La preghiera del mattino

Alla Francia nella tempesta mancava solo un maxi scandalo finanziario

Sede di Bnp Paribas
Foto Ansa

Sul Sussidiario si scrive: «Al Consiglio europeo della scorsa settimana non si è parlato solo di Ucraina, energia, politica industriale e migranti, ma sono state anche approvate le conclusioni dell’Ecofin del 14 marzo 2023 “sul riesame della governance economica”. Un altro passo in avanti verso la riforma del Patto di stabilità e crescita è stato, quindi, compiuto e, secondo Gustavo Piga, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma, rispetto al recente passato c’è un’importante novità: “Questa volta la Commissione europea ha dovuto incassare una sconfitta, anche se la guerra istituzionale all’interno dell’Ue sulla politica economica e fiscale non è certo finita”».

Dalla “casa verde” all’”auto verde”, al governo centralizzato delle politiche fiscali, il nucleo del potere bruxellese che vuole sostituire la tecnocrazia alla politica è disperatamente in movimento. Un grande mago di questo potere tecnocratico come Frans Timmermans è riuscito ad accontentare la Germania isolando con una scelta singolarmente faziosa l’Italia sulla questione dei combustibili “ecologici”. I nemici del governo Meloni sperano poi in ulteriori risultati ancora più devastanti per Roma sui temi dell’attuazione del Pnrr e sul rinnovo di un patto di stabilità, nonché sulle politiche verso i migranti. Un osservatore qualificato come Piga però, pur essendo ben consapevole della forza del potere tecnocratico di Bruxelles, nota come la consapevolezza di una risposta politica e non solo burocratica alla difficile situazione in cui si trova l’Unione Europea, sta sorgendo dovunque. Anche a Berlino, come si nota appunto nella frase riportata dal Sussidiario.

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Su Stratmag Marco Dell’Aguzzo scrive: «L’elettrico non convince Iveco, la società produttrice di veicoli commerciali del gruppo Exor, la holding guidata da John Elkann che possiede anche una quota di Stellantis, Cnh Industrial, Juventus e Gedi (il gruppo editoriale che pubblica Repubblica e Stampa). Gerrit Marx, amministratore delegato di Iveco Group, ha criticato le politiche della Commissione europea sulla mobilità a basse emissioni. L’errore di Bruxelles – ha dichiarato ai giornalisti di diverse testate italiane, tra cui Il Sole 24 Ore – è stato “discutere contemporaneamente di nuovi standard Euro 7 e di taglio delle emissioni di CO2 e di elettrificazione, senza alcun coordinamento e senza una politica industriale e ambientale coerente”. Marx ha definito un “nonsense” l’Euro 7, il nuovo standard europeo sulle emissioni dei veicoli stradali che entrerà in vigore nel 2025, “non solo per i target di emissioni, ma anche per la tempistica”: “È quasi impossibile”, sostiene, “riuscire ad essere compliant“, cioè ad allinearsi allo standard».

D’altra parte il fronte delle forze che si rendono conto come non si possa puntare solo su scelte tecniche e che si debba invece riprendere un’iniziativa eminentemente politica, si allarga. Anche gli Elkann che con la loro stampa si erano lanciati in attacchi selvaggi al governo Meloni non privi di sponde parigine, si rendono conto che per sostenere il tessuto economico continentale non bastano poteri burocratici o poteri come quelli del parlamento di Strasburgo che, non inquadrato da una vera costituzione, finisce per subire solo l’influenza di tutti gli ideologismi, quando va bene, e anche, assai spesso, di tutti i lobbismi possibili.

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Su Scenari economici Leonardo Dertona scrive: «In Francia, oltre agli scioperi, arriva uno scandalo finanziario su larga scala. Martedì 28 marzo, cinque banche sono state simultaneamente perquisite nell’ambito di un caso di frode fiscale su larga scala, riporta Le Monde. Société Générale, Bnp Paribas, Exane (una filiale di Bnp Paribas), Natixis (gruppo Bpce) e il gigante bancario britannico Hsbc sono sospettati di riciclaggio di frode fiscale aggravata. Su iniziativa della procura nazionale delle finanze, da martedì mattina sono in corso perquisizioni simultanee che hanno mobilitato quasi 160 investigatori del Servizio di investigazione giudiziaria finanziaria (Sejf), distaccati a Bercy, 16 magistrati distribuiti nei vari siti e sei magistrati tedeschi della procura di Colonia, nel quadro dell’assistenza giudiziaria reciproca tra Francia e Germania in questo caso complesso. Le cinque banche sono accusate della pratica nota come “Cumcum”. Con questo termine si intende una pratica diffusa negli istituti finanziari, che consiste nel mettere in piedi operazioni complesse sui mercati, con l’obiettivo di eludere l’imposta sui dividendi dovuta dagli azionisti delle società quotate. Praticamente le banche trasferiscono le azioni a soggetti non tassabili a cavallo del periodo di riscossione degli utili, evitando quindi che vengano pagate le relative imposte. Una pratica che è già nell’occhio del ciclone in Germania, con diversi istituti di credito sotto accusa. Questa “rapina” fiscale, che per lungo tempo ha prosperato in una zona grigia dal punto di vista giuridico, potrebbe subire un serio arresto a seguito di un’offensiva coordinata delle autorità giudiziarie e fiscali per il recupero delle somme dovute, che ammontano a decine o addirittura centinaia di milioni di euro».

Mentre una parte della nostra opinione pubblica abituata da oltre dieci anni ad accettare passivamente di essere governata “dall’alto e dal fuori” se la prende con l’esecutivo in carica (che naturalmente non manca di una bella serie di problemi da risolvere), gli osservatori più consapevoli, italiani ed europei, si rendono conto passando dal Crédit Suisse alla Deutsche Bank fino ai nuovi scandali finanziari francesi, che senza una solida convergenza tra i grandi Stati europei fondata sulla politica e non semplicemente sulle scelte tecniche, costruendo soluzioni condivise e non approntando colpi di mano contro questo o quello Stato membro dell’Unione come fecero con i loro sorrisini Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, si apprestano tempi che definirli tempestosi è usare un eufemismo.

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Sul Blog di Beppe Grillo Sabrina Pignedoli scrive: «Si chiama European Peace Facility, Fondo europeo per la pace, e viene usato per comprare “armi letali”. Non solo in Ucraina, come tutti sappiamo, ma anche in tanti altri paesi del mondo, tra cui Somalia e Niger. Poco importa se si tratta di paesi dove manca una struttura governativa stabile e l’amico di oggi è il nemico di domani; dove il livello di violenza è altissimo e la gente muore di fame. Dall’Europa arriva la brillante idea: invece che spendere soldi per programmi alimentari e di sviluppo, si forniscono armi, alimentando violenza e fame. Ad annunciare questa svolta nella politica dell’Unione Europea è stato l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, che ha recentemente chiuso lo Schuman Forum sulla difesa parlando fin troppo chiaramente. Non di diplomazia o rilancio di negoziati di pace, strategie di dialogo, come i cittadini europei si aspetterebbero, ma di forniture di “armi letali” a diversi paesi del mondo. “Molti partner, dall’Africa al Medio Oriente e al nostro vicinato orientale”, spiega Borrell, “chiedono sempre più sostegno in aree come l’intelligence geospaziale attraverso il nostro Centro satellitare, la resilienza informatica, la comunicazione strategica ma anche equipaggiamenti letali”».

Il Blog di Beppe Grillo che commentando le sorti di un continente come quello africano, con dittature spietate sostenute finanziariamente da Pechino e con i mercenari della Wagner che scorrazzano dappertutto, se la prende perché l’Unione Europea reagisce a questa situazione, mette in evidenza un problema fondamentale dei nostro giorni: sta crescendo l’influenza dell’asse Pechino-Mosca dall’Artico al Mediterraneo (condizionato da Africa e Medio Oriente, e allettato dal diventare terminale della “nuova Via della seta”). In Italia Roberto Fico nuovo presidente della Campania e magari Francesco Boccia nuovo governatore della Puglia potrebbero diventare terminali perfetti, con i porti di Napoli e Taranto, di questo nuovo partito “cinese” che si sta delineando.

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