
Con la guerra in Ucraina, la Russia ha sfidato tutto il mondo

Sulla Piazza rossa di Mosca, lo scorso 9 maggio, accanto a Putin a celebrare la Giornata della Vittoria nella Seconda guerra mondiale c’era Xi Jinping con pochi altri e tutti rappresentanti di Stati retti da dittature socialcomuniste o nazionaliste. Ma ecco un elenco più completo: c’erano «leader di 27 stati stranieri, tra cui il Presidente cinese Xi Jinping, il Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, il Presidente serbo Aleksandar Vučić, il Primo Ministro slovacco Robert Fico, il Presidente della Repubblica Serba Milorad Dodik, il Presidente della Bielorussia Aleksandr Lukašenko, il Presidente cubano Miguel Díaz-Canel, il Segretario Generale del Partito Comunista del Vietnam To Lam, il Presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi, il Presidente palestinese Mahmoud Abbas, il Presidente venezuelano Nicolas Maduro, il Presidente etiope Taye Atske Selassie, il Presidente della Guinea-Bissau Umaro Sissoco Embalo e altre autorità straniere» (Analisi difesa, 10 maggio).
Perché è importante questa fotografia? Perché indica un’alleanza fra Stati diversi ma uniti dal disprezzo delle libertà e del sistema democratico, dal rifiuto del diritto per risolvere i conflitti internazionali. Alla fine della parata Vladimir Putin si è avvicinato ai soldati nordcoreani per ringraziarli del contributo nella guerra contro l’Ucraina.
L’Ucraina naturalmente torna sempre alla mente, la “martoriata Ucraina” che papa Francesco ricordava sempre a ogni Angelus o Udienza generale e che il suo successore Leone XIV ha già messo al centro dell’attenzione attraverso una telefonata con il presidente Zelensky.

Il borghese d’Occidente
Ma perché l’Ucraina è importante? In essa si sta verificando una delle più gravi violazioni del diritto internazionale del nostro tempo e questo avviene con una opinione pubblica occidentale silenziosa, in parte complice con l’aggressione militare dell’esercito russo ma soprattutto incapace di reagire, di indignarsi per l’ingiustizia subita da un popolo che da tre anni vive sotto i bombardamenti, che colpiscono scuole, ospedali, case private, come se fosse una cosa normale. C’è un retroterra psicologico in molti che deriva dalla diffusione della propaganda russa, secondo la quale gli ucraini “se la sono andata a cercare questa invasione”, perché già nel 1991 hanno deciso con un referendum di essere una nazione indipendente che non avrebbe fatto parte della CSI, la Comunità degli Stati Indipendenti erede dell’Unione Sovietica, cioè che non sarebbero diventati come la Bielorussia per capirci. Ricordate il Vietnam e le innumerevoli manifestazioni di piazza da parte delle sinistre di tutto il mondo oppure le proteste da destra per Budapest 1956, Praga 1968, Polonia 1981, per fare solo alcuni esempi? Perché oggi non si verificano proteste popolari analoghe?
Che succede in Occidente? Siamo di fronte all’ennesima crisi di coraggio, che fece cantare per esempio a Leo Valeriano il grido d’accusa contro “il borghese d’Occidente” che se ne stava al caldo nelle proprie case mentre a Budapest nel 1956 si moriva per la libertà? E perché gli studenti e i sindacati non scioperano e vanno in piazza contro l’ingerenza russa come fecero con la supposta ingerenza americana in Vietnam?
La dignità degli ucraini
In questa situazione di crisi c’è però qualcuno che parla e dice pubblicamente la verità. Si tratta dell’arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica di Kiev, Sviatoslav Schevchuk, che in un recente webinar del 12 maggio organizzato da Alleanza Cattolica ha ripetuto quanto aveva detto, per esempio, parlando il 18 febbraio all’Università cattolica d’America a Washington (trad. it. il Regno documenti, 5/2025). Merita leggerlo e ascoltarlo, perché aiuta a comprendere.
Intanto il problema non sono i territori. La Russia ne ha già troppi e non riesce a sfruttarli, il problema per l’arcivescovo è il diritto di un popolo a scegliere il proprio futuro liberamente, nel rispetto della propria dignità. L’arcivescovo ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1700) e il Compendio della dottrina sociale della Chiesa per ricordare che la dignità degli uomini e dei popoli è qualcosa di «innato e inalienabile»: «questo è il punto cruciale dello scontro per l’Ucraina. Una guerra per la dignità delle persone» che poi è diventata «una lotta per la loro stessa esistenza».
Si dice che la Russia sia stata provocata dalla Nato, ma «la Nato non esisteva quando la Russia ha invaso l’Ucraina nel XVII e XVIII secolo o all’inizio del XX secolo». Il problema è che oggi si ripropone la volontà di non considerare gli ucraini un popolo con una dignità nazionale propria e il conseguente diritto a scegliere il proprio futuro, così come accadde «negli anni Trenta, quando l’Unione Sovietica uccise poeti, romanzieri e altri rappresentanti del cosiddetto “Rinascimento fucilato”» e con l’eliminazione «di quattro milioni di persone attraverso una carestia progettata a tavolino», il famigerato Holodomor (1932-1933) su cui sono cominciate a uscire da pochi anni le prime testimonianze importanti e scientificamente attendibili, benché tutti gli ucraini sapessero da generazioni che cosa era effettivamente accaduto.

L’eliminazione di un modello culturale
L’arcivescovo è il capo della Chiesa martire per eccellenza, quella che venne “cancellata” in Ucraina sotto il governo comunista e i cui fedeli dovettero “nascondersi“ nelle chiese ortodosse, fino al 1989 e alla fine dell’Urss nel 1991. «L’attuale aggressione – scrive Sua Beatitudine – come le precedenti invasioni e persecuzioni, è stata motivata da una mentalità russa prima imperiale e poi totalitaria».
Grande è stata la responsabilità dei Paesi occidentali dopo la fine dell’Urss, secondo una Lettera del Sinodo dei vescovi greco-cattolici (trad. it. il Regno documenti, n. 5/2024): «Il grande errore del mondo libero dopo il crollo del blocco comunista è stato il fatto che dalla Russia post-sovietica, riconosciuta come legittima erede dell’Unione Sovietica, i paesi democratici non hanno preteso la piena condanna dei crimini del periodo comunista e non hanno fatto pressione ai nuovi governanti russi affinché garantissero la de-comunistizzazione e la purificazione del loro stato dalle conseguenze del totalitarismo».
Si è così arrivati alla celebre espressione di Putin, secondo il quale la fine dell’Unione Sovietica sarebbe stata “la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo”. Ma Sua Beatitudine va ancora più in profondità nell’analisi delle cause della guerra in corso. Il problema, afferma ripetutamente, riguarda l’eliminazione di un modello culturale e politico alternativo a quello del dispotismo russo. Quest’ultimo non è più il modello del marxismo leninismo di epoca sovietica, ma è una ideologia che prevede un ruolo decisivo da parte del Patriarcato di Mosca che ha conferito «all’ideologia del mondo russo uno spirito quasi religioso, raffigurando la Russia come l’ultimo baluardo del cristianesimo sulla terra, che si oppone alle forze del male» come scrive sempre il Sinodo dei vescovi greco-cattolici (il Regno documenti, n. 5/2024).
Questa ideologia del Mondo russo è stata analizzata dallo slavista Adriano Dell’Asta in un libro recente (La “Pace russa”. La teologia politica di Putin, Scholé 2023).
Una sfida al mondo civilizzato
Infine, Sua Beatitudine si sofferma sul tema della pace. «Nessuno vuole la pace più degli ucraini», ma la pace non è possibile «se una delle parti nega l’esistenza stessa dell’altra».
La pace, dunque, dovrà essere garantita «con il ripristino dei principi del diritto internazionale» perché non riguarda soltanto un conflitto regionale fra russi e ucraini. «Credo fermamente che questa guerra abbia un impatto su tutta l’umanità» ha scritto l’arcivescovo di Kiev, riprendendo le parole del Sinodo dei vescovi: «Iniziando una guerra ibrida contro l’Ucraina, la Russia ha sfidato, in verità, tutto il mondo civilizzato. Lo ha sconvolto così tanto che molte persone hanno smesso di distinguere verità e menzogna, e di conseguenza anche bene e male».
Forse questa domanda si rivolge a ciascuno di noi e ci chiede, molto semplicemente, che contributo stiamo portando per porre fine a questa aggressione e ristabilire la pace, perché quest’ultima non dipende soltanto dalla diplomazia dei “potenti”, ma anche dalla preghiera e dalle convinzioni dei semplici abitanti del mondo, soprattutto di quello ancora libero, dove le opinioni pubbliche contano.
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