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Home Economia

Bortolussi (Cgia Mestre): Cosa c’è di buono nella legge di stabilità per le Pmi

L'emendamento sul ddl stabilità taglia Irap e favorisce la produttività. Giuseppe Bortolussi (Cgia) applaude, ma per far riprendere l'economia occorre aumentare i consumi.

Massimo Giardina
14/11/2012 - 17:52
Economia
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Aiuti alla produttività per 800 milioni di euro e tagli all’Irap dal 2014 con esenzioni per professionisti, autonomi e artigiani non organizzati da sommare agli sconti Irpef per le famiglie più disagiate. È quanto emerge nella legge di stabilità riscritta in Commissione bilancio alla Camera dei deputati. L’emendamento che ha visto come relatori l’ex ministro Renato Brunetta (Pdl) e Pier Paolo Baretta (Pd) è stato presentato ieri pomeriggio mantenendo invariati i saldi come richiesto dal Governo. Giuseppe Bortolussi, presidente dell’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre (Cgia) esprime a tempi.it la sua soddisfazione, ma nello stesso tempo afferma che «purtoppo non è ancora abbastanza».

Presidente, come giudica il nuovo ddl di stabilità così come riscritto ieri in Parlamento?
Molto bene, e aggiungo che non a caso il testo viene da un veneto come Renato Brunetta. Le modifiche fatte vanno nel senso giusto. Nelle ipotesi precedenti avevamo fatto notare delle discrepanze perché si andava a scontare l’Irap per i dipendenti di sesso femminile e quelli sotto i 35 anni.

Perché delle discrepanze?
Un provvedimento così fatto avrebbe avvantaggiato le aziende più strutturate: una piccola impresa che ha tre dipendenti ha meno probabilità di avere giovani o donne di un’azienda di 100 lavoratori e per questo fatto la Cgia aveva reclamato uno sbilancio penalizzante le piccole e micro imprese di 5 miliardi di euro. Per fortuna, l’emendamento rimedia a tale discrepanza e al torto subito dalle aziende più piccole.

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Si va nella giusta direzione?
La defiscalizzazione degli investimenti tocca le aziende maggiori e tutte le volte ci scordiamo che in Italia il 98 per cento delle imprese ha meno di 20 addetti e il 95 per cento meno di 10. A livello europeo garantire il lavoro per il 58 per cento sono state le realtà al di sotto dei 10 lavoratori. Dunque, se vogliamo creare occupazione bisogna dare seguito a queste indicazioni che vengono dall’economia reale, ma non basta.

Insomma, a parte l’emendamento di ieri, non giudica così bene l’operato del Governo.
No, anzi, è il contrario. Riconosco la sensibilità che Monti ha avuto verso le imprese, ad esempio con lo slittamento dell’acconto da novembre 2100 a giugno 2012: per le piccole imprese è stata una boccata d’ossigeno come il fatto che ha sbloccato, secondo i tempi e le modalità richieste dalla Comunità europea, i pagamenti della Pubblica amministrazione.

Ma?
Ma c’è un grosso difetto: il Governo sta adottando una politica economica recessiva che non favorisce i consumi. Le aziende che producono per l’estero vanno bene, ma non serve alle imprese che lavorano per il mercato interno. Se non ci sono i consumi, per quanto si possa aiutare l’offerta, continua a mancare la domanda e si crea un circoo vizioso: calano i consumi, le aziende vanno in casse integrazione prima, e in mobilità nel passaggio successivo, licenziano e poi chiudono.

Il saldo delle imprese è però attivo: 280 mila chiuse contro 300 mila nuove.
Ne nascono nuove ma non sono strutturate. Se chiude un’azienda con 50 dipendenti e ne apre una di 3, il saldo positivo è di 47 persone senza lavoro.

Quale ricetta consiglia?
Una politica espansiva: accettare un po’ più inflazione ma favorire l’occupazione. La nostra è una crisi della domanda e non dell’offerta. In tutti i casi analizzati dal Fondo monetario internazionale, quando si diminuisce la spese pubblica e si aumentano le tasse, l’economia diventa recessiva. E il contesto del rigore strutturato per il 70 per cento da tasse e per il 30 per cento da tagli ai servizi è una torchiatura. Ho detto appositamente taglio ai servizi e non agli sprechi.

L’altro giorno, sempre nel ddl di stabilità è stata data la possibilità per le imprese non quotate di finanziarsi più facilmente attraverso l’emissione di mini bond. Tassazione e indebitamento. Non sarebbe meglio percorrere un’altra strada: detassazione e ricapitalizzazione?
Sappiamo bene che le pmi sono sottocapitalizzate e la proposta sui mini bond riguarda solo imprese di una certa dimensione: è una chance che verrà utilizzata da pochi, ma ripeto, per far ripartire l’economia bisogna dare una spinta ai consumi, solo così le imprese riprenderanno a generare ricchezza e ricapitalizzarsi.

Mi sta dicendo che il punto è il cuneo fiscale.
Sì, non c’è altra soluzione se non diminuire il cuneo fiscale e  lasciare i soldi in tasca ai soggetti che percepiscono un compenso sotto i 35 mila euro. Noi avevamo proposto assegni assegni familiari triplicati. Si favorisce la famiglia e si rimette in moto l’economia.

@giardser

Tags: bortolussibrunettacgiacgia mestreemendamentoirappiccole e micro impresePmitagli
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