
Alitalia, chi Malpensa
L’arrivo di Air France a Malpensa ha causato un vero e proprio tsunami. I voli settimanali ridotti da 1.238 a 445, le destinazioni servite falcidiate da 85 a 42, di cui 35 con frequenza ridotta da 7 a 3 giorni su 7. Soltanto sette rotte rimarranno nel loro attuale standard. Otto milioni di passeggeri in meno. Insomma, un bagno di sangue. Anche a livello occupazionale, visto che le stime elaborate dalla Regione Lombardia parlano di 8 mila nuovi disoccupati calcolando l’indotto. Non male per un’operazione che, nelle volontà del governo, avrebbe dovuto salvare Alitalia dal fallimento totale e razionalizzare il sistema aeroportuale italiano. Così non è andata, invece. Nonostante l’aeroporto di Malpensa non svolga un servizio soltanto per il territorio che la ospita, ma per l’intero sistema paese.
Qualche dato. Al Nord viene venduto il 62 per cento dei biglietti aerei di tutta Italia, con un picco del 78 per cento per quanto riguarda il traffico merci. Quanto alla cosiddetta catchment area (la capacità di attirare viaggiatori), Malpensa era – l’uso del verbo al passato purtroppo è d’obbligo – il terzo hub in Europa dopo Londra e Parigi. Solo in Lombardia si registravano il 36 per cento dell’import e il 28,5 per cento dell’export italiano. Oltre 9 milioni di arrivi turistici, il 51 per cento degli investimenti esteri in Italia e il 40 per cento degli investimenti italiani all’estero. Insomma, affossare Malpensa pare un autentico attacco politico ed economico all’area di maggiore produttività del paese. Con in più la beffa di un governo che rigira la frittata: «Il Nord non può chiedere ad Alitalia di salvare Malpensa», ha detto polemicamente il ministro Pierluigi Bersani. «Ma noi chiedevamo solo al governo di non ammazzare Malpensa, nient’altro», ha fatto notare l’assessore alle Infrastrutture e ai trasporti della Regione Lombardia, Raffaele Cattaneo. Ma oltre al presente cancellato c’è anche un futuro già pianificato che invece non vedrà la luce. Entro il 2012, infatti, Malpensa avrebbe visto due grandi corridoi triplicare la sua catchment area: sarebbe raddoppiata la popolazione in grado di raggiungere l’aeroporto in un’ora (da 3.203.582 a 5.711.679), triplicata quella in grado di arrivare a Malpensa in due ore (da 6.364.472 a 17.449.985) e triplicato anche il numero di imprese attive che avrebbero potuto raggiungere lo scalo sempre in due ore (da 551.593 a 1.621.858). Inoltre, a confliggere pesantemente con le scelte del governo di svendere Alitalia ad Air France, condannando Malpensa a un futuro da aeroporto “point to point”, ci sono anche i numeri della crescita in proporzione: nel primo semestre del 2007 l’incremento del traffico passeggeri è stato del 13 per cento rispetto allo stesso periodo del 2006, mentre la quota di transiti (circa il 34 per cento) appariva in perfetta media con altri grandi hub europei (Londra 34,1 per cento, Madrid 37, Parigi 32,7). Le previsioni del traffico passeggeri nel Nord Italia, poi, erano addirittura di raddoppio in quindici anni, dai circa 52 milioni attuali ai 101 nel 2021. Di tutto rispetto anche l’incremento del traffico merci: più 24 per cento nei primi mesi del 2007. Poi, tanto per chiarire quanto sia suicida la scelta di Fiumicino come aeroporto di riferimento della nuova Alitalia, i numeri dell’eccellenza: nel 2006 Malpensa è al terzo posto nella classifica di puntualità dei principali aeroporti europei (dopo Zurigo e Londra Heathrow), è stato vincitore dell’Air Cargo Award of Excellence, miglior aeroporto in Europa e secondo nel mondo per la qualità dei servizi cargo, è stato il primo aeroporto a installare il sistema di radiofrequenze per l’identificazione e lo smistamento dei bagagli. Inoltre, il piano industriale 2007-2012 della società di gestione (Sea) prevedeva investimenti per 800 milioni di euro: il 75 per cento degli investimenti Sea, ad oggi, sono a favore dell’Hub Carrier.
Insomma, un gioiello buttato nella spazzatura. Con l’aggravante che la scelta compiuta da governo e management Alitalia non servirà né al bene dell’ex compagnia di bandiera né a quello dello scalo romano, incapace di gestire il traffico che verrà dirottato da Malpensa e soprattutto destinato a un futuro da dependance dello scalo Charles De Gaulle di Parigi. Un esempio? Dieci giorni fa Alitalia ha venduto tre slot all’aeroporto di Heathrow, monetizzando 92 milioni di euro. Pensate che questo sia utile? No, il nocciolo della questione è che Air France sta utilizzando Alitalia per ottenere slot diretti, guadagnando quindi tranche di traffico per aumentare la concorrenza con altre compagnie su tratte strategiche, come appunto quella per Londra.
Questo dimostra che quando Air France si farà sotto, lo farà per garantirsi collegamenti diretti da Parigi, non certo per tratte che prevedano il passaggio a Fiumicino. Ma per portare a termine l’affare, Parigi deve ottenere dal governo italiano la svendita non solo di Alitalia, ma anche del patrimonio che essa (nonostante i debiti) porta in dote, ovvero gli slot. L’operazione infatti prevede, nell’immediato, lo svuotamento di Malpensa dalla gran parte dei collegamenti. Soltanto sulle tratte intercontinentali le rotte già cancellate sono 17 (tra cui Boston, Buenos Aires, Chicago, Miami, Toronto, Osaka, Shanghai) mentre quelle di cui è stata diminuita drasticamente la frequenza sono 6 (Tokyo, San Paolo, Tripoli, Tunisi, Algeri, Il Cairo). Solo 3 sono rimaste uguali, tra cui New York. A livello europeo sono 20 le tratte eliminate (tra cui Londra, Madrid, Lisbona, Francoforte, Barcellona, Copenhagen, Zurigo) e altrettante quelle ridimensionate (tra cui Amsterdam, Atene, Ginevra, Düsseldorf, Kiev, Mosca, Monaco, Vienna, Praga), mentre solo 4 rimangono confermate, e guarda caso tra queste compare Strasburgo, sarà perché gli eurodeputati del Nord si rifiuterebbero di passare da Roma per andare al lavoro.
Da Londra a Milano attraverso Roma
In compenso dei quattro collegamenti quotidiani da Londra Heathrow (capitale finanziaria della Ue, meta di enorme traffico business) a Milano solo uno, quello per Linate delle 17.40, resta tale. Gli altri tre, con destinazione Malpensa, atterreranno a Fiumicino. Il mondo degli affari milanese, mentre è ancora fresca la fusione tra la Borsa meneghina e quella britannica, sentitamente ringrazia. E a livello nazionale le cose non vanno meglio: cancellate le tratte per Ancona, Bologna, Bolzano, Firenze, Genova e Perugia (non presenti su Linate, quindi da considerarsi estinte) e ridimensionate quelle per Bari, Catania, Trieste, Roma Fiumicino (sigh), Palermo, Pisa, Venezia e Lamezia. Un’operazione di svuotamento che non pagheranno soltanto i lavoratori di Sea ma tutti gli utenti del Nord Italia, costretti a vagabondaggi aerei o a opzioni su gomma per poter viaggiare.
«Per questo la Lombardia – dichiara a Tempi il presidente Roberto Formigoni – sta cercando di porre in essere un piano di difesa che si basa su due opzioni. La prima è quella che dovrebbe portare il governo a un radicale cambio di rotta, pressoché impossibile ma diviso in tre punti. Ottenere da Roma la riapertura della trattativa, ovvero ottenere il no alla scelta di Air France. In subordine, strappare una moratoria sullo spostamento dei voli che partendo dalla richiesta principale di 5 anni scenda fino a 2 pur di ottenere una deroga alla data del 1° aprile 2008. Ultima ipotesi, ottenere il via libera al fatto che un altro vettore possa operare sulle tratte che Alitalia non copre più su Malpensa. Il piano B è invece diviso in due punti: trovare un altro vettore che utilizzi Malpensa come base di armamento (ad esempio Lufthansa) oppure la nascita di una compagnia del Nord, un tema serio che non va pensato come una riedizione dello statalismo in salsa padana».
«Non è proprietà di Padoa-Schioppa»
Ecco quindi l’unica, al momento, ipotesi percorribile: applicare allo scalo di Malpensa il piano Toto-Banca Intesa messo in campo per l’acquisto di Alitalia prima che il governo aprisse colloqui esclusivi con Air France. «Potrebbe configurarsi come un nuovo soggetto, che unendosi a un altro vettore come Lufthansa, con cui ha già una partnership assodata, dia vita a un network globale. AirOne deve difendersi dalla concorrenza di Alitalia e l’ipotesi Malpensa potrebbe aiutarla in questa strategia», prosegue Cattaneo. Giovedì scorso lo stesso Cattaneo ha incontrato Carlo Toto, proprietario di AirOne, e il suo staff manageriale, oltre a Gaetano Micciché di Banca Intesa, partner finanziario nell’offerta lanciata da AirOne su Alitalia. Il vettore italiano ha fatto capire che non considera ancora chiusa la partita per Alitalia, anche perché, dicono, «la procedura seguita dal governo Prodi appare discutibilissima». Mancanza di trasparenza? «Non solo, si stenta quasi a credere che si venda una società, che non è di proprietà di Padoa-Schioppa, ma di tutti i contribuenti, senza che nessuno sappia alcunché del piano industriale di Air France».
Pronti a ripartire con AirOne
E comunque, anche se alla fine Air France riuscisse a cannibalizzare Alitalia, dall’incontro è emersa la piena disponibilità a lavorare a un piano B per Malpensa. In questo caso AirOne, Banca Intesa e Regione valuterebbero la creazione di una compagnia di bandiera a capitale misto (cosa che potrebbe far rientrare in gioco anche Lufthansa, che in un incontro separato con il presidente della Regione ha mostrato interesse, se non altro per contrastare la concorrenza di Air France). L’asso nella manica di AirOne-Intesa è un piano industriale che prevede un robusto rafforzamento della flotta con l’acquisto nei prossimi cinque anni (e sono contratti già sottoscritti, non lettere di intenti) di ben 120 nuovi velivoli, di cui 20 di lungo raggio, 90 di medio e 20 per i voli regionali. Questo a fronte del fatto che il piano Air France non prevede alcun acquisto di nuovi aerei fino al 2015 e la sostituzione degli obsoleti Md80 Alitalia (non più autorizzati a volare nelle grandi capitali estere) non prima del 2017. Per questo Cattaneo si augura che «i cittadini lombardi siano pienamente consapevoli della posta in gioco. Non si tratta soltanto dei quasi ottomila posti di lavoro che verrebbero azzerati con la scelta di Air France, fatto di per sé già gravissimo. Si tratta del rischio che la Lombardia sia cancellata dalla carta geografica del mondo che conta. Per i lombardi volare comodamente in tutto il mondo è una necessità prima che un diletto. Toglierci la possibilità di farlo significa attaccare il cuore della nostra competitività e, di conseguenza, dare un’ulteriore spallata all’intera economia italiana».
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!