Albergatori in casa propria o cuochi per una sera. La nuova economia basata sulla fiducia

Di Chiara Rizzo
17 Maggio 2015
Più di 50mila italiani affittano a sconosciuti una camera o la casa su airbnb, e sono 50mila i cuochi o gli avventori dei ristoranti casalinghi su gnammo. Un libro racconta questo "strano mondo"

Mi fido di te_ScancarelloAffittare la propria casa a sconosciuti come se fosse un albergo, invitare a cena persone mai viste e cucinare per loro come uno chef, scarrozzare passanti sulla propria auto: volendo oggi c’è un ricchissimo bouquet di prassi per risparmiare concedendosi ugualmente piccoli lussi, come una vacanza, una cena al ristorante, un viaggio in taxi. E non solo, perché si può anche mettersi direttamente in affari in uno di questi settori, dall’oggi al domani, senza permessi o capitali di partenza, e finire magari per guadagnarci qualcosa. I costumi introdotti da imprese come Airbnb (un sito su cui si può affittare a chiunque la propria casa, o anche una sola stanza, al prezzo che si vuole, in cambio solo di una piccola commessa), o gnammo.com (il portale italiano degli home restaurant, che consente di trasformare la propria cucina in un piccolo ristorante per sconosciuti) o l’ormai celeberrimo Uber (in compagnia di altri siti che svolgono ruoli analoghi, come blablacar.it, dove si può mettere a disposizione un passaggio sulla propria auto verso qualsiasi meta in Italia, per dividere le spese di un viaggio) non sono più nemmeno di nicchia. In Italia sono già più di 50 mila gli “host” che affittano tramite Airbnb e 30 mila coloro che cucinano o mangiano tramite Gnammo. La chiamano “economia condivisa” ed è un fenomeno, anche culturale, in crescita che viene studiato approfonditamente dalla giornalista Gea Scancarello nel suo Mi fido di te (edizioni Chiarelettere): «Un economia che ha al centro un fattore importante, la fiducia verso gli estranei».

Lei ha provato sulla sua pelle a tutte le esperienze di economia condivisa che descrive nel libro. Qual è quella che l’ha colpita di più?
Quella che mi ha dato la sensazione di un altro mondo possibile, è stata quella dei foodsavers. Un gruppo di persone che ho conosciuto a Colonia che ogni giorno recupera cibo che altrimenti verrebbe gettato. So che in Italia c’è il Banco alimentare che fa una cosa del genere, simile soprattutto nella forma del contatto con le catene dei supermercati a cui rivolgersi per ottenere alimenti ancora utilizzabili ma non vendibili. La differenza con i foodsavers tedeschi è che la loro raccolta non è destinata ad una fascia della popolazione, ad esempio meno abbiente, ma a chiunque lo voglia. In Germania aderiscono anche personaggi conosciuti, ad esempio c’è un notissimo deejay che va a recuperare il pane in eccesso ogni mattina. Per aderire, basta contattare questi gruppi di raccolta tramite facebook e il gruppo ogni giorno posta sui social le foto e le informazioni sulle categorie di cibo raccolte, la quantità, la qualità e il luogo in cui li mette a disposizione, di solito dei giardini condivisi simili ai nostri cortili. Ho trovato queste esperienze, che partono dal basso, davvero commoventi. Inoltre, nel libro racconto come qualcuna dei foodsavers ormai da due anni non faccia più la spesa: il gruppo in Germania ha recuperato 515 tonnellate di cibo in appena 20 mesi. In Italia invece ci sono solo realtà ancora molto piccole, una di queste è a Torino.

[pubblicita_articolo]Nel nostro Paese ci si avvicina all’economia condivisa non solo come “consumatori”, ma anche nell’ottica di un nuovo modo di guadagnare e lavorare. Quali sono le esperienze più redditizie?
Parlando di guadagni, credo che i casi più significativi siano UberPop e AirB&B. A questo ultimo io, ad esempio, sono arrivata per necessità. Andavo via per qualche tempo dalla città ma avevo delle difficoltà economiche e la necessità di recuperare dei soldi. Avevo sentito parlare di questo sito da tanti amici, anche loro grandi viaggiatori come me, che spesso avevano affittato una camera in casa di altri. Mai nessuno di loro aveva affittato la propria abitazione. Ho deciso di farlo comunque. All’inizio sono stata presa da un panico surreale e tragicomico: mi chiedevo cosa avrei potuto lasciare in casa, senza temere furti, cosa e quanto pulire. Mi sono lanciata in giornate di pulizia approfondita della mia casa, come mai prima di allora. Invece poi ho scoperto che è molto facile e molto divertente. Basta fare lo sforzo di fare delle foto alla casa, e postarle. La gente ti contatta in modo molto rapido e ho avuto semmai più problemi a gestire le richieste troppo numerose. Nel libro racconto e spiego anche come occorra regolarsi sia per gestire la casa sia i rapporti umani. Perché si può gestire Airbnb come una “macchina da guerra”, usando la casa solo come un albergo oppure soffermarsi sul concetto di “sharing”, cioè di incontro e condivisione. Si possono creare dei rapporti umani: ci sono stati degli ospiti con cui continuo a mantenere dei rapporti. È un’esperienza che paga anche in questi termini.

Ma paga anche dal punto di vista del portafoglio?
Conosco una valanga di colleghi giornalisti freelance, che vivono spesso in situazioni difficili e che si mantengono in questo modo, o che così pagano l’affitto. In Italia non so quanti autisti davvero vivano con Uberpop (che consente a qualsiasi privato cittadino di dare un passaggio a pagamento sulla propria auto a qualcun altro), vista la mancata regolamentazione di questo servizio, ma all’estero ne conosco dozzine che lavorano solo così. Quando questi servizi verranno correttamente regolati, aumenteranno le opportunità che essi diventino nuove forme di lavoro. Sicuramente in termini umani ti arriscono molto e ciò vale per tutte le esperienze della sharing economy.

Qual è l’esperienza che umanamente l’ha maggiormente arricchita?
Quella della banca del tempo digitale con la piattaforma Timerepublik. Ognuno ha le sue capacità e le scambia in base alle esigenze degli altri. Al mio esordio, ho conosciuto un signore milanese di nome Paolo. Io avevo un forno che si era rotto e che davo per defunto, ma non potevo pagare un tecnico. Lui aveva la passione per i lavori di casa e si è messo a disposizione, venendo a casa mia. Paolo era un ex manager, rimasto disoccupato e pur di far qualcosa si era iscritto alla piattaforma per usare il tempo in modo proficuo. In poco tempo ha riparato il forno benissimo, ma siamo anche diventati amici, e dopo ho ricambiato il suo tempo parlando con sua figlia, che non voleva più studiare. Si è creato un rapporto d’amicizia.

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1 commento

  1. recarlos79

    E’ la riscossa di chi ha pochi titoli ma molta voglia di fare. di quelli che non appartengono alla categoria, al servizio pubblico, all’ordine professionale. che chiedono la libertà di agire senza dover pagare dazio ai corpi intermedi. (non credo che il male sia la categoria dei tassisti, ma della costosa licenza che sono costretti a pagare, vera zavorra alla libertà. e serio motivo di protesta. facile far concorrenza “alla cinese”).

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