Lettere dalla fine del mondo

A un anno dalla morte, ecco chi era padre Alberto, mio amico e confessore, uomo di Dio e perciò del popolo

padre-aldo-trentoPubblichiamo la rubrica di padre Aldo Trento contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Il 5 giugno ricorreva il primo anniversario della morte improvvisa di padre Alberto Bertaccini: ricordare la sua presenza è per me un motivo per ringraziare il Signore ma anche una richiesta di perdono per i momenti difficili vissuti negli ultimi mesi. Il rapporto vissuto con lui è stato il cammino mediante il quale il Mistero mi ha tolto dalla disperazione nella quale ero caduto. È stato don Giussani ad inviarmi a padre Alberto durante le vacanze internazionali a Corvara, nell’agosto del 1989. Cinque giorni dopo eravamo già in Paraguay. Abbiamo abitato insieme per dieci anni.

Una amicizia grazie alla quale il Mistero non solo mi ha tolto dalla disperazione di un esaurimento doloroso, ma mi ha eletto per essere uno strumento della Sua misericordia verso le persone senza casa, poveri infermi, malati terminali, anziani, vagabondi, bambini, adolescenti violentate. Padre Alberto è stato il cammino che mi ha permesso di riconoscere quello che Dio voleva da me quando, a undici anni, da solo, ho abbandonato la mia casa per entrare nel seminario dei padri canossiani.

La convivenza con padre Alberto è stata essenziale nella mia relazione con Dio e nella scoperta della Sua volontà. Per questo, nel primo anniversario della morte, voglio sottolineare alcune caratteristiche della personalità di questo grande uomo.

[pubblicita_articolo]Un cuore grande. Non c’era persona che non incontrasse in lui una grande disponibilità. Portava sempre con sé la sua piccola agenda “quo vadis”. Ricordo che terminate le Messe restava in mezzo alla gente con la sua agendina a fissare appuntamenti. Un grande numero di persone chiedevano di incontrarlo. Non parlava molto, ascoltava sempre. I suoi giudizi erano pieni di umanità.

Con me ha fatto l’impossibile per accompagnarmi, si preoccupava e occupava della mia persona. Mi commuovo nel pensare ai dieci anni passati con lui. In quegli anni abbiamo visitato in macchina quasi tutto il Sudamerica. Io guidavo e lui leggeva a voce alta un libro o recitavamo il rosario e il breviario. Un punto fermo della nostra amicizia era la confessione reciproca ogni settimana.

Uomo di Dio, per questo uomo del popolo. Con lui ho condiviso il gusto della missione! Quanti chilometri ha fatto negli anni che ha vissuto in Paraguay! Si muoveva in autobus approfittando della notte per non perdere tempo. Non era mai stanco. Grazie al suo impeto sono nate comunità di Cl in Paraguay ma anche nel nord-est dell’Argentina.

Un grande rispetto per la libertà altrui. Era lui che teneva il poco denaro che si possedeva. Nell’amministrare la cassa si rifletteva il suo sangue romagnolo. Quando avevo bisogno di qualcosa dovevo chiedere a lui. A volte mettevo in discussione il modo col quale mi accompagnava, diceva sempre di sì a quello che chiedevo. Un giorno gli ho detto: «Non ti pare che il modo col quale mi stai aiutando sia troppo liberale? Secondo me sbagli, verifica questo modo di fare con don Giussani». Era una provocazione la mia. Padre Alberto il giorno successivo era su un aereo per Milano. Rientrato qualche giorno dopo, mi ha detto: «Don Giussani è in sintonia con me. Dice di seguirmi senza paura in questo cammino».

La libertà si esprimeva anche nelle diversità di vedute, a tal punto che le nostre grida si sentivano fino in strada. Per alcuni anni io cucinavo e lui lavava i piatti. Ogni lunedì andavamo insieme a fare le spese della settimana e nella scelta dei cibi non davamo troppa importanza al diabete di cui entrambi soffrivamo. Il criterio di scelta era: compriamo quello che ci piace, specialmente formaggio e pane. Quando capiva che avevo veramente bisogno di qualcosa, non badava a spese.

Negli ultimi anni della sua permanenza in Paraguay, era contento di quello che il Signore stava facendo con la mia persona. Per lui era importante che stessi bene. Non sono mancati contrasti ma la confessione in casa ogni lunedì, io da lui e lui da me, ci permetteva di riprendere il cammino.

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