Akunin, il Camilleri russo: «La società è cambiata, Putin no. Questo ha provocato il conflitto»
Boris Akunin, al secolo Grigory Shalvovic Chkhartishvili, è l’Andrea Camilleri russo. I protagonisti dei suoi gialli, che da una dozzina di anni a questa parte si vendono come il pane, sono Erast Fandorin, detective nella Russia zarista, e suor Pelagia, una monaca ortodossa incaricata dal suo vescovo di svelare misteri. Ma da qualche settimana Akunin è diventato anche uno dei volti più noti della protesta anti-Putin culminata nella manifestazione di piazza Bolotnaya a Mosca il 4 febbraio scorso. In un articolo sul New York Times ha scritto: «Paradossalmente, preferirei che il regime di Putin non crollasse troppo rapidamente. Permettiamogli di resistere un altro anno o giù di lì. Se se ne andasse ora, senza perdere del tutto la sua popolarità, potrebbe ancora tornare al potere in modo democratico». Lo scrittore ha voluto rispondere per iscritto alle domande di tempi.it.
Signor Akunin, tutti quanti scrivono che la nuova ondata di proteste contro il sistema è il risultato dell’ascesa della classe media in Russia. Ma questa classe media è esattamente il prodotto delle politiche del sistema nel periodo 2000-2012: prima non esisteva. Allora perché questa componente della società si ribella contro coloro che gli hanno permesso di emergere?
L’evoluzione della classe media ha raggiunto lo stadio in cui il nuovo ceto non si accontenta più dei beni materiali: sta nascendo il senso civico. La classe media non vuole più accettare la situazione in cui non interviene in nessun modo nelle decisioni politiche. In ogni caso, è così che spiego a me stesso il motivo profondo degli avvenimenti di oggi. La società è cambiata, ma Putin è rimasto come prima. Questo ha provocato il conflitto.
Lei ha scritto che l’attuale sistema politico «è scivolato nell’illusione che tutto è permesso, e ha cominciato a compiere un errore dopo l’altro, senza nemmeno capire che stava distruggendo se stesso». Quali sarebbero questi grandi errori?
Bisognava lasciare che Medvedev si presentasse per un secondo mandato. Bisognava truffare di meno durante le elezioni parlamentari di dicembre: il partito dirigente avrebbe ottenuto in modo onesto il proprio 30 per cento e sarebbe entrato nella coalizione con i partiti satelliti. Putin non doveva insultare i moscoviti che hanno partecipato alle manifestazioni di piazza. Gli errori sono tantissimi, sia grossi che piccoli. Quando un sistema si degrada, comincia a danneggiare se stesso.
I simpatizzanti di Russia Unita affermano che senza Putin alla presidenza della Russia il paese è destinato a disgregarsi una seconda volta, come è accaduto al tempo dell’Unione Sovietica. Hanno ragione o sbagliano?
È senz’altro un’assurdità. Putin non serve a nessuno tranne che ai vertici degli addetti ai ministeri della forza (i “siloviki”) e degli oligarchi di corte: sono loro i beneficiari della “verticale” di Putin. Nella Russia odierna non c’è nessun movimento separatista serio.
Alla manifestazione dell’opposizione del 4 febbraio abbiamo visto ogni genere di oppositore: nazionalisti, comunisti, liberali, buddhisti, democratici. La maggioranza dei russi crede veramente nella democrazia? Oppure aspirano a uno speciale sistema politico specificamente russo?
Quelli che partecipano alle manifestazioni senz’altro desiderano la democrazia: è ciò che unisce tutti. Oltre a ciò c’è il rigetto della corruzione.
La giornalista americana Anne Applebaum ha scritto che il blogger nonchè leader dell’opposizione Alexei Navalny ha uno stile da teppista e a volte usa un linguaggio volgare perché la società intorno a lui è teppistica e volgare. Lei è d’accordo?
È probabile che sia così. Navalny è un personaggio pubblico, e non può essere molto diverso dai propri futuri elettori. Ma ho avuto contatti con lui più di una volta e so che sa essere diverso.
Come definirebbe con parole sue la società russa di oggi?
Il primo stadio dell’evoluzione della società civile è lo stadio del risveglio. Poi, eventualmente, dopo qualche pausa arriverà un’azione mirata al consolidamento.
I russi di oggi sono anti-occidentali e anti-americani? Credono alla demonizzazione dell’Occidente spesso presente nelle parole del primo ministro Vladimir Putin?
No, i russi in generale amano tutte le cose che arrivano dall’Occidente. È un paradosso conosciuto molto bene in tutta Europa: tutti ascoltano, guardano e utilizzano le cose di origine americana, ma non amano gli Usa. La stessa cosa capita anche in Russia.
L’Occidente capisce la Russia e i russi? Qual è la cosa che gli Occidentali non capiscono della Russia?
Che le Russie sono di fatto due. Una è “la Russia chiusa” dei servizi speciali, imperiale, la nazione antidemocratica per la quale lo Stato è più importante delle persone. L’altra è “la Russia aperta”, amante della libertà, un paese colto, educato, per il quale i diritti dell’uomo sono prioritari. Nel corso della storia queste due Russie si sono trovate in costante lotta fra loro. Adesso inizia il round decisivo del combattimento. E questa volta “la Russia aperta” ha buone chance di ottenere una vittoria duratura.
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