
Il Welfare State ti lascia da solo. Perché recuperare la Big Society

Venerdì 16 settembre alla convention “Energie per l’Italia” organizzata da Stefano Parisi è stato trasmesso un contributo video che ha attirato la nostra attenzione. Si tratta di un’intervista a cura del blog Fumodilondra all’economista inglese Philip Booth. Qui di seguito riportiamo le sue parole.
«Negli ultimi cento anni lo Stato britannico ha sviluppato un imponente Stato sociale: la spesa sociale totale in Gran Bretagna è circa il 45 per cento del reddito totale. E una parte consistente di questa spesa è per funzioni sociali primarie come pensioni, salute, sistema scolastico e forme di integrazione del reddito. Questo sviluppo è relativamente recente, nel senso che fino a cento anni fa lo Stato non aveva questo tipo di preoccupazione verso il cittadino, non era il principale erogatore di servizi educativi e servizi sanitari, non il principale erogatore di aiuti finanziari per i bisognosi. Sotto molti aspetti quindi lo Stato ha assorbito funzioni che prima erano della società civile o della Chiesa: in passato la Chiesa era la principale fonte di servizi educativi e sanitari, e la famiglia, la rete allargata dei rapporti familiari e sociali, era la principale fonte di welfare.
In Gran Bretagna perciò, prima dello sviluppo del Welfare State, c’era una ricca rete, un ricco tessuto di istituzioni a cui la classe lavoratrice apparteneva e che interveniva in caso di bisogno, per esempio in caso di infortunio sul lavoro, o quando [le persone] perdevano il lavoro. Queste reti di aiuto, chiamate società di mutuo soccorso, avevano circa 7 milioni di membri, coprivano un enorme porzione dei lavoratori del tempo. Molte delle critiche che vengono fatte oggi al Welfare State riguardano il fatto che disincentivi il lavoro, richieda una pesante tassazione e disincentivi la formazione della famiglia, ma anche che sia burocratico, semplicemente eroghi alle persone un trasferimento di reddito, ma poi le lasci sole a risolvere il loro problema. Le persone restano intrappolate nella burocrazia e non riescono ad ottenere i servizi cui hanno diritto perché non c’è un’altra istituzione che li può aiutare, finiscono per dover contare sulla beneficenza o addirittura finire letteralmente sulla strada.
Le istituzioni alternative che esistevano prima del Welfare State erano le società di mutuo soccorso e altre istituzioni simili: erano istituzioni forti in termini di come costruivano la comunità. Le persone che, ad esempio, svolgevano la stessa occupazione o che vivevano in un certo luogo diventavano membri della società, pagavano il contributo, e la società forniva aiuto in caso di bisogno. Ma non solo aiuto monetario, che è il tipo di aiuto che si tende ad avere dal Welfare State: poteva anche essere aiuto per una ri-qualificazione per rimettersi in piedi e trovare un altro lavoro, eccetera. Le società di mutuo soccorso erano le istituzioni centrali attorno a cui si creavano legami di comunità.
Lo Stato sociale, al contrario, è una istituzione molto individualistica. In fondo lo Stato sociale dice: se hai abbastanza soldi non hai bisogno di aiuto, sopravvivi da solo, va bene. Invece se non hai abbastanza soldi allora eroghiamo un trasferimento di reddito, cosicché tu possa badare a te stesso, ti diamo quella quota di reddito, che sia il sussidio per il cibo, la casa, il vestiario e le tue necessità di vita. Bypassa completamente quella che era la grande rete delle vecchie istituzioni della società civile a cui la gente si rivolgeva in caso di bisogno, e bypassa anche la famiglia.
Ora il governo conservatore, a partire dal 2010, ha sviluppato la cosiddetta “politica della Big Society”, sperando di riportare in vita molte delle istituzioni che esistevano prima del Welfare State. Questa politica non ha avuto successo, ci sono stati alcuni progetti che hanno avuto un esito positivo limitato in alcune aree, ma in fondo niente è cambiato: lo Stato resta il principale erogatore di welfare, di servizi scolastici e sanitari, e non sembra che le cose possano cambiare a breve.
La cosa interessante è che, sotto molti punti di vista, questa politica del governo conservatore, o del governo di coalizione a partire dal 2010, si accordava con la dottrina sociale cattolica. Spesso si pensa che le Chiese e le persone religiose debbano credere in un grande Stato, grande abbastanza perché possa assistere e aiutare i poveri, uno Stato che imponga tasse ai ricchi per dare cure sanitarie e sistema di istruzione ai poveri. Non è quello che pensa la dottrina sociale cattolica. Ciò che la dottrina sociale cattolica propone è una società efficace attraverso cui le istituzioni, la famiglia, la Chiesa e altre, aiutino le persone in termini di bisogni. Non è affatto la stessa cosa che una grande burocrazia di Stato che tassa un gruppo di persone per provvedere un reddito ad un altro gruppo di persone».
Foto ufficio pubblico da Shutterstock
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4 commenti
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La Big Society implica una struttura di relazioni – che l’economista definisce “rete” – che tuttavia ne è la premessa indispensabile, non la conseguenza. La Big Society, nata nel medioevo sotto varie forme che in Italia hanno assunto per esempio la forma di Misericordie e Monti di Pietà, si regge sul concetto di società, cioè una comunità umana che condivide valori. E’ solo grazie al cristianesimo che è stata possibile in Europa la nascita di una Big Society, non sarà mai possibile ricostruire una dall’alto di una società individualistica: sarebbe la semplice sostituzione di una ideologia con un’altra. Siccome il Walfare così come e’ oggi ha i giorni contati, un itervento politico si renderà necessario, ma sarà ben diverso dall’ideale iniziale.
Perche’ questi di forzaitalianon parlano mai di liberalizzazioni delle professioni e dei settori del lavoro come la distribuzione? Sussidiarietà, ma senza servizi minimi per a sanzioni come con le autostrade vero amicone? In otto anni di governo dei tuoi amici Silvio Mauro omauriziodove sta la parità’ scolastica? Chi viene da forza Italia di liberale ha solo la retorica e di popolare solo gli spot televisivi.
La teoria della “big society” enunciata dai conservatori di Cameron è stata ,secondo la mia modesta opinione ovviamente, solo aria fritta.Lo Stato sociale è di per se una cosa buona,la sua degenerazione nel’assistenzialismo è negativa.Tra l’altro la ricostruzione del tessuto umano e sociale ,più che mai urgente in Europa,non vuol dire necessariamente smantellamento dello Stato sociale .Mettere un’argine all’invadenza dello Stato, ma frenare anche l’arroganza dei privati,è stato.detto.Ogni progetto sociopolitico che non ha come orizzonte la Carità e la Solidarietà diventa oppressivo , e questo vale per le socialdemocrazie nordiche ma anche per il liberal-liberismo che oggi fa tendenza,
Concordo su gran parte del post, ma non sul fatto che la Big Society sia stata solo aria fritta. Lo e’ stata, in gran parte, per quanto riguarda la retorica sui media, ma il forte afflusso di fondi dedicati alla Big Society ha fatto nascere un ricco substrato di intermediari specializzati nell’assegnare i fondi, e di impact investors, con conseguente esplosione di tentativi di progetti sociali di varia natura, sia charities che social enterprises. Chiaramente i meccanismi sono ancora ben lontani dall’essere efficienti, ma questa porzione del sistema economico-finanziario si e’ evoluta notevolmente in brevissimo tempo. Il che e’ un bene per l’iniziativa’ individuale e comunitaria con risvolti caritatevoli e solidaristici volta a ricostruire il tessuto sociale di cui si parla. Detto questo, la Gran Bretagna e’ in gran parte un deserto socio culturale, salvo le sacche di benessere elevato di certe parti di Londra e pochi altri luoghi. Non e’ che la Big Society o qualunque altro intervento statale possono – ne devono – fare magie.