Bartolomeo I condanna la Russia e la sua guerra di religione

Di Stefano Caprio
16 Dicembre 2022
Il patriarca ecumenico di Costantinopoli in un raro intervento denuncia il "panslavismo" russo e l'aura religiosa che Mosca, con l'appoggio del Patriarcato, ha conferito alla guerra contro Kiev
Il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I ha condannato la Russia
Il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I ha condannato la Russia

Il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I (Archontonis), è intervenuto il 9 dicembre scorso ad Abu Dhabi, durante la 15ma edizione della World Policy Conference, organizzata dall’Institut français des relationes internationales (Ifri), che ha visto la partecipazione di molte alte personalità della politica, del mondo diplomatico e della cultura. Per l’occasione il “primus inter pares” dell’Ortodossia mondiale ha proposto un’interpretazione delle relazioni con la Chiesa patriarcale di Mosca, che segnano con profonde motivazioni religiose il conflitto in atto in Ucraina, come riportato da AsiaNews il 14 dicembre.

La condanna dell’invasione dell’Ucraina

Bartolomeo aveva condannato l’invasione russa subito dopo il suo inizio, lo scorso 24 febbraio, rivolgendosi al capo della Chiesa autocefala di Kiev, il metropolita Epifanij (Dumenko), che egli stesso aveva riconosciuto ufficialmente con il tomos di autocefalia il 6 gennaio del 2018. Confessando il suo sgomento per l’aggressione delle forze armate moscovite, il patriarca aveva poi emesso un comunicato dalla sua sede del Fanar di Istanbul, esprimendo il suo «profondo dolore per questo atto di palese violazione di qualsiasi legittimità internazionale» e il suo sostegno al popolo ucraino, «che sta lottando per l’integrità della propria patria».

Proprio la scelta di benedire l’autonomia della Chiesa ucraina aveva suscitato le ire di Mosca, costituendo una delle principali motivazioni ideali del conflitto. Bartolomeo aveva ricevuto la visita del patriarca russo Kirill (Gundjaev) ad agosto del 2017, e il colloquio non aveva sortito l’effetto sperato di una riconciliazione in merito alla questione ucraina, che si trascinava da molto tempo. Non a caso, nell’ultimo intervento il patriarca di Costantinopoli ha fatto riferimento all’ideologia medievale della “Terza Roma”, da cui ebbe origine il conflitto tra le due anime dell’Ortodossia, quella “ecumenica” e quella “militante”.

La “seconda” e la “terza Roma”

Fu proprio un predecessore di Bartolomeo, il patriarca Ieremias II di Costantinopoli, che nel 1589 fu costretto a concedere l’istituzione a Mosca di un nuovo patriarcato, dopo essere stato tenuto agli “arresti domiciliari” nel fasto dei palazzi del Cremlino per diversi mesi dall’allora reggente del regno di Mosca, Boris Godunov, in seguito nominato zar anche grazie a quell’iniziativa di “imperialismo ecclesiastico”. Nel documento fatto firmare a Ieremias si proclamava appunto la missione di Mosca in quanto “terza Roma” e unico regno ortodosso non sottomesso alla dominazione degli “agareni”, i musulmani dell’Impero ottomano che avevano conquistato la “seconda Roma” di Costantinopoli oltre un secolo prima.

Si trattava in quel caso di uno strappo evidente alle regole antiche dell’Ortodossia universale, che riservava il titolo di “patriarca” ai capi delle Chiese apostoliche originarie come Gerusalemme, Antiochia e Alessandria d’Egitto, che insieme alla prima Roma di san Pietro, e alla seconda Roma sul Bosforo, evangelizzata dal fratello sant’Andrea, costituivano la “pentarchia” ortodossa.

Le divisioni dell’Ortodossia

Non era mai stata attribuita una dignità “universale” a una Chiesa etnica e la svolta di Mosca ha poi aperto la strada alla suddivisione dei patriarcati nazionali autocefali, realizzati nell’Ottocento con la disgregazione dell’Impero ottomano. Lo stesso Ieremias, liberato da Godunov, sulla strada del ritorno in patria si fermò presso i russi del regno di Polonia, per incitarli a costituire a propria volta un patriarcato di Kiev, in modo da bilanciare le pretese moscovite, riportando l’ordine storico della prima “Chiesa-madre” sempre rimasta sotto il controllo di Costantinopoli, dopo il Battesimo del principe Vladimir di Kiev nel 988.

Il regno di Polonia-Lituania era però rivolto a Occidente e al papa di Roma, e grazie soprattutto all’influenza dei gesuiti, da poco costituiti e rappresentati da uno dei suoi più autorevoli esponenti, il polacco padre Petr Skarga, invece di un nuovo patriarcato fu decisa l’Unione con Roma, sancita nel concilio di Brest-Litovsk del 1596, come vera risposta a Mosca in un’altra “faccia della medaglia”: non la terza Roma, ma il ritorno alla prima. Questo evento può essere considerato come il vero atto di fondazione di quella che in seguito sarebbe stata chiamata Ucraina, nome che indica le “terre di confine” dei cosacchi e dei russi che non volevano più stare sotto il re di Polonia, illudendosi di trovare maggiore libertà sotto lo zar di Mosca.

La guerra di religione della Russia

Il conflitto tra l’anima orientale e quella occidentale dei popoli discendenti dall’antica Rus’ va avanti fin da allora, sia a livello ideale e teologico, sia sul campo militare. Russia e Polonia si sono combattute per secoli, prima che la zarina Caterina II, alla fine del Settecento, riuscisse a ingoiare la Polonia stessa, spartendola con Austria e Prussia. Bartolomeo ha rievocato questa storia facendo anche riferimento alle ideologie ottocentesche, nominando il “panslavismo” che pretendeva non solo la piena riunione di russi e ucraini, ma anche la riaggregazione di tutti i popoli slavi per conquistare la Turchia e Costantinopoli, e giungere fino a Gerusalemme, per chiudere idealmente il cerchio della “fede che salva l’umanità intera”. Questa fu la motivazione con cui la Russia dello zar Nicola I, a metà del XIX secolo, si lanciò nella guerra di Crimea, proprio dove oggi si rinnovano le tragedie belliche, venendo sconfitta e umiliata dalla coalizione di tutti gli altri Stati europei, compreso il regno di Savoia, che grazie alla sua partecipazione ottenne l’approvazione per realizzare l’unità d’Italia.

La guerra russa è una guerra di religione, e d’interpretazione della storia stessa del cristianesimo, come ribadisce il patriarca Bartolomeo, che in estate aveva addirittura denunciato di essere stato messo da Putin sulla lista dei «personaggi da far fuori», perché la guerra fin dall’inizio non si limitava all’obiettivo dell’Ucraina, ma intendeva espandersi a tutto l’Occidente corrotto. E la corruzione più grave, per i russi, è proprio quella relativa alla gestione del cristianesimo ortodosso, garanzia delle aspirazioni universali di Mosca, a cui si contrappone quello che spesso i russi chiamano sprezzantemente il «patriarca turco», considerato una marionetta nelle mani degli europei e degli americani, e anche del Vaticano, che vuole imporsi sugli ortodossi.

Per questa ragione i russi interruppero la loro partecipazione agli organismi del dialogo ecumenico ancora nella prima decade degli anni Duemila, quando si proponeva di discutere della questione del primato nella Chiesa. Mosca interpretò questo dibattito come un tentativo surrettizio di estendere il “papismo” a Oriente, e la rottura con Costantinopoli si delineò in modo esplicito a giugno del 2016, con il rifiuto moscovita di partecipare al “Grande e Santo Concilio” di Creta, che avrebbe dovuto essere la prima assise pan-ortodossa della storia, dopo lo scisma con Roma del 1054.

Una data comune per la Pasqua

Pochi mesi prima, a febbraio del 2016, il patriarca Kirill aveva incontrato all’Avana papa Francesco, sorprendendo il mondo intero e proponendosi come il vero rappresentante universale dell’Ortodossia. Il rifiuto di recarsi a Creta, dove si sarebbe dovuto discutere anche dell’autocefalia ucraina, ha fatto scivolare gli eventi fino alla totale rottura delle relazioni con Bartolomeo, e mettendo in grave disagio lo stesso pontefice romano, che pur facendo di tutto per mantenere aperto un canale di dialogo con Mosca, non ha potuto non condannare oggi l’invasione dell’Ucraina, e l’infinita tragedia che continua a martoriare il suo popolo.

Pochi giorni prima dell’incontro di Abu Dhabi, incontrando un folto gruppo di sacerdoti e giornalisti in pellegrinaggio presso il Fanar, Bartolomeo aveva dichiarato il suo desiderio di «fissare una data comune per celebrare la Pasqua, in comunione tra cattolici e ortodossi». La questione è altamente simbolica, in quanto sulla data della Pasqua i cristiani si dividono fin dai primissimi secoli, e anche in Ucraina si propone di unificare il calendario per indicare proprio l’unità spirituale del popolo, e delle sue anime cattoliche e ortodosse. Mosca potrebbe rimanere così l’unica Chiesa al mondo separata anche sulle date delle celebrazioni, compresa quella del Natale (il 25 dicembre, secondo il calendario giuliano, cade il 7 gennaio).

I simboli contano molto in questo confronto secolare, e la Pasqua è la celebrazione del mistero della Risurrezione dopo la morte di Cristo in croce, fondamento della fede cristiana. Si attende oggi la risurrezione dei popoli e delle terre di Oriente e Occidente dopo lo sterminio della guerra, sperando nella conversione della Russia, come un secolo fa profetizzava la Madonna di Fatima: questa volta non più dall’ateismo militante, ma dall’ortodossia militante e sacrilega, ritrovando la vera fede dell’antico Battesimo di Kiev.

Foto Ansa

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.