La Primavera antioccidentale della Tunisia estrema. I salafiti al potere

Di Rodolfo Casadei
30 Settembre 2012
Gli attacchi alle istituzioni americane e la palese rinuncia delle autorità ad arrestare i colpevoli. I rapporti tra islamisti “moderati” e fanatici. Una Costituzione aperta a severe leggi contro la blasfemia.

Stiamo perdendo la Tunisia? L’interrogativo è d’obbligo dopo gli avvenimenti di settimana scorsa: la scuola americana di Tunisi saccheggiata e data alle fiamme e l’ambasciata gravemente danneggiata, l’intervento tardivo e sconsiderato delle forze di sicurezza che hanno causato quattro morti, la palesa rinuncia delle autorità ad arrestare il responsabile delle proteste violente ispirate dal film L’innocenza dei musulmani, l’imam salafita Abou Iyadh. Si accumulano indizi che fanno pensare che il governo di coalizione guidato dai vincitori delle elezioni dell’ottobre 2011, gli islamisti di Ennahdha, non sia in grado di garantire l’ordine pubblico contro le aggressioni e le intimidazioni dei salafiti, o addirittura che ci sia un’inconfessata sintonia di fondo e un gioco delle parti fra islamisti “moderati” e salafiti estremisti. Il sospetto è sembrato diventare certezza quando Rachid Ghannouchi, il fondatore di Ennahdha che quest’estate ha rinunciato alla presidenza del partito ma ne rimane l’influente padre nobile, davanti alle telecamere ha asserito che le violenze sarebbero state compiute da “intrusi” e non da salafiti o altri normali manifestanti, e ha di fatto incolpato la comunità internazionale per l’accaduto: «Hillary Clinton ha affermato di essere desolata per la diffusione di questo film, ma di non poter fare nulla perché negli Usa non c’è una legge che protegga le cose sacre. È per questa ragione che deve esserci una legge che incrimina l’attentato al sacro a livello internazionale, e questo deve essere deciso a livello di Onu».

Hanno echeggiato la sua proposta Recep Tayyip Erdogan in Turchia, l’università di Al Azhar del Cairo e a Beirut lo sceicco capo di Hezbollah Hassan Nasrallah. Nel frattempo, l’1 agosto, deputati di Ennahdha avevano depositato un progetto di legge che punisce la blasfemia più severamente di quanto previsto nell’ordinamento in vigore: se passerà, d’ora in avanti i colpevoli saranno puniti con due anni di prigione senza libertà condizionata. Questi e altri fatti – soprattutto la latitanza o l’inazione delle forze dell’ordine di fronte alle provocazioni salafite che hanno caratterizzato l’estate tunisina – spingono ex alleati degli islamisti, come il sociologo Ahmed Menai, un dissidente arrestato e torturato ai tempi del regime di Ben Ali, a sostenere: «I rapporti fra Ennahdha e i capi salafiti sono al bello stabile. Quando capita che il partito al potere condanni un’azione dei salafiti, raramente o addirittura mai condanna gli autori, e cerca di trovare delle giustificazioni. Ennahdha ha sempre voluto avere alla sua destra un movimento più estremista per dare prova della propria moderazione e del suo pacifismo agli occhi dell’opinione pubblica».

Mantenere al centro del dibattito politico i temi morali, della blasfemia, dell’abbigliamento islamico e del rispetto dei precetti religiosi, grazie all’azione militante e aggressiva dei salafiti che li prediligono, sarebbe un’astuzia degli islamisti per distrarre le masse dagli insuccessi delle politiche economiche e sociali: «Abbiamo già visto questo modo di agire – aggiunge Menai – in altri movimenti islamisti saliti al potere grazie al voto ma privi di un progetto di società o di un programma politico, e che hanno rapidamente dimostrato la loro incapacità a dirigere un paese, come è il caso di Hamas in Palestina». Ennhadha smentisce, e giustifica il suo lassismo nei confronti degli estremisti islamici con la necessità di tenere aperto il dialogo ed evitare la loro “radicalizzazione”. Come se quello che hanno fatto negli ultimi dodici mesi, e che è culminato nel disastro dell’ambasciata americana, non fosse già sufficientemente radicale.

LE ATTIVITA’ DELLA MILITANZA. Per mesi i salafiti hanno disturbato le attività delle università tunisine cercando di costringere le amministrazioni ad accettare iscrizioni di studentesse che si presentavano negli uffici coperte dal niqab e accompagnate da nerboruti giovanotti, e si rifiutavano di sollevarlo per permettere la verifica della loro identità. Le autorità accademiche hanno resistito eroicamente, fino a quando il governo ha pensato bene di allentare la tensione autorizzando le università a iscrivere le studentesse senza controllare la veridicità della loro dichiarazione d’identità. A quel punto le attività di militanza salafite si sono spostate su altri obiettivi: mostre di arti figurative, concerti, mausolei sufi, conferenze e celebrazioni con la presenza di sciiti. A Menzel-Bourguiba il comico Lofti Abdelli ha dovuto rinunciare al suo spettacolo, a Kairouan il concerto del cantante tunisino sufi Lotfi Bouchnak accompagnato da musicisti iraniani ha dovuto essere annullato, scontri fra salafiti e sunniti si sono avuti a Biserta e a Gabès. A La Marsa (Tunisi) in giugno gli estremisti hanno prima contestato e poi gravemente danneggiato o distrutto le opere di una mostra giudicate licenziose o blasfeme. Anziché prendere le difese degli artisti, il ministro della Cultura Mehdi Mabrouk ha annunciato la chiusura della galleria per un tempo imprecisato e di voler denunciare gli organizzatori dell’evento, in quanto sarebbero venuti meno agli accordi presi circa il contenuto delle opere: «L’arte non deve attentare ai simboli sacri, e se gli artisti vogliono essere lasciati liberi di esprimersi, devono evitare le provocazioni». Sono seguiti incidenti a La Marsa e nella capitale con assalti a un tribunale e a commissariati di polizia. Fra maggio e settembre con minacce, intimidazioni e veri e propri assalti vandalici, i salafiti hanno costretto tutti gli esercizi pubblici di Sidi Bouzid, la culla della rivolta popolare che nel gennaio 2011 portò alle dimissioni e alla fuga di Ben Ali, a rinunciare alla vendita di alcolici. E la polizia e le autorità locali non sono mai intervenute in difesa degli esercenti.

LE BOZZE DEI NUOVI ARTICOLI. Mentre nel paese si diffondeva questo clima malsano, le commissioni dell’Assemblea costituzionale consegnavano al comitato di coordinamento le bozze di articoli della Costituzione approvati in commissione. Alcune non sembrano fatte per tranquillizzare. All’articolo 3 si legge che «Lo Stato garantisce la libertà di fede e di pratica religiosa, e punisce penalmente tutti gli attacchi al sacro»: nessun accenno alla libertà di coscienza e una grande porta aperta alle più severe leggi antiblasfemia. L’articolo 28 enuncia la «complementarietà di uomo e donna», in apparente contrasto con l’articolo 22 che riconosce «l’uguaglianza di uomo e donna». I membri della costituente hanno fino alla fine di ottobre per votare il nuovo testo costituzionale, prima articolo per artico lo a maggioranza assoluta, e poi complessivamente con la maggioranza richiesta dei due terzi. Nel caso non si raggiunga la maggioranza qualificata, il testo è sottoposto a referendum popolare e si considera ratificato se ottiene la maggioranza assoluta dei voti favorevoli. Il gioco delle parti che Ennahdha così abilmente conduce rischia però di rivoltarglisi presto contro. Alle elezioni dell’ottobre 2011 il partito di Ghannouchi ha conquistato oltre il 37 per cento dei voti, distanziando di quasi 30 punti il secondo classificato (i laici del Cpr del presidente Moncef Marzouki). A quel tempo però nessun partito salafita era stato ancora legalizzato e i simpatizzanti di quella tendenza avevano dovuto votare Ennahdha o astenersi. Oggi invece esistono ben tre partiti salafiti legali, e uno di essi in particolare si mostra in via di radicamento: quello di Ansar al-Shariah, capeggiato da Abou Iyadh; è il partito all’origine degli attacchi alle istituzioni statunitensi a Tunisi e dei raid contro i locali in cui si vendevano alcolici a Sidi Bouzid.

IL RISCHIO DI ENNAHDHA. Il ministro degli Esteri Rafik Abdessalem ha ammesso che all’indomani delle violenze contro gli americani le autorità hanno scientemente rinunciato a far arrestare lo sceicco Iyadh, indiziato di aver organizzato gli attacchi, per non mettere in pericolo la sicurezza nazionale. Il giornale Le Temps ha scritto che ormai il rapporto fra Abou Iyadh e le autorità è identico a quello che intrattenevano Osama Bin Laden e il governo pakistano prima del blitz americano. Quanti voti potrebbero portare via i salafiti agli islamisti moderati? La cosa si può dedurre da un sondaggio sulla sharia condotto alla fine del maggio scorso dal giornale Al Maghreb e dall’agenzia Sigma Conseil. Mentre la maggioranza dei tunisini (63,5 per cento) è favorevole a leggi ispirate ai valori e ai princìpi dell’islam, solo il 22,5 per cento degli interpellati chiede l’applicazione integrale della sharia. La cosa interessante da notare è che un anno prima i favorevoli alla sharia integrale erano soltanto l’8,7 per cento. D’altra parte un quarto dei sondati che si dichiarano politicamente islamisti considera pericolosa la radicalizzazione religiosa che la Tunisia ha visto crescere negli ultimi mesi. Se ne potrebbe concludere che alle elezioni politiche previste per il marzo 2013, Ennahdha rischia di perdere voti sia verso destra sia verso sinistra: da una parte è considerata troppo moderata dagli estremisti islamici, dall’altra sta disgustando parte della piccola borghesia che un anno prima l’aveva votata.

@RodolfoCasadei

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1 commento

  1. paolo delfini

    Ma quanto sono gelide queste primavere arabe……Rodolfo Casadei ce lo ha spiegato bene, grazie per l’articolo.

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