Giorni fa’ le Nazioni Unite hanno lanciato un nuovo allarme sulla sorte dei profughi timoresi che ancora mancano all’appello: circa mezzo milione di persone una metà delle quali attualmente “detenute” a Timor Ovest. Il 28 Settembre scorso il Centro di coordinamento della Provincia indonesiana dell’isola aveva infatti registrato un totale di 232.672 profughi (provenienti da 45.513 diversi nuclei famigliari), almeno 60mila dei quali erano stati ospitati ad Atambua, una città al confine fra le due Timor che in tempi normali ha una popolazione di sole 12mila persone. Spesso separati da altri membri della famiglia e sistemati in fatiscenti edifici di proprietà del Governo locale o addirittura in tende, i profughi si cibano prevalentemente di ciò che i volontari danno loro. Molti soffrono di malaria e affezioni respiratorie, problemi aggravati dalla generale precarietà delle condizioni igenico-sanitarie. A tutto ciò si aggiunge anche il terrore dei miliziani, che accedono liberamente ai campi con lo scopo preciso di individuare gli indipendentisti: una selezione oggi semplificata dalle autorità locali che stanno censendo i profughi. Come? Chi risponde “Timor Est” alla domanda “dove vuoi andare?” è già individuato. Separati dal resto del gruppo, in realtà solo un centinaio di essi sono ritornati a Timor Est. E gli altri?
Nel timore di essere individuati molti profughi danno le risposte più disparate e vengono conseguentemente spostati su altre isole dell’arcipelago, dalle quali non sanno né quando e né se faranno ritorno a Timor Est. È la vecchia politica di migrazione forzata già praticata in altre parti dell’Indonesia. Nel complesso la situazione dei profughi a Timor Ovest è dunque più complessa di quelli rifugiatisi sulle montagne di Timor Est. Di essi inoltre solo una minoranza era fuggita volontariamente. I più erano stati invece deportati, provenendo essi prevalentemente dal settore occidentale di Timor Est. Lo scopo era chiaro: creare una zona cuscinetto fra le due Timor ad uso e consumo della milizia in vista di un’eventuale spartizione di Timor Est da discutersi in un futuro negoziato. Potenziali merci di scambio e strumenti di ricatto, sulla loro sorte pesa oggi anche il clima di esplosiva tensione creatosi fra Indonesiani e truppe della missione Interfet in seguito agli incidenti recentemente verificatisi lungo la linea di confine: incidenti per i quali Jakarta e Canberra si accusano reciprocamente di attraversamento illegale di frontiera.