
L’Austria può davvero vincere gli Europei?

La risposta che aveva ottenuto era parecchio diversa da quella che si aspettava. Solo che la situazione si era fatta così complessa che non c’era tempo per soffermarsi sulle sfumature. Nella primavera del 2022 l’Austria si era ritrovata impantanata in acque limacciose. Non si era qualificata per la Coppa del Mondo in Qatar, terminando addirittura quarta del Gruppo F, dietro a Danimarca, Scozia e Israele, e non era riuscita ad aggrapparsi neanche alla ciambella di salvataggio lanciata dalla Nations League. Nei playoff aveva perso 2-1 contro il Galles. Così si era dovuta rassegnare a restare a casa. Serviva aria fresca. Ma, soprattutto, serviva un’idea nuova, qualcosa di buono per sovrascrivere il calcio poco propositivo dell’ex ct Franco Foda.
Il disastro di Rangnick con il Manchester United
Peter Schöttel, il ds dell’Austria, aveva avuto un’intuizione. Mentre imboccava l’autostrada aveva telefonato a Ralf Rangnick, uno che stava vivendo un momento altrettanto difficile. Il Manchester United lo aveva assunto come allenatore ad interim al posto di una leggenda come Ole Gunnar Solskjaer. Solo che le cose non erano migliorate. Per nulla. La qualificazione in Champions era svanita già ad aprile. Nelle ultime dieci partite i Red Devils avevano vinto solo due volte e perso con risultati umilianti contro Liverpool e Brighton. Cristiano Ronaldo si era lamentato più volte del pressing asfissiante richiesto dal suo tecnico. Fino a quando non era sbottato pubblicamente pronunciando sentenze come «Rangnick non è nemmeno un allenatore» e «dentro di me non l’ho mai visto come il capo».
Il tecnico tedesco era diventato «quasi uno zimbello», aveva sentenziato Simon Stone, capo cronista della BBC Sport. Un dettaglio che non sembrava importare a Schöttel, che in vivavoce aveva offerto a Rangnick la panchina dell’Austria. L’uomo di Backnang era rimasto in silenzio per qualche secondo e poi aveva risposto: «Oddio, non c’è nessun altro che potrebbe farlo?». I due si erano lasciati promettendosi di risentirsi presto. Schöttel voleva lasciare che quell’idea si sedimentasse nella testa di Rangnick. Ralf desiderava soppesare i rischi di un a nuova debacle. «È stata una prima conversazione molto buona, anche se lui era molto stressato», ha poi raccontato il ds.
Il “padre del Gegenpressing” all’Austria
Nel 2022 Rangnick è una delle figure più stereotipate del calcio europeo. Viene dipinto come un tiranno, uno così geloso della propria visione del calcio da trasformarla in dogma, uno pronto a sacrificare qualsiasi calciatore non sia disposto a sposare le sue idee. Il suo ruolo di demiurgo del progetto calcistico targato Red Bull lo ha reso qualcosa di molto vicino allo scienziato pazzo, uno capace di incapsulare il talento nei confini angusti di un dato. In verità per capire davvero Ralf Rangnick bisogna partire da un nomignolo. In Germania lo chiamano «Il padre del Gegenpressing». È un concetto particolarmente importante. Banalizzando molto, si può dire che il “Contropressing” consiste nel tentativo di recuperare il pallone appena perso già all’interno della metà campo avversaria. In questo modo si può trasformare un proprio errore in un vantaggio, soffiando nuovamente la palla agli avversari in una zona di campo più vicina alla porta avversaria.
«Il Gegenpressing ti consente di riconquistare la palla più vicino alla porta – ha spiegato Jurgen Klopp – Manca solo un passaggio per una buona occasione. Nessun regista al mondo può essere buono come una buona situazione di gegenpressing, ed è per questo che è così importante». L’idea ha preso forma nella testa di Ralf in una serata del 1984. All’epoca è allenatore-giocatore del Viktoria Backnang, il piccolo club che porterà dalla sesta alla quarta divisione tedesca. La sua squadra affrontava la Dynamo Kiev di Lobanovsky, e viene sconfitta nettamente. Ma c’è una conseguenza inaspettata: «Mi sono sentito costantemente sotto pressione per tutti i novanta minuti – dice Rangnick a fine partita – È stata la prima volta che ho percepito: questo è un calcio di tipo molto diverso».
I risultati sono arrivati subito
Su questa idea Rangnick innesta il secondo pilastro del suo calcio: la tensione verticale. Ogni transizione offensiva deve essere completata con il minor numero possibile di passaggi. «Odio i passaggi in orizzontale e quelli all’indietro», afferma il tecnico durante una sua lezione. Il suo metodo si basa tutto sul timing. I suoi giocatori devono essere preparati a riconoscere ciò che succede in campo e farlo anche con qualche frazione di secondo di anticipo, in modo da preparare una pronta risposta. «Ci sono cinque situazioni che determinano il risultato di una partita», spiega Rangnick, «cosa succede quando abbiamo noi il pallone, cosa facciamo quando il pallone è dell’avversario, cosa succede nel momento in cui noi perdiamo la palla, cosa succede nel momento esatto in cui gli avversari perdono il pallone e, infine, i calci piazzati. Perché il 30 per cento dei gol arriva da calcio da fermo».
Con l’Austria Rangnick ha dimostrato ancora una volta che le sue idee sono qualcosa di diverso dall’ideologia. I risultati sono arrivati subito. Il suo esordio in panchina è coinciso con una vittoria per 3-0 sulla Croazia in Nations League. Poco dopo è arrivato anche un pareggio con la Francia. A fine partita il capitano, David Alaba, ha detto alla stampa: «Forse eravamo stufi di giocare un certo tipo di calcio, come abbiamo sempre fatto negli anni precedenti». Dopo aver battuto l’Italia in amichevole, la Nazionale austriaca ha affrontato l’Azerbaigian nella gara inaugurale delle qualificazioni.
Come gioca l’Austria di Rangnick
Prima della partita Rangnick ha riunito giocatori e staff in albergo e ha dato a ognuno di loro un moschettone (riferimento alle montagne austriache) con sopra inciso il proprio nome. L’idea era di tenerlo sempre vicino, in modo da ricordarsi il percorso comune da intraprendere in vista di Euro 2024. Alla fine l’Austria si è qualificata agli Europei come seconda nel Gruppo F, con appena un punto in meno del Belgio. Da lì è stato un crescendo. Prima i successi in amichevole contro Germania (2-0) e Turchia (6-1), poi un girone dell’Europeo concluso con 6 punti e un successo sull’Olanda.
Ora il Das Team non è più una cenerentola. E viste le condizioni non esattamente invidiabili delle grandi Nazionali, secondo qualcuno potrebbe addirittura tentare quell’exploit che riuscì alla Danimarca nel 1992 e alla Grecia nel 2004. Ne è convinto anche Hans Krankl, ex attaccante totemico della Nazionale, uno che aveva definito Rangnick «arrogante» e «convinto di aver inventato il calcio». Nei giorni scorsi è arrivata la marcia indietro. «L’Austria non deve nascondersi da nessuno – ha detto – Per me è attualmente una delle due squadre migliori dell’Europeo insieme alla Spagna». E l’aver fatto ricredere uno come Krankl, forse è il vero grande miracolo di Rangnick.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!