Allacciate le cinture

Di Bottarelli Mauro
12 Aprile 2007
Non c'è solo Mosca in pista. Anche in casa nostra la partita Alitalia scatenerà vecchie e nuove guerre per il controllo dei cieli. E degli aeroporti

Dopo mesi di attesa il ministero dell’Economia ha reso note le tre cordate che competeranno per l’acquisto di Alitalia. Si tratta di MatlinPatterson Global Advisers con Tpg Partners e Mediobanca, di Unicredit con Aeroflot e di Ap Holding (che fa capo a Carlo Toto, ex manager Alitalia, proprietario di AirOne) con Intesa-SanPaolo. Dei tre potenziali acquirenti, AirOne sembra essere quello con meno credenziali. È noto infatti che di AirOne non volano soltanto gli aerei ma soprattutto i debiti con gli aeroporti. Solo con Sea e Adr, AirOne avrebbe accumulato debiti per oltre tredici milioni di euro. Chiaro che senza l’intervento di SanIntesa non sarebbe entrata nel trio dei potenziali acquirenti. Addirittura, una nostra fonte sostiene che «in realtà la cordata bazoliana è solo un elemento di disturbo, i veri competitor sono gli altri due». D’altronde AirOne è da tempo protagonista di vicende abbastanza singolari. Basti pensare all’affaire delle rotte per la Sardegna e la Sicilia. Dal 2002 i voli per i tre aeroporti sardi sono assegnati in regime di “continuità territoriale” – una “facilitazione” di Stato – sulla base di una gara che dà alle compagnie il diritto al trasporto in cambio di tariffe agevolate a favore dei residenti e passeggeri abituali. Fino al 2002 Alitalia era operativa sulla Cagliari-Roma e sulla Cagliari-Milano con un totale di 680 mila passeggeri l’anno, però alla gara per il rinnovo delle convenzioni non si presentò. Così i diritti andarono ad AirOne (Cagliari e Alghero per Roma e Milano) e Meridiana (Cagliari e Olbia per Milano e Roma). Come mai la compagnia di bandiera si fece sfilare un mercato così ghiotto? Perché – spiegarono i vertici Alitalia – la richiesta di partecipazione al bando arrivò fuori tempo massimo. Incredibile ma vero? Conoscendo la vocazione al disservizio dell’italico vettore tutto è possibile. Però che Easyjet e Ryanair invochino il diritto a volare low cost in Sardegna (diritto che oggi è negato e ha spinto la Commissione europea ad avviare un procedimento formale d’indagine sul decreto italiano relativo agli oneri di servizio pubblico, che illegittimamente impone un monopolio su 16 rotte tra Sardegna e Italia continentale) dimostrerebbe che nel sistema aeroportuale italiano ci sono figli e figliastri. E padrini che dai palazzi romani impediscono quel libero mercato richiesto da Bruxelles e dal quale gli utenti trarrebbero solo vantaggi.
Intanto con la partita Alitalia si riaffaccia anche la competizione tra Fiumicino e Malpensa. Fiumicino ha sin qui goduto del vantaggio politico di essere l’aereoporto della capitale. Oggi però i gestori di Aeroporti di Roma escono da una durissima guerra intestina dovuta all’offensiva degli australiani di Macquarie Bank, che attualmente detengono il 45 per cento del gestore di Fiumicino e Ciampino (controllato dalla holding Leonardo con il 51). Il conflitto tra gli italiani e il partner straniero non è una novità. Si consuma da mesi e ora c’è il rischio che Adr ne paghi le conseguenze. L’esito della partita appare incerto e se dallo scontro emergesse vincitore Macquarie si tratterebbe del secondo aeroporto italiano (dopo lo scalo napoletano di Capodichino, oggi di British Airways) a finire in mani straniere. Il che sarebbe probabile, secondo Cesare Romiti, presidente del patto di sindacato formato da Investimenti Infrastrutture (Romiti, Clessidra, Benetton e Capitalia), Mediobanca, Generali, FonSai, Fassina Partecipazioni e capitanato dall’asse Benetton-Fondo Clessidra. Romiti, che i soci hanno escluso dalla lista del prossimo consiglio di amministrazione della holding, vede «per Macquarie molte buone possibilità». Se si considera che lo scontro fra i soci all’interno del patto ha raggiunto l’apice con la bocciatura da parte romitiana e di Macquarie del piano industriale da circa 2 miliardi di euro per Adr, l’uscita ad alzo zero di Cesare Romiti è comprensibile. «Hanno voluto mettere un amministratore delegato assolutamente inadeguato (Maurizio Basile, ndr) che si è inimicato gli australiani», ha detto a Panorama. «I quali, essendo pronti a vendere, hanno risposto come farebbero tutte le persone normali: fateci un’offerta». L’offerta, informale e secondo gli australiani «totalmente inadeguata» è arrivata. Ora il gioco passa a Londra, dove la multinazionale australiana ha la base operativa, e da dove Tempi registra una reazione infastidita ai rumors italiani: «Se qualcuno rischia di scottarsi le dita in questa vicenda non è certo Macquarie Airport. Il business ha delle regole e noi le abbiamo sempre onorate: non a caso gestiamo aeroporti da anni con successo e professionalità».

Il futuro di Malpensa
Sul fronte dell’altro polo aeroportuale italiano il panorama è più roseo. Milano Malpensa si gode gli ottimi risultati dei primi tre mesi del 2007: un incremento del traffico passeggeri del 14 per cento e di quello merci del 10,9. Per Sea dunque l’approdo in Borsa pare più vicino e le fonti di Tempi concordano nel ritenere che questo sia anche l’obiettivo del sindaco Letizia Moratti (il Comune è socio di maggioranza in Sea). Nemmeno il problema della controllata Sea Handling, che accumula perdite per 40 milioni di euro l’anno, dovrebbe ostacolare il cammino verso piazza Affari. Anche perché il piano Moratti non prevederebbe tagli occupazionali, ma punterebbe a un aumento dei ricavi portando Sea ad operare in altri scali nazionali ed europei. Certo, il futuro di Malpensa dipenderà anche dal destino di Alitalia. Ora, Eni ed Enel si sono aggiudicate il 20 per cento del gigante energetico russo Yukos, una sorta di contropartita che rende ancora più credibile l’interesse di Aeroflot alla nostra compagnia di bandiera. Però c’è anche chi sospetta che i russi coprano in realtà altri competitor. Per esempio Air France o Klm. Nel primo caso per Malpensa sarebbero guai visto che i francesi hanno già un grande hub europeo, il Charles De Gaulle di Parigi. Nel secondo caso, invece, essendo entrambi hub di medie dimensioni, Amsterdam e Malpensa si rafforzerebbero come scali gemelli.

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