Nel giugno 2014, il presidente del Lazio Nicola Zingaretti aveva emanato un decreto in cui si obbligavano i medici obiettori dei consultori familiari a rilasciare certificati alle donne che volevano abortire, cercando di aggirare la legge 194. A ottobre il Tar del Lazio aveva rigettato l’opposizione, portata avanti da varie associazioni, e sembrava che tutto fosse stato ormai deciso.
Ma ora la Terza sezione del Consiglio di Stato ha dato ragione agli obiettori, sospendendo il provvedimento e riconoscendo la libertà di coscienza degli obiettori. La prima a esserne contenta è il consigliere regionale Olimpia Tarzia, che da subito si è molto attivata per seguire la vicenda. La giunta Zingaretti aveva motivato i suoi provvedimenti usando come scusa la mancanza di obiettori. «Niente di più falso e ideologico», dice Tarzia a tempi.it. «Le cifre dimostrano che nel Lazio ogni settimana vengono fatti solo due aborti chirurgici. È impossibile che non ci siano medici non obiettori per due soli casi».
SODDISFATTI CON RISERVA. A proposito della decisione del Consiglio di Stato, Tarzia non può che esprimere la propria soddisfazione, ma con una riserva. «È una vittoria, ma parziale perché il testo è incompleto, non essendoci alcun riferimento alle nuove tecniche abortive. Si parla solo di aborto chirurgico». E questo, secondo il consigliere regionale, è un grave handicap: «Il Consiglio di Stato non dice niente sulle prescrizioni della pillola del giorno dopo, dei cinque giorni dopo e la Ru486. Speriamo che questo non significhi che gli obiettori di coscienza debbano prescriverle, sarà sicuramente il caso di fare chiarezza. Qualsiasi sia il metodo per arrivare ad abortire, il risultato non cambia, alla fine del processo ci sarà un bambino in meno. Non è meno grave ricorrere a un farmaco piuttosto che a un trattamento chirurgico, non diminuisce la “pesantezza” del gesto. Quindi il fatto che non venga esplicitato nel testo, potrebbe diventare un alibi per quanti vorrebbero che i medici obiettori le prescrivessero».
PILLOLE. Su questo, Tarzia promette battaglia: «Mostreremo ricerche scientifiche che dimostrano che questi farmaci sono abortivi, anche se vengono chiamati semplicemente “pillole”». Molto spesso sono le giovanissime a ricorrervi: «Queste pillole vengono assunte con leggerezza da ragazze giovani, che non sanno che il loro corpo continua a svilupparsi fino ai 22 anni, per poi stabilizzarsi. Prendere una pillola del giorno dopo o dei 5 giorni dopo durante un periodo di crescita così delicato, che effetti potrebbe avere sull’organismo? Purtroppo non ci si bada, si pensa solo a come sbarazzarsi al più presto di un problema, che altro non è che un bambino».
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