
Bono e Geldof cantano fuori dal coro
«Stop America» dice Bennato, senza mezzi termini, nel suo ultimo singolo, e raccoglie il grido dei cantanti italiani che, il primo maggio, sono “scesi” in piazza San Giovanni per la festa dei lavoratori organizzata da Cgl, Cisl e Uil. Inutile raccontare tutti discorsi snocciolati qua e là tra una canzone e l’altra. Un esempio, Meg dei 99 Posse che grida: «Non ci sarà pace e giustizia finché ci saranno a governare persone come Bush e i suoi vassalli in doppiopetto come Blair e Berlusconi». Ma il peggio sono i testi delle canzoni, perché, in fondo, sono quelle che ascoltiamo, e che cantiamo. Piero Pelù («il mio sangue è rosso e il mio cuore batte a sinistra» ndr), avvia un Progetto Sierra Leone per costruire ospedali coi missionari del Murialdo e intanto scrive e canta (nell’album U.d.s. L’Uomo Della Strada – ndr) contro i signori della guerra, i potenti, gli uomini di Chiesa e l’intera classe politica italiana. Celentano questa volta non fa la voce fuori dal coro; sul sito scorrono le prime righe della sua ultima canzone: «Non sarà un bastone, né il fumo di un fucile a fare forte un uomo, a farlo meno vile». Pacifismo, dunque. Ma cosa sta veramente a cuore ai cantanti italiani? E sconfiniamo dall’Italia. Yusuf Yslam, al secolo Cat Stevens, convertito all’islam, è tornato per cantare il suo no alla guerra. In questo caso, forse, potevamo aspettarci che gli attacchi andassero ai soliti noti. Ma neanche le Dixie Chicks, gruppo di musica country, si sono risparmiate le critiche al loro conterraneo: «Ci vergognamo molto del fatto che Bush sia texano». Il Boss Springsteen è corso in loro aiuto: «Sono artiste americane che esprimono valori americani usando il loro diritto americano di libertà di espressione»: più giri di parole di così! Eppure segnali di vero realismo ci sono arrivati dal Pavarotti&friends: partecipando a questa edizione (i cui proventi sono andati alle popolazioni dell’Irak), Bono, leader degli U2, ha dichiarato alla stampa: «Berlusconi? È stato uno dei primi leader ad attivarsi per l’iniziativa “Cancella il debito”, anche per una buona cifra. E fra pochi giorni una grossa somma (15 miliardi di dollari) dovrebbe essere… mollata da Bush, per i Paesi africani in maggior difficoltà. Scusi, Bono, tutti bravi: ma lei non è di sinistra? Certo, vengo da una famiglia povera, operaia e di sinistra. Ma esistono problemi, come quello dei poveri nel mondo, che sono molto più alti della politica. E chi se ne occupa ha il dovere di volare a sua volta sopra i partiti e le ideologie» (Corriere, 27/05/03). Ed aggiunge: «L’Italia è uno dei Paesi che più si è adoperato per la cancellazione del debito pubblico dei paesi poveri. Voglio incontrare al più presto Silvio Berlusconi affinché il governo italiano aiuti l’Africa». Anche Bob Geldof, fondatore assieme a Bono di LivAid e Data, da Awassa, in Etiopia, ha dichiarato che il presidente Bush «è uno dei migliori amici dell’Africa nella lotta contro l’Aids e la fame», e ha bollato come patetico l’atteggiamento dell’Unione europea rispetto alla crisi umanitaria. Paradossi italiani: stranieri che parlano bene dei tanto vituperati connazionali. Lezioni di vita… e di stile.
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