Su Emilio Salgari (Verona 1862, Torino 1911) si è scritto molto, all’inizio soprattutto per raccontare la sua vita, triste e sfortunata nella fortuna, e dopo per esaltare quel suo stile fatto di ingenuità, realismo, informazione e passione avventurosa che profondeva in ogni parola dei suoi molteplici romanzi. Quegli eroi di carta capaci di accendere il cuore dei ragazzi ed anche di quegli adulti che hanno saputo restare bambini, sono stati capaci di viaggiare attraverso gli anni, senza invecchiare neanche un po’. Sandokan, il Corsaro Nero, il flemmatico Yanez, Wan Stiller, Tremal Naik, l’Olonese, i kriss malesi, i prahos al vento, i Thugs e tutti gli altri si sono impressi nell’immaginario collettivo, sapendo rivivere in altri medium. Cinema, fiction televisive e fumetti, forse il mezzo più vicino allo spirito salgariano.
Con questa affinità di spirito, Paolo Bacilieri scrive nel centenario della morte un’intensa e dolente biografia del grande autore d’avventura e di fantascienza. Sweet Salgari (ed. Coconino Press, 17,5€, 160 pagine) è un atto d’amore per un gigante della letteratura ma allo stesso tempo un amaro ritratto della condizione di un artista agli inizi del XX secolo. Le sfortune editoriali di Salgari sono piuttosto note, strozzato da una serie di editori a sfornare più di un romanzo all’anno, circondato dai fantasmi della follia che affliggevano la moglie, divorato dai debiti e da cattive abitudini quali alcool e tabacco, le sole abitudini, forse, capaci di sostenerlo.
Bacilieri rende omaggio al maestro in maniera intensa e personale, senza piegare il suo stile. Utilizza così citazioni salgariane mai banali, prese da romanzi meno noti ed usate con particolare efficacia, a partire da quella dei sunderbunds per descrivere la popolare zona torinese di Madonna del Pilone in cui viveva lo scrittore. Ma è sicuramente nella struttura della tavola che Bacilieri è capace di stupire, utilizzando un approccio convenzionale per poi destrutturarlo e smontarlo in mini-vignette, in cui far risaltare alcuni dettagli, soprattutto volti e particolari espressivi. E ancora, vignette a tutta tavola per illustrare lo scorrere del tempo dell’autore, e panoramiche descrittive rigorose del periodo storico, simile alla telecamera che si avvicina all’obbiettivo. Con questi segnali di stile Bacilieri imprime alla storia un sapore lieve e melanconico, rendendo Salgari un vero personaggio dei fumetti, seppur più che reale. Così non mancano espressioni buffe e simil-caricaturali negli occhi neri e nei baffoni fine ottocenteschi.
Nella sceneggiatura Bacilieri compie un lavoro egregio, intercalando parti nel presente con lo scorrere del tempo nel passato. Ma è sicuramente nel finale che sa rendere giustizia, con lacrime mai facili e con melanconica accettazione, a questo autore grande che ha saputo portare il Gange in riva al Po. E là, tra i padiglioni sfavillanti dell’Esposizione Internazionale in un’Italia incapace di rendere omaggio ad un Suo eroe, si svolge la più giusta e consapevole parata in omaggio ad uno degli ultimi sognatori.