«Almeno Silvio ci metterebbe i soldi suoi», dice Beppe Grillo. Aiuto, il caso Telecom fa crescere il berlusconismo di sinistra

´ «Ci siamo riferiti al nome che si dette il movimento operaio al momento della sua fondazione», dice Roberto Villetti al Riformista (17 aprile).
Dalla fondazione all’affondazione.
´ «Il possibile ingresso di Silvio Berlusconi in cordata con Colaninno nel capitale di Telecom (anticipato ieri dall’Unità) rappresenterebbe il trionfo del conflitto d’interesse», dice Antonio Padellaro sull’Unità (17 aprile).
Durissima polemica del direttore dell’Unità. Al proprio vicedirettore.
´ «Il realismo è una virtù seria che occorre praticare con un forte rigore morale. Questo è soltanto una forma di opportunismo o, peggio, di scetticismo disincantato e amorale», dice Sergio Romano sul Corriere della Sera (17 aprile).
Ma si può criticare lo scetticismo disincantato e amorale da una tribuna come il Corriere della Sera?
´ «Beh almeno lui ci mette i soldi suoi, non come questi qui che ci hanno messo i soldi miei», dice Beppe Grillo alla Stampa (17 aprile).
Si registra una preoccupante crescita del berlusconismo di sinistra.
´ «Vedremo. Vedremo con spirito critico, non aprioristicamente ostile, intendiamo dire. Con rispetto e con disincanto», dice Paolo Franchi sul Riformista (16 aprile).
Critici, non ostili, rispettosi ma disincantanti. Insomma alla Franchi: segaioli.
´ «Io non rinuncerò mai al mio modo di fare, ad abbracciare tutti», dice Totò Cuffaro al Corriere della Sera (15 aprile).
Come si dice, dove bacia, bacia.
´ «Oggi siamo al classico, al confronto tra socialisti e comunisti», dice Franco Giordano al Riformista (14 aprile).
Più precisamente al confronto tra quel che resta dei socialisti con quel che resta dei comunisti.
´ «Quale rapporto fra il Gesù presentato dal Papa in una elegante edizione Rizzoli e il Gesù annunciato dal parroco, dalle povere pagine del Vangelo?», dice Filippo Gentiloni sul Manifesto (15 aprile).
Alé! Si torna ai comunisti della parrocchietta.
´ «Non riesco a pensare a gente che non è stata tenuta sveglia neppure una notte dalla novità grandiosa che stiamo costruendo», dice Arturo Parisi all’Espresso (19 aprile).
Sveglia una notte? È già tanto se restassero svegli alle riunioni che preparano il Partito democratico.
´ «Se non lavori non mangi dice San Paolo. Beh, non era certo il mio caso», dice Enzo Biagi all’Espresso (19 aprile).
Anche il faccia tollismo non ha limiti infiniti.
´ «Ho il massimo rispetto per le casalinghe e, se certi presunti intellettuali, imparassero a gestire almeno il loro frigorifero forse produrrebbero idee un po’ più vicine alla vita vera», dice Massimo Gramellini sulla Stampa (15 aprile).
Se non più vere, almeno meno andate a male.
´ «Walter Veltroni il cui pensiero – troppo spesso liquidato come buonista – costituisce per la nuova creatura politica una vera architrave», dice Gabriele Polo sul Manifesto (21 aprile).
Ma quelli che hanno dato vita a una creatura politica la cui architrave è costituita dal pensiero di Veltroni, hanno pensato almeno ad assicurarsi contro i crolli improvvisi?
´ «Carlo Slim, libanese-messicano, che attraverso a una serie di affari spericolati arriva, nel 1991, alla conquista dei telefoni messicani», dice Guglielmo Ragozzino sul Manifesto (18 aprile).
Ecco un ottimo esempio di etica chic-comunista: gli imprenditori non devono essere libanesi, spericolati e arrivare troppo velocemente al successo. I capitalisti? Devono essere solo parrucconi doc. Possibilmente amici di Valentino Parlato.
´ «Evvabé! L’entusiasmo è come il coraggio di don Abbondio. Se uno non ce l’ha, non se lo può dare», dice Nando Dalla Chiesa su Europa (18 aprile).
D’altra parte avere entusiasmo in ambienti frequentati da tipi come Dalla Chiesa, è dura.
´ «Gli imprenditori italiani non agiscono nei salotti ovattati», dice Luca Cordero di Montezemolo al Sole 24 Ore (20 aprile).
Va bene essere modesti, ma perché il presidente di Confindustria vuole escludersi così dal mondo dell’impresa?

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