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Il bilancio irrilevante della parentesi Giuliano Pisapia

Dal 2011 a oggi i suoi “arancioni” sono riusciti solo a prendersi i meriti di progetti altrui (gli stessi che spesso contestavano quando erano all’opposizione). Per il resto, boom di tasse, record di multe e tanta ideologia

Rodolfo Casadei
06/02/2016 - 3:00
Politica
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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – A sentire i candidati alle primarie del centrosinistra per l’elezione del sindaco di Milano, dopo cinque anni di cura Pisapia la città manzoniana è una specie di capitale scandinava che ha bisogno solo di qualche ritocco per assurgere all’empireo delle utopie del XXI secolo. Per Francesca Balzani, assessore al Bilancio nella giunta uscente, il futuro è «gratuità di tutti i mezzi pubblici di superficie»; per Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali, è una città a «emissioni zero» nella quale la semi-periferica via Soderini ospiterà una «Casa della Letteratura e del Sapere»; per l’ex commissario di Expo ed ex direttore generale del Comune ai tempi della giunta di centrodestra di Letizia Moratti, Giuseppe Sala, il futuro è la riapertura dei Navigli alla navigazione fluviale. La realtà è che dopo cinque anni di giunta arancione i milanesi si ritrovano con una citta più povera, più inquinata, più sporca, meno sicura e più tartassata.

Tartassata nel senso che buona parte della giornata del milanese è dedicata a schivare le tasse, gabelle e sanzioni con cui Pisapia svuota quotidianamente le sue tasche: addizionali applicate sempre con l’aliquota massima, ambulanti ed esercizi commerciali che utilizzano il suolo pubblico massacrati, ticket d’ingresso per l’auto in centro (la famosa “area C”) persino per i residenti, strisce blu per il parcheggio a pagamento anche nell’estrema periferia, record intergalattico di multe con l’autovelox. La voracità degli Arancioni è documentata in un grafico elaborato dal consigliere comunale di opposizione Matteo Forte (Polo dei milanesi): dai 631 milioni annui di euro di tasse comunali dell’era Moratti si è saliti ai 1.300 milioni attuali, cioè più del doppio.

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Le imposte sugli immobili attualmente valgono 716 milioni di euro contro i 311 precedenti; quelle sui rifiuti 306 milioni contro i 195 precedenti; quelle per l’occupazione di suolo pubblico 62 milioni contro i 29 precedenti. La Moratti non applicava l’addizionale Irpef, Pisapia sì, e porta a casa 180,5 milioni di euro. L’ingresso a Palazzo Marino del nuovo sindaco è stato festeggiato con l’aumento del biglietto dei mezzi pubblici, passato in un batter di ciglia da 1 a 1,5 euro, primo esempio in Italia di aumento del titolo di viaggio del 50 per cento in un colpo solo. Quindi il surreale capitolo delle contravvenzioni inflitte agli autoveicoli: a Milano viene staccata una multa ogni 9 secondi, e solo nei primi nove mesi del 2015 si sono accumulati verbali d’infrazione per la stratosferica cifra di 380 milioni di euro. L’ultimo dato disponibile relativo al numero delle contravvenzioni riguarda il 2014 e indica un totale di 3,4 milioni di multe, quasi tre a testa per ogni residente meneghino, neonati e ultranovantenni compresi. Di queste multe 2,4 milioni sono state comminate tramite telecamera, in un crescendo orwelliano che ha spostato dalle istituzioni alle strade gli imperativi di Michel Foucault: sorvegliare e punire. Le multe sono aumentate di un milione nel giro di un solo anno, da 2,4 a 3,4 milioni, perché sono state introdotte nuove telecamere. Assessore alla sicurezza e comandante dei vigili si sono difesi da critiche e ironie con lo spudorato argomento che disseminare il territorio di autovelox ha permesso di salvare numerose vite umane. Per poter dire questo hanno messo a raffronto il numero degli incidenti mortali del 2014 a Milano (33) non con quello degli anni immediatamente precedenti, ma con i 73 del 2008. Secondo il rapporto Aci-Istat sugli incidenti stradali a Milano, nel 2014 le vittime della strada sono state 42 contro le 32 dell’anno precedente.

La strage delle imprese
Pisapia-Balzani-Majorino hanno incassato di più della precedente amministrazione di centrodestra e hanno speso molto di più. Sono sempre i grafici di Matteo Forte a istruirci: la spesa comunale è passata da 2,2 a 3 miliardi di euro annui. Tutti soldi spesi bene? Non sempre. Per esempio si potrebbe discutere del patrocinio al Pride Week Lgbt del 2014, comprensivo di una lezione gratuita di “bondage, disciplina dominazione, sadismo e masochismo” presso la Casa dei Diritti. O del fatto che anche dopo i tagli che hanno fatto litigare l’assessore Balzani con tutti i suoi colleghi le spese per beni e servizi di rappresentanza del Comune di Milano sono rimaste ben superiori a quelle del Comune di Roma (125 mila euro contro 92 mila).

Sicuramente la spesa comunale non ha aiutato l’economia cittadina. Niccolò Mardegan, candidato sindaco della lista civica NoixMilano, spiega che «nel quinquennio dell’amministrazione Pisapia 9 mila imprese hanno abbandonato Milano, 20 mila attività commerciali hanno abbassato le serrande. Questo è anche conseguenza delle addizionali e degli aumenti di tasse come quelle per l’occupazione di suolo pubblico che hanno colpito gli ambulanti e certi esercizi commerciali. Con aumenti del 300 per cento che hanno voluto dire anche 2.000 euro in più di costi al mese, ci sono imprese che non hanno rinnovato contratti ai dipendenti o non li hanno potuti trasformare in contratti di lavoro dipendente. E nelle periferie l’amministrazione non ha fatto di meglio. Non ha costruito e assegnato nessun nuovo alloggio».

A Milano la questione delle case popolari è motivo di rossore sia per il Comune che per la Regione. In una città con 26 mila famiglie in lista d’attesa per l’assegnazione di un alloggio, 9.500 unità residenziali sono ufficialmente sfitte: 3.000 comunali e 6.500 di competenza dell’Aler, l’indebitatissima società regionale che le ha in gestione. Devono essere ristrutturate e assegnate, ma in buona parte sono occupate da abusivi. Nel 2014 le case occupate erano stimate a 3.500, adesso probabilmente sono qualche centinaio in più, gestite da racket criminali italiani e stranieri, e in alcuni casi dai centri sociali, utili idioti della criminalità quando si interpongono fra le forze dell’ordine e gli abusivi in occasione degli sgomberi. Nei cinque anni dell’amministrazione Pisapia la giunta non è riuscita nemmeno a regolarizzare la posizione del Leoncavallo, il centro sociale che da 40 anni occupa abusivamente stabili privati nella zona del Casoretto e che nel 2011 fece campagna per il candidato sindaco arancione. Figuriamoci tutto il resto.

Sì, l’amministrazione arancione in questi anni ha tagliato il nastro di alcuni progetti di housing sociale, cioè piccoli appartamenti dati in affitto a prezzo calmierato a singoli e coppie che si impegnano a svolgere determinate attività socio-assistenziali nel quartiere. Ma c’è un dettaglio: erano tutti progetti già avviati dalla giunta Moratti, quando era assessore all’urbanistica Carlo Masseroli.

Grazie Letizia
E qui si aggancia l’altra grande constatazione critica sull’operato della squadra Pisapia: quasi tutto quel che di buono ha fatto in cinque anni, quasi tutte le realizzazioni visibili e tangibili, altro non sono che l’esecuzione di progetti che il centrodestra aveva iniziato e avrebbe portato a compimento se la Moratti fosse stata rieletta. E alcuni dei quali erano stati osteggiati dalla sinistra quando era all’opposizione. Esemplare a questo riguardo la risposta che il sindaco ha dato nel dicembre scorso, al culmine della crisi delle polveri sottili nell’aria di Milano, a proposito delle misure strutturali messe in campo dalla sua amministrazione: «Area C, la diffusione del car sharing e del bike sharing anche con bici e auto elettriche, il potenziamento dei mezzi pubblici, una nuova linea del metrò e l’avvio dei lavori di un’altra, la quinta. Le Zone col limite di velocità a 30 chilometri orari e le aree pedonali. Il teleriscaldamento negli uffici pubblici e in oltre 100 mila case. Dal 2011, Milano ha 3 milioni di metri quadrati di verde in più e risparmia il 52 per cento di energia grazie alla sostituzione a Led dell’illuminazione pubblica». Tranne il car sharing e il limite di velocità ai 30 all’ora (la cui utilità per il contenimento dell’inquinamento atmosferico si stenta a comprendere, mentre si capisce che sarà fonte di nuove entrate da multe stradali), tutte le altre iniziative rappresentano l’esecuzione di programmi già iniziati o già approvati dalla giunta Moratti, o novità innestate sull’infrastruttura realizzata dal centrodestra.

È il caso dell’area C, inutilissima in termini di contenimento dell’inquinamento ambientale ma utile a far cassa coi ticket di accesso, la cui operatività è stata resa possibile dall’infrastruttura di telecamere, rilevatori e segnaletica stradale realizzata dalla giunta precedente ai tempi dell’Ecopass. Le linee 4 e 5 della metropolitana milanese sono state decise e messe a bilancio dalle giunte Albertini e Moratti, il teleriscaldamento dalla Moratti, e la maggior parte dei 3 milioni di metri quadrati di verde che Pisapia vanta provengono dalle trasformazioni urbanistiche che hanno dato vita a City Life nell’area del Portello e al Progetto Porta Nuova in zona Garibaldi-Melchiorre Gioia, due progetti ferocemente osteggiati dalla sinistra quando era all’opposizione. Anche il recupero della darsena dei Navigli è un’eredità delle giunte Albertini e Moratti.

La giunta arancione non è stata capace di pensare nessun nuovo progetto. Ha eseguito quelli pensati e avviati da altri e si è presa il merito. L’unica cosa che voleva fare di suo, la riqualificazione degli 1,2 milioni di metri quadrati di ex scali ferroviari della città (principalmente Porta Romana e lo scalo Farini, più binari inutilizzati di Porta Genova, San Cristoforo, Lambrate, Rogoredo e Breda), l’ha clamorosamente toppata, non riuscendo a far passare in Consiglio la delibera di ratifica del nuovo accordo di programma con Regione Lombardia e Ferrovie dello Stato che avrebbe avviato la riqualificazione. La quale sarebbe partita cinque anni fa, se nel 2011 Pisapia non avesse vinto le elezioni. La nuova giunta bocciò il Piano di governo del territorio che quella precedente aveva appena varato, e che avrebbe reso possibile non solo la riqualificazione degli ex scali, ma coi proventi dell’operazione anche il finanziamento di una metropolitana di superficie che, sfruttando i binari già presenti, sarebbe diventata una Circle Line con le stesse funzioni di quelle esistenti a Madrid, Londra e Berlino.

Tempo e risorse buttati
Incapace di votare una delibera strategica come quella che avrebbe dato il via alla riqualificazione di una fetta enorme di città, la maggioranza consiliare dell’amministrazione Pisapia ha perso tempo e sprecato risorse per progetti di alto contenuto ideologico e di nessuna utilità: il registro delle unioni civili, al quale oggi risulta iscritto lo 0,069 per cento dei residenti, e il registro del testamento biologico, al quale risulta iscritto lo 0,051 per cento dei residenti. Tempo sprecato che si sarebbe potuto spendere per dare un contributo ai problemi della sicurezza a Milano, se è vero come afferma Corrado Passera, candidato sindaco dell’omonima lista, che in città «il numero dei processi penali è aumentato del 7 per cento dal 2011 al 2014, le truffe del 68 per cento, le rapine dell’8,8 per cento, le estorsioni del 51,8 per cento, i furti del 2,2 per cento».

Commenta Luca Del Gobbo, Ncd, neo-assessore regionale all’Università e alla ricerca e promotore di una “manifesto anti-Pisapia”: «Milano in questi ultimi cinque anni non è stata governata da una coalizione, ma da una semplice aggregazione elettorale vincente però non in grado di governare a causa dei dissensi interni. Ha vissuto nell’ordinaria amministrazione, realizzando quello che altri avevano cominciato».

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

Tags: Francesca Balzanigiuliano pisapiagiuseppe salaMilanopierfrancesco majorinoprimarie
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