Bankitalia, Tesoro e l’affaire Cirio bond

Di Bottarelli Mauro
23 Ottobre 2003
Trentamila risparmiatori truffati, un miliardo di euro di esposizione, due inchieste parallele. E sullo sfondo del crac la guerra tra palazzo Koch e Tremonti

La vita, spesso, è una questione di tempistica. Un secondo di ritardo, la porta della metropolitana che ti si chiude davanti agli occhi e tutto può cambiare. Figuriamoci, poi, se questa draconiana visione del divenire viene applicata a un campo tanto aleatorio quanto incline alla speculazione come la finanza. Nulla di ipotetico, purtroppo. Quella che vi stiamo per raccontare è la storia di un ritardo – starà a voi decidere se colpevole o meno – che ha significato la rovina per circa 30mila risparmiatori e un’esposizione degli stessi per qualcosa come 1,1 miliardi di euro. Ma soprattutto la storia di un duello all’arma bianca tra un ministro, quello delle Finanze Giulio Tremonti, e un governatore, quello di Bankitalia Antonio Fazio, che rischia di esondare gli argini della questione di merito e travalicare nello scontro tra poteri forti. Motivo del contendere, i famigerati bond Cirio.

Un anno di silenzio
Partiamo dall’inizio e ricapitoliamo per sommi capi la vicenda, visto che in onore del nostro presupposto iniziale la tempistica può essere risolutiva. Lo scandalo dei bond-truffa esplode nel novembre del 2002, esattamente il 6 del mese, termine di scadenza delle cedole per i risparmiatori: cedole non pagate perché all’appello mancavano qualcosa come 180 milioni di euro. Un paio di mesi di scoramento e richieste di chiarimenti e nel gennaio 2003 parte la prima denuncia degli obbligazionisti alla Guardia di Finanza di Seregno, prontamente trasmessa al giudice Mapelli della Procura di Monza: il quale, caso più unico che raro in Italia, comincia ad indagare e lo fa senza guardare in faccia a nessuno. Contemporaneamente i risparmiatori cominciano a bersagliare di esposti la Banca d’Italia, formalmente chiamata a vigilare sull’operato delle banche italiane, le stesse che – pur sapendo della potenziale pericolosità economica dei bond di Sergio Cragnotti – hanno scientemente deciso di continuare a consigliarli e venderli ai loro clienti. La risposta di via Nazionale tarda ad arrivare e, quando arriva, è quanto mai evasiva: per il grande capo di palazzo Koch, infatti, la questione non era di loro competenza. Di più: l’istituto non è comunque tenuto a dare risposte a privati cittadini. Sarà la disperazione, sarà la voglia di giustizia, i neonati comitati di obbligazionisti non si perdono d’animo e cominciano a scrivere al ministro Tremonti. Il quale, nel febbraio 2003, prende in mano la situazione e comincia a studiare la questione Cirio. Resosi conto della gravità del caso, il ministro delle Finanze scrive una prima lettera di richiesta di chiarimenti ad Antonio Fazio il 3 aprile del 2003. Non ricevendo risposta, una seconda missiva parte in data 24 aprile 2003. Finalmente, con data 15 maggio, Bankitalia decide di rispondere al Ministero: come ovvio, nessun chiarimento né ammissione, solo la presa d’atto di una vicenda e la conferma dell’impegno di palazzo Koch «nello svolgimento dei compiti di controllo». Ma è proprio vero? Fazio, depotenziato dell’arrivo dell’euro e dallo strapotere della Bce in fatto di politica monetaria, ha veramente vigilato sull’operato delle banche, suo compito principale? Vediamolo.

E’ la finanza, bellezza!
Fino a poche settimane prima dell’insolvenza delle obbligazioni Cirio del novembre 2002, una decina di banche ha continuato a vendere all’ignara clientela i bond della società di Sergio Cragnotti (da pochi giorni indagato per bancarotta fraudolenta insieme ai due figli Massimo ed Elisabetta), trasferendoli dal proprio portafoglio a quello dei risparmiatori, quasi sempre senza presentare alcun prospetto informativo. Qualcuno è riuscito persino a far pagare commissioni sulla vendita di questi bond che non sarebbero mai dovuti finire nelle tasche degli investitori privati. Inoltre, i rendimenti offerti erano troppo bassi per un titolo ad altissimo rischio e senza rating e quindi il prezzo di vendita era troppo elevato. Attenzione alle date e ai nomi, sempre in ossequio alla tempistica, come ricostruite dal settimanale Economy. Cariparma & Piacenza (gruppo Intesa) ha piazzato i famigerati Cirio-bond almeno fino all’8 marzo 2002, Cassa di Risparmio di Venezia (gruppo Sanpaolo Imi) fino al 20 marzo, Rolo Banca (gruppo Unicredit) almeno fino al 16 maggio, Banco di Sicilia (gruppo Capitalia) fino al 9 luglio, Intesa Bci fino al 9 agosto e Banca di Roma (gruppo Capitalia) fino al 29 agosto 2002. Già in autunno le voci di Piazza Affari dicevano che Sergio Cragnotti non avrebbe mai rimborsato il primo prestito obbligazionario: 150 milioni di euro in scadenza il 3 novembre 2002, con cedola al 7,5%. Quasi certamente questo le banche, ferratissime sulla disastrosa situazione finanziaria di mister Cirio, lo sapevano da prima. E, puntualmente, l’8 novembre, il trustee di Londra, cioè il rappresentante degli obbligazionisti, ha dichiarato il default di quel bond. Una decina di giorni dopo, il crac si è esteso a tutte le altre emissioni del gruppo, con i risparmiatori sull’orlo di una crisi di nervi.

Poteva non sapere?
Ma davvero le aziende di credito e Bankitalia – loro controllore – non ne sapevano niente? Davvero non avevano letto lo sconfortante bilancio 2001 della Cirio Finanziaria Spa, presentato il 30 aprile 2002? Qui stava scritto nero su bianco che la società aveva debiti complessivi per un totale di oltre 1.578 miliardi di vecchie lire a fronte di un patrimonio netto di 712 miliardi. E, sempre dal bilancio 2001, emergeva che i debiti diretti del gruppo romano verso alcuni istituti di credito nel giro di un anno erano vistosamente calati trasformandosi in obbligazioni, per un totale di 338,8 miliardi di lire. Ma gli sportelli hanno continuato a vendere bond Cirio ai loro clienti senza batter ciglio. Ma questo non è solo un problema del risparmiatore truffato. In alcuni casi, infatti, anche le agenzie che hanno piazzato i Cirio-bond non sapevano cosa stessero vendendo. Perché questo? Semplice, anche se sconvolgente. La holding alimentare negli ultimi tre anni ha infatti emesso sette obbligazioni per 1.125 milioni di euro. Tutte – tranne una, la Cirio Finanziaria Spa – sono di diritto estero, domiciliate in Olanda e Lussemburgo. L’escamotage serviva a Cragnotti per emettere prestiti d’importo superiore al capitale sociale. Sulla piazza italiana quest’operazione non avrebbe potuto farla ma, si sa, fatta la legge trovato l’inganno. E ai risparmiatori? Meglio non far sapere troppo. Soprattutto in provincia. Qui i colpi sono stati ancora più duri: pensate, il 14 maggio 2002 la Banca Popolare Santa Venera di Acireale (Catania) ha piazzato a un suo correntista 244.215 euro di bond Cirio al prezzo di 101,75 centesimi. Non è dato sapere che cosa avesse chiesto il cliente siciliano. Come il suo conterraneo al quale il Banco di Sicilia (Capitalia) ha appioppato 15.247 euro di bond a 101,65. Quando? Il 9 luglio 2002. Davvero Fazio non sapeva nulla, non si è accorto di nulla? Una cosa è certa: cioè che Bankitalia, se fosse intervenuta in tempo, avrebbe potuto bloccare l’emissione di bond e salvare migliaia di ignari obbligazionisti: non finanzieri d’assalto, ma gente normale che sperava di fare qualche quattrino con i risparmi di una vita. Invece così non è stato e, attraverso una metamorfosi degna di Kafka, il debito delle banche si è trasformato in debito dei risparmiatori. Di più: da tutta questa vicenda Cirio non ha guadagnato nulla, i soldi si sono come volatilizzati: quello che tutti delineano come un tracollo aziendale, infatti, altro non è se non un tracollo finanziario dai profili oscuri. Ma, come anticipato, la scontro Fazio-Tremonti sulle eventuali responsabilità di Bankitalia investe in pieno il campo politico: terreno di gioco dove, da tempo, è attiva una lobby “Fazista” molto forte e trasversale. Una sorta di scudo per Bankitalia – sostiene sempre l’inserto economico di Panorama – eretto da Alleanza nazionale per volontà diretta del vicepremier Gianfranco Fini che ha affidato la pratica al ministro dell’Agricoltura, Gianni Alemanno. An infatti vuole blindare Bankitalia dagli attacchi politici e difendere il governatore Antonio Fazio, dall’inizio dell’estate messo sotto accusa dal ministro Giulio Tremonti, proprio per la presunta omessa vigilanza nella vicenda dei bond Cirio e ora bersagliato dagli strali di Umberto Bossi che vede in lui l’artefice di un ribaltone per giungere a un governo tecnico post Berlusconi.

Allarmi, siam Fazisti!
E se le inchieste giudiziarie dovessero accertare responsabilità a carico delle banche, Tremonti o qualche altro esponente del partito trasversale degli “anti Fazisti”, capitanato dalla Lega Nord e velenosamente coadiuvato dall’ex presidente Francesco Cossiga, potrebbe tornare all’attacco. Anche perché qualche nuovo elemento potrebbe emergere dalle indagini romane, dove gli inquirenti stanno cercando risposte a due domande. La Centrale rischi di via Nazionale aveva registrato l’anomalia dell’eccessivo indebitamento della Cirio? E se lo ha fatto perché le banche hanno continuato a collocare i bond fino a poco prima del default? Gli inquirenti negano coinvolgimenti, ma il sistema bancario trema. Meglio trovare un accordo che chiuda il contenzioso, magari quello delineato dal capogruppo dell’Udc alla Camera, Luca Volontè, secondo il quale l’unico responsabile dell’accaduto è e rimane Sergio Cragnotti. I centristi, dunque, difendono le banche – formalmente a patto che vadano incontro ai risparmiatori – e blindano l’inquilino di Palazzo Koch dagli attacchi dell’asse Bossi-Tremonti, già protagonisti dell’offensiva sulle fondazioni bancarie. Silenzio, invece, nella Margherita, che vanta ottimi rapporti con due degli istituti coinvolti (Intesa e Unicredit) e che aveva pensato a un emendamento in Finanziaria che prevedesse sgravi fiscali per favorire il riacquisto dei bond da parte delle banche. Ultima anomalia: la scorsa settimana Antonio Fazio non si è presentato al “Comitato per il credito e il risparmio” convocato proprio da Tremonti che intendeva sentirlo per ottenere spiegazioni in merito al caso Cirio. Motivo dell’assenza del governatore? «Convocazione illegittima», la giustificazione ufficiale addotta da Bankitalia. Era il giorno della consegna del tapiro di “Striscia la notizia”: ecco spiegato, forse, tanto nervosismo. La sfida all’Ok Corrall tra gli inquilini di via Nazionale e via XX Settembre, comunque, è solo rimandata.

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