Il “folle” compito di padre Olivier Maire, martire della carità

Di Emanuele Boffi
11 Agosto 2021
Diceva che «Dio non può essere felice senza di noi». Per questo si prodigava per gli altri, fino a quella che, agli occhi del mondo, è "imprudenza"

C’è qualcosa di profondamente inspiegabile nell’assassinio di padre Olivier Maire e non solo per i dati di cronaca, ancora in parte nebulosi e da confermare. Quel che sappiamo finora è che il sessantenne superiore provinciale della Congregazione dei missionari monfortani di Saint-Laurent-sur-Sèvre, in Vandea, è stato trovato morto l’altro giorno. Emmanuel Abayisenga, 40 anni, ruandese, malato psichiatrico, già colpevole di aver dato fuoco un anno fa alla cattedrale di Nantes, che era stato accolto da padre Olivier, ha confessato di essere lui l’assassino.

Pare l’abbia colpito alla testa. Solo pochi giorni fa padre Olivier l’aveva accompagnato ad una visita medica.

Profugo, folle, pregiudicato

A essere incomprensibile non è solo il male, ma anche il bene. Perché padre Olivier aveva aperto le porte di casa a Emmanuel? Non era già noto che egli fosse un folle? La sua mente squilibrata e i suoi atteggiamenti pericolosi erano conosciuti. E, allora, perché accettarlo, curarlo, seguirlo?

Ha scritto Marina Corradi su Avvenire: «Aveva 60 anni Olivier, i capelli grigi, dietro gli occhiali uno sguardo gentile. Era generoso e buono, confermano i suoi confratelli, e chi lo conosceva, e il suo vescovo. Anche il presidente Macron gli rende omaggio: a nome della Francia intera. Ma ad aprire la porta e ad aspettare a cena quel nero inseguito dai suoi fantasmi, quell’intoccabile, fino all’altro ieri c’era solo padre Olivier, con i suoi confratelli. Aveva messo in conto, il sacerdote, che la follia avesse la meglio, che l’ospite potesse rivoltarsi contro di lui? Probabilmente sì. Un missionario sessantenne non può essere ingenuo. Ma non aveva esitato. Profugo, folle, pregiudicato: per padre Olivier proprio quel volto evitato da tutti era il volto con cui Cristo gli si presentava. “Ha vissuto la sequela di Cristo fino alla fine, nell’accoglienza incondizionata di chiunque”, ha detto il presidente dei vescovi francesi, monsignor De Moulins-Beaufort».

«Non può essere felice senza di noi»

In una Francia dove di giorno in giorno cresce l’ostilità verso i cristiani, le chiese bruciano, i sacerdoti vengono uccisi mentre dicono Messa, padre Olivier aveva deciso di essere “imprudente”.

Non gli era capitato, lo aveva scelto: s’era messo il lupo in casa. Perché? Pare che durante un incontro internazionale di spiritualità monfortana avesse pronunciato queste parole: «La Sapienza Eterna e Incarnata ci chiama… Essa grida che non può essere felice senza di noi, che ci precede, che ci desidera e che non ha altra intenzione che di renderci felici. Essa non può essere felice senza di noi».

Martire della carità

Molte parole sono state spese in suo onore, ma le uniche che ci paiono conservare un senso che possa illuminare questa apparente mistero di sventata ospitalità sono quelle della sua diocesi: «Padre Olivier Maire è morto vittima della sua generosità, martire della carità».

Padre Oliveir sapeva che Dio non può essere felice senza di noi, per questo si prodigava per gli altri. Carità: non vi è altra spiegazione. Ciò che è folle imprudenza per il mondo, è compito per i cristiani.

Foto Ansa

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