta di essere insultata – e che, per parafrasare Brecht, Hollywood non può semplicemente cancellare il pubblico e sceglierne un altro».
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