Dopo la morte durante una gita scolastica a Milano del diciassettenne Elia Barbetti, Giorgio Rembado, presidente dell’associazione nazionale presidi, ha detto al quotidiano Repubblica che «questi viaggi hanno sempre meno senso. Nella nostra epoca, la mobilità degli studenti è molto più elevata di un tempo. Con biglietti agevolati, voli low cost e prezzi abbordabili ormai partono quasi tutti. Non è come un tempo in cui per molti ragazzi il viaggio d’istruzione costituiva un’occasione per uscire dal proprio contesto familiare». Qui di seguito pubblichiamo una lettera aperta che suor Miranda Moltedo, preside IC Paritario Marcelline Quadronno, Milano, ha voluto indirizzare a Rembado.
Caro Rembado, premesso che da una tragedia del genere qualunque scuola farebbe fatica a riprendersi, l’abolizione per legge dei “viaggi di studio” (la parola “gita” dovrebbe essere bandita dal vocabolario scolastico) di più giorni sancirebbe – a mio parere – il totale fallimento della Buona Scuola, presente e futura.
Significherebbe affermare che la Realtà e la Scuola viaggiano su due binari diversi e paralleli; significherebbe affermare che la Scuola deve diventare una monade autoreferenziale, una “macchina” per riempire i cervelli dei ragazzi con nozioni rigorosamente scelte e proiettate su LIM (quando va bene), o lette sui libri (nei contesti meno tecnologici). Il tutto nello spazio di pochi metri quadrati. Come i polli.
Abolire i viaggi di istruzione significherebbe affermare:
a) che i docenti non hanno più nulla da dire sul piano educativo e relazionale, in un contesto che non sia l’aula,
b) che si considerano utili ai fini didattici i viaggi familiari, cioè le “gite” (quando va bene; mica tutte le famiglie possono permettersele) natalizie, carnevalesche o estive,
c) che tutti i genitori – ammesso che viaggino e che si portino dietro i figli – sappiano spiegare nel modo dovuto e dal vivo i capolavori dell’arte, dell’architettura, della natura presenti in Italia e nel mondo.
Il problema è a monte e va analizzato. Sono più di trent’anni che organizzo e accompagno con i miei colleghi – tutti desiderosi di partecipare, ferme restando le esigenze di servizio a scuola – studenti dai 7 ai 19 anni in viaggio di studio, soprattutto in Italia. Naturalmente partecipano anche i poveri, quelli che possono pagare solo una piccola quota. La necessità aguzza l’ingegno e ci sforziamo di trovare i finanziamenti per questo investimento culturale. Il mio pallino (ma si può discutere) è che prima cerchiamo di far innamorare del loro Paese i nostri studenti; se c’è tempo, poi, andremo (o andranno per conto loro) a Praga. Dalla 3^ primaria alla 5^ secondaria di secondo grado ci sono 11 anni di studio e 11 occasioni di mete ad hoc per cogliere la bellezza dell’Italia.
Vorrei dirti quello che abbiamo raccolto, in questi anni: complimenti dai direttori degli hotel, dalle guide, dagli autisti dei pullman, dai gestori dei ristoranti, da semplici cittadini in giro per l’Italia. Solo questo. Puoi non crederci. Ma ti dico come siamo arrivati a questo.
Si comincia a 3 anni: a scuola con allegria ma con ordine. A tavola si sta civili e non ci si comporta come porcellini. Visita in cascina, nel dovuto modo, laboratorio sul formaggio: riflessione, osservazione, disegno quando si torna a casa. Ma naturalmente anche gioco e allegria dopo pranzo. Maestre sempre attente. Dato che siamo a Milano, nello scorso a.s., visita della Scuola dell’Infanzia al Duomo (con permesso speciale, data l’età…) e al Castello Sforzesco, inserite nel progetto didattico dell’anno su Expo: osservazione, spiegazione dei materiali, degli elementi artistici e architettonici, di tutto, nel dovuto modo e con il dovuto linguaggio. Disegno al rientro a scuola (in allegato alcuni prodotti dei bambini di 4 anni).
Si continua con lo stesso metodo alla primaria e per tutti gli altri Corsi, partendo dalla vita scolastica quotidiana: lavoro serio quotidiano, distensione nei momenti giusti, attività facoltative pomeridiane ad hoc e fatte bene, visite intelligenti e ben preparate a musei e monumenti della nostra città, visite di un giorno fuori città (ieri, ad es., siamo andati all’abbazia di Praglia e Vicenza con la sec. di I grado – un successone), attenzione alle problematiche dei singoli bambini, dialogo con le famiglie, spunti didattici intelligenti, contenuti solidi, inglese quanto basta e fatto bene, clima di attenzione, accoglienza, serenità e serietà. È lo standard per tutte le classi.
Da subito le famiglie sanno che dalla terza primaria iniziano anche i viaggi con qualche pernottamento: due-tre notti per iniziare, ma anche al liceo non si superano le 4 notti per opportuni motivi di budget. Naturalmente il viaggio si prepara dall’inizio dell’anno: dove si va, cosa si fa, come ci si comporta, che cosa si vede… e allora ci sta il ppt di spiegazione con tutto l’itinerario previsto, sia per gli alunni che per i genitori, i quali aspirerebbero… ma stiamo meglio – in viaggio con i bambini e ragazzi – senza di loro. Come sai, con i genitori, i bambini ne fanno da vendere; con le maestre e i prof. rigano diritto e si divertono pure!
Con questo sistema si procede alle Secondaria di I e II grado: se i ragazzi sono stati coltivati come si deve, se si è riusciti a infondere in loro un po’ di senso di responsabilità, di amore per il bello, di passione per le cose difficili e importanti, poi i risultati si vedono. Certo, dipende dalle classi: semplicemente, non si faranno viaggi di più giorni con classi (o alunni) poco affidabili. Patti chiari, amicizia lunga, anche con i ragazzi.
Quest’anno con la sec. di I grado andremo 5 giorni a Napoli e dintorni: un itinerario fittissimo e appassionante. L’annuncio già lo scorso anno. Quest’anno, deliberato all’unanimità dal CD, si procede, a tappe, con la preparazione, in modo giusto ed equilibrato. Così crei il desiderio, l’aspettativa culturale e relazionale. Certo, è un impegno, forse una fatica. Ma poi offri ai ragazzi – anche ai poveri, a quelli che mai farebbero l’escursione sul cratere del Vesuvio o al Cratere degli Astroni, o mai vedrebbero Napoli sotterranea, o il Cristo Velato – un’opportunità splendida di gustare la bellezza dell’arte, della natura, e quella di stare insieme in modo civile e simpatico.
E non pensare che siamo scuola per ricchi e che per questo i ragazzi sono civili. È tutto olio di gomito. Siamo pieni di BES e di DSA; abbiamo gli H, anche casi gravissimi; spesso le famiglie – come ben sai – sono assenti (anche se portano il pargolo a sciare)… è una battaglia, siamo in trincea. Allo stipendio che tu sai. Ma i complimenti e la meraviglia dell’umile autista del pullman, che apprezza di non dover ripulire il suo mezzo diventato porcile, perché i bambini e i ragazzi hanno avuto chiari ordini su come ci si comporta e condividono gli ordini ricevuti, sono impagabili. Questi sono frutti della Buona Scuola. Piccoli, ma utili alla società civile. A che serve che visitino la Cappella Sistina, se poi sono incivili in pullman?
Detto questo, caro Rembado, mi pare intelligente che i docenti non si muovano se non è stato fatto un percorso del tipo che ti ho detto. Chi ripaga il morto ai genitori? Quanti anni di psicoterapia per supportare i docenti accompagnatori? Anche come preside, se non avessi un corpo docenti formato e motivato, non mi muoverei. E, detto tra noi: era proprio necessario spendere soldi in pernottamenti per andare a Expo? Noi di Milano, obtorto collo, abbiamo dovuto andare. I genitori ci tenevano… e con 15 euro a testa ce la siamo cavata. Siamo sopravvissuti, con manipoli di 5 alunni per docente, e con gli occhi davanti e dietro… Organizzazione di Expo per le scuole pari a sottozero. Ma chi aveva la fortuna di abitare a centinaia di chilometri, doveva proprio rischiare? Non ne valeva la pena. Qui sì, bastava un ppt!
Con i più affettuosi saluti.
sr. Miranda Moltedo