Non crudeltà, ma atto pio e democratico. Così il jihad dà la morte ai down kamikaze

Di Tempi
07 Febbraio 2008

A torto l’utilizzo di due donne affette dalla sindrome di Down da parte di al Qaeda in Iraq per condurre gli attentati che hanno causato 98 morti e centinaia di feriti nei mercati di Baghdad è stato etichettato come un atto codardo di crudeltà primitiva. In realtà i terroristi jihadisti, non nuovi a queste pratiche, hanno dimostrato ancora una volta di essere uno dei tanti germogli storti sbocciati sul tronco della modernità. Hanno infatti interpretato in modo rigoroso e originale il dogma moderno dell’uguaglianza assoluta degli esseri umani, prodotto della riduzione ideologica di quell’universale che è l’uguale dignità di tutti gli uomini. Nell’Europa secolarizzata l’ideologia egualitarista rivendica il diritto al matrimonio, alle unioni equivalenti al matrimonio, al fare o adottare figli, ecc. per sposati e non sposati, single e coppie, omosessuali ed eterosessuali: similmente gli islamisti jhadisti rivendicano, in nome di un’uguaglianza allo stesso modo assoluta e astratta, il diritto per tutti di diventare shadid e quindi conquistare il paradiso dei martiri. Non crudeltà, ma atto pio e democratico al tempo stesso: questa è la visione del proprio agire che hanno i terroristi islamici. La spontanea reazione di orrore che ci prende di fronte all’accaduto discende dalle nostre radici romane e cristiane, che contemperano uguaglianza e diversità degli uomini perché non hanno ideologizzato l’universalità di ciò che è umano.
Così sul frontespizio dell’Osservatore Romano sta scritto unicuique suum, “a ciascuno il suo”, principio basilare del diritto romano che il cristianesimo ha inverato. E il sommo Dante ci ha mostrato come nemmeno nella beatitudine o nella dannazione eterne saremo identici. I moderni, secolaristi e jihadisti, queste cose non le sanno più.

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