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A questa Europa serve una svolta

I risultati di Verdi e sovranisti sono la reazione alla tecnocrazia liberal-democratica. Per cambiare le cose serve un cambio di modello

Rodolfo Casadei
28/05/2019 - 3:00
Politica
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Le elezioni europee hanno mostrato due forze emergenti attraverso tutto il continente, con picchi in due importanti paesi fondatori dell’Unione Europea (Ue): i sovranisti e i Verdi. I sovranisti italiani (Lega e Fratelli d’Italia) rappresenteranno la più numerosa pattuglia di questa tendenza politica proveniente da un singolo paese nel nuovo Parlamento europeo, mentre in Germania i Verdi sono riusciti nell’exploit storico di diventare il secondo partito del paese, sorpassando i socialdemocratici.

Il fallimento della tecnocrazia

Apparentemente queste due aree politiche non hanno nulla in comune: i primi sono eurocritici i secondi sono europeisti, i primi stanno a destra i secondi a sinistra. La loro ascesa però è dovuta agli stessi motivi, è il sintomo di uno stesso fenomeno: il fallimento della tecnocrazia liberal-democratica, che è il sistema politico e l’ideologia di riferimento che dopo il trattato di Maastricht ha progressivamente risucchiato popolari e socialisti, ieri padroni del Parlamento europeo e oggi costretti a congegnare nuove alleanze per continuare a far parte della maggioranza parlamentare. La tecnocrazia liberal-democratica ha prodotto due fenomeni che sono sotto gli occhi di tutti: l’erosione del capitale ambientale e l’erosione del capitale sociale e storico. Liberare l’individuo dai vincoli di appartenenza familiare e comunitaria attraverso le leggi di emancipazione (divorzio, aborto, unioni civili e matrimonio omosessuale, fecondazione extracorporea, ecc.) e dai vincoli materiali della finitezza del Creato attraverso tecnologie al servizio della crescita economica illimitata e dei desideri illimitati dell’individuo ha posto le premesse di un collasso socio-politico ed ecologico.

Prezzi ambientali e sociali

Il prezzo della crescita del Prodotto interno lordo della Ue a 28 da 1.800 miliardi di euro nel 1995 a 4 mila miliardi nel 2018 e dell’individualismo istituzionalizzato attraverso leggi riguardanti la famiglia e la vita è sotto gli occhi di tutti. Il prezzo in termini di crisi ambientale è rappresentato da erosione dei suoli fertili, contaminazione delle acque, alterazioni climatiche, rischi di estinzione di specie animali (dalle api agli stock ittici), inquinamento atmosferico da polveri sottili, frane e alluvioni per eccesso di cementificazione dei territori. Il prezzo in termini sociali è altrettanto sciagurato: crollo delle nascite, aumento esponenziale delle nascite fuori dal matrimonio, boom di divorzi e del numero di famiglie formate da una sola persona, indebitamento pubblico insostenibile che è un’ipoteca sulla solidarietà fra le generazioni, crescita esponenziale della diseguaglianza economica fra i più ricchi e i più poveri, impoverimento e tendenziale scomparsa della classe media, crisi del welfare col taglio della spesa sociale, aumento delle tossicodipendenze e del disagio psichico, alti tassi di disoccupazione giovanile.

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Risposte sbagliate

La risposta che il “sistema” sta cercando di dare a questi due ordini di problematiche è nota: da una parte impegni irrealistici sulla riduzione delle emissioni climalteranti, con costi economici esorbitanti destinati a ricadere principalmente sulla classe media già al bordo dell’asfissia (da cui reazioni come quella dei gilet gialli) e con nessuna prospettiva di soluzione del problema a causa del fatto che non esistono tecnologie applicate alle energie rinnovabili che permettano di mantenere lo stesso livello di consumo energetico odierno; dall’altra le politiche di austerity e a favore dell’immigrazione di massa viste come soluzione ai problemi economici, demografici e di sostenibilità del welfare, che alla prova dei fatti accentuano povertà, disgregazione sociale, conflitti culturali, rottura delle identità nazionali, impoverimento antropologico degli esseri umani trasformati in unità produttive intercambiabili e delocalizzabili a piacere.

Antropologia sbagliata

Il voto ai Verdi e ai sovranisti rappresenta la reazione all’incapacità delle élites di offrire soluzioni credibili ai problemi che esse stesse hanno creato sui due versanti presi in considerazione. Questi voti continueranno a crescere di numero nel prevedibile futuro, perché la tecnocrazia liberal-democratica non è in grado di correggersi: i suoi effetti perversi sono la conseguenza dell’antropologia sbagliata su cui si basa il suo modello di sviluppo. Anche prevedendo che sovranisti e Verdi avanzeranno proposte radicali per modificare i modi di produzione e le condizioni della coesione sociale, da sola la politica non potrà dare una risposta alle crisi che ci affliggono, anche perché Verdi e sovranisti non sono sufficientemente emancipati dalla visione antropologica prometeica che è alla base della tecnocrazia liberal-democratica che ci ha finora governati.

Cambio di modello

La risposta ha natura politica, ma non consiste principalmente nelle politiche dei governi nazionali o dell’Unione Europea, condizionate dai poteri finanziari, dalle lobbies e dal potere della magistratura; consiste piuttosto in un cambiamento di modello economico e di socialità fondata sui corpi intermedi che deve cominciare dal basso, in una sorta di Opzione Benedetto che deve riguardare il senso di appartenenza a un territorio, la cura e salvaguardia del Creato, la subordinazione delle tecnologie agli interessi della coesione sociale anziché a quelli del profitto e della crescita economica a tutti i costi, la valorizzazione dell’alleanza fra l’uomo e la donna nella famiglia, la venerazione dell’identità e della storia, la naturale propensione degli esseri umani all’amicizia e ai rapporti di buon vicinato in opposizione alla competizione senza limiti e alla frenetica mobilità delle masse umane attraverso il pianeta che le rende apolidi. Una prospettiva che ha la sua guida nella dottrina sociale della Chiesa e che si è arricchita e aggiornata lungo un itinerario che va dalla Rerum Novarum di Leone XIII alla Laudato Si’ di Francesco, passando attraverso la Sollicitudo Rei Socialis di Giovanni Paolo II e la Caritas in Veritate di Benedetto XVI. Senza una svolta di questo genere, non possiamo non aspettarci un collasso di civiltà.

Foto Ansa

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