Amato spiega i no della Consulta e detta la linea al Parlamento
L’operazione trasparenza della Corte Costituzionale, iniziata già sotto la presidenza di Marta Cartabia, che volle avvicinare la Consulta ai cittadini anche con la prassi dei comunicati stampa sulle sentenze divulgati prima della pubblicazione delle motivazioni, ha raggiunto nuove e inesplorate vette con la conferenza stampa di ieri, durante la quale il neo presidente Giuliano Amato ha voluto spiegare le decisioni della Corte sui referendum, cosa mai avvenuta prima.
Così la Corte detta la linea interpretativa
«Parlare e spiegare è un dovere della Corte», ha detto, esprimendo il dispiacere di tutti i giudici che dopo il no al referendum sull’omicidio del consenziente si sono visti dare degli insensibili alle sofferenze dei malati, e suggerendo più volte a chi ha proposto i referendum bocciati di scrivere meglio i quesiti la prossima volta. Un’ora di spiegazioni dal sapore dell’excusatio non petita, quasi un mettere le mani avanti per sottolineare, a chi critica il no al voto popolare su cannabis ed eutanasia, che la colpa non è della Consulta, la quale avrebbe approvato più che volentieri proposte scritte come si deve, ma della politica che non legifera su temi su cui dovrebbe legiferare.
Viviamo nell’epoca in cui la tecnica e gli esperti hanno allargato il loro campo di azione a dismisura e, ricordandoci quanto siamo ignoranti, spingono per aumentare il loro potere. Con le sue parole ieri Amato ha certificato anche questo, sia nei confronti della politica sia verso i giornalisti. «Uno che si trova a dovere formare l’opinione dei lettori su dei fatti, se non conosce bene quei fatti non li spiegherà bene», ha detto.
Perché dunque aspettare le motivazioni della sentenza, se ormai la prassi seminuova dei comunicati e quella nuovissima delle conferenze stampa le hanno rese un orpello che nessuno leggerà? Non che prima venissero analizzate a fondo, ma così facendo la Corte va paradossalmente oltre la decisione dei giudici, e con la scusa di volersi fare capire dà una linea interpretativa, “dice la sua”.
Il rapporto della Consulta con la politica
Rispondendo alle domande a volte ingenue dei giornalisti con la pazienza di un professore che spiega alle matricole di Giurisprudenza come funzionano le cose, il presidente Amato ha detto esplicitamente di essere favorevole a una legge sull’eutanasia (spiegando che l’omicidio del consenziente è un’altra cosa) e aperto alla legalizzazione della cannabis, ripetendo più volte che è il Parlamento a dovere intervenire.
Ha poi consapevolmente giocato col filo sempre più sottile della separazione tra i poteri, ricordando che la Corte Costituzionale non può essere coinvolta nell’attività legislativa, ma che dovrebbe avere un rapporto continuo con la politica, organizzare occasioni di incontro e di confronto per spiegare le proprie sentenze e di fatto indirizzare il legislatore.
Uno “show”, ha scritto qualcuno, in cui c’è chi ha visto minata in parte la sacrale credibilità della Consulta, organo non rappresentativo che non dovrebbe avere la necessità di sembrare pop a tutti i costi, e in cui ogni parola detta rischiava di essere equivocata. Un rischio che un tecnico preparato e saggio come Amato non può non avere messo in conto, che indica un nuovo corso della Consulta, modificandone in parte la funzione pubblica. Un precedente da cui difficilmente si tornerà indietro.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!