Aspettando il 23 dicembre con quel suo minuto di sole in più
Milano, 15 novembre. Ha piovuto rabbiosamente tutto il giorno, e alle quattro sembrava già notte. Pareva che un interminabile diluvio si fosse attendato sulla città; e l’acqua, come scrosciava sul balcone, annegando le rose scheletrite. Ho acceso le luci in sala, ma non bastava. Mi generava una strana inquietudine quella penombra invasiva; qualcosa di primitivo forse, quasi una indicibile ansia che non tornasse più, il sole.
Allora ho digitato sul pc: levata e tramonto del Sole a Milano. Il 15 novembre il tramonto era previsto alle 16 e 54, e, il giorno dopo, l’alba alle 7 e 21. Ogni giorno, all’alba e al tramonto un minuto di meno di sole: siamo nella discesa che inclina verso il solstizio d’inverno, ogni anno uguale. Questa stagione mi ha sempre fatto pensare all’avvilupparsi sulla città di una grande coperta scura, che ogni giorno si allunga, e si allarga; e se poi piove, il cielo si fa solo un’aura grigia.
Ma poi istintivamente in questo sabato buio sono andata a vedere le effemeridi dei giorni di Natale. Il 21 dicembre il Sole a Milano sorge alle 7 e 59 e tramonta alle 16 e 42. Il giorno dopo, uguale. Ma il 23 dicembre tramonta alle 16 e 43: un minuto più tardi, uno solo, ma già l’inizio della corsa che porta alle interminabili radiose giornate di giugno.
Allora nell’ombra del precoce imbrunire mi sono ripromessa di aspettare le 16 e 43 del 23 dicembre. Quando dal fondo della notte si leverà il principio della rinascita; e in quelle ore, proprio in quelle, starà deposto il Natale, luce fedele, germoglio lucente nel buio.
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