Come è diventato cattolico Blair

Di Bottarelli Mauro
17 Gennaio 2008
Il decesso della madre, la comunione, la Messa domenicale, la moglie. Parla padre Timothy Russ, suo consigliere spirituale. «Vedrete, ci stupirà ancora»

Londra
Cadogan Street è la classica strada borghese del quartiere di Chelsea a Londra. Case vittoriane ben restaurate, a poca distanza il verde di Cadogan Gardens e le vie dello shopping, Sloane Street, Fulham Road e King’s Road. è il cuore della capitale inglese, il borough di Kensington and Chelsea, uno dei più conosciuti dai turisti anche per l’enorme quantità di alberghi che ogni giorno accolgono visitatori da tutto il mondo. A metà di Cadogan Street c’è la St. Mary’s Church, chiesa cattolica che la domenica ha il record di fedeli di tutta Londra: non esiste altro luogo di culto, nemmeno anglicano, che raccoglie tanta gente per la santa Messa. Padre Timothy Russ ci accoglie qui, tra la luce fioca delle candele e l’umido che trasuda dall’esterno, dove il sole del mattino ha lasciato spazio a gelidi scrosci di pioggia e a un buio anticipato.
Questa non è la sua parrocchia, è qui in visita per qualche giorno e si appoggia ai suoi confratelli della capitale. La sua diocesi è quella del Cuore Immacolato di Maria a Great Missendon, nella campagna inglese del Buckinghamshire: sembra di terminare in un quadro di Constable oppure nelle pagine di P. G. Wodehouse, ma quella piccola chiesa nel cuore dell’Inghilterra profonda, fedele e rurale è la più vicina a Chequers, la residenza di campagna di Tony Blair. E proprio lì, tra quei muri austeri, le candele a illuminare il buio e il conforto della preghiera a rinfrancare lo spirito, l’ex primo ministro britannico ha preso la decisione di convertirsi al cattolicesimo lo scorso Natale. Un percorso lungo e tormentato, per nulla facile nel paese dello scisma dove la legge impone che un premier – in quanto rappresentante della Regina e quindi del capo della Chiesa d’Inghilterra – non possa che essere protestante. Padre Timothy è stato a lungo il consigliere spirituale di Blair, si può dire che l’ha guidato nel cammino coronato nella scelta di convertirsi al cattolicesimo lo scorso dicembre in una cerimonia officiata a Westminster dal primate della Chiesa cattolica inglese, il cardinale Cormac Murphy-O’Connor.
Lui si schermisce e minimizza, obbligato dalla temperanza del carattere e dalla riservatezza della sua missione oltre che dall’argomento trattato. Soprattutto, lo difende dalle critiche feroci, ingenerose e spesso volgari piovutegli addosso dopo l’ufficializzazione della conversione: «Vorrei mettere la gente che ora è critica sull’avviso di aspettare qualche tempo e vedere con che uomo avranno a che fare e quanto potrà aiutare la nostra causa». Il riferimento non è tanto agli attacchi di alcuni deputati conservatori quanto a quelli avanzati da John Smeaton, direttore nazionale della “Società per la tutela del bambino non nato”, secondo il quale «durante la sua premiership Tony Blair è stato una dei maggiori architetti della cultura della morte promuovendo l’aborto, gli esperimenti sugli embrioni umani e l’eutanasia». Insomma, una chiara accusa di doppia morale che rischia di perseguitare a lungo l’ex inquilino del 10 di Downing Street. «La scelta di Tony Blair – prosegue padre Timothy Russ – è tutt’altro che affrettata o di comodo. Parlando con lui in questi lunghi mesi ho saputo che fin da bambino era stato cresciuto in base ai valori cristiani ma, fino al suo arrivo ad Oxford, questi non erano vissuti come un riferimento per la sua vita. Ciò che fece cambiare il suo mondo fu la conoscenza con un prete australiano che frequentava il suo stesso college e che gli fece ritrovare interesse per la religione. Tony mi disse che quell’incontro fece tornare il cristianesimo ad essere qualcosa di vivo nella sua esistenza, un qualcosa che riguardava l’intero mondo che gli stava attorno e non tanto una speciale relazione di amicizia con una remota presenza lassù. Cominciò a vedere la rilevanza sociale del cristianesimo, a capire il ruolo che questo giocava nel mondo. E, oltre all’incontro con quel giovane prete australiano, fu la morte della madre di Blair, Hazel, nel 1975, a ricondurlo verso la strada di una spiritualità fino ad allora scordata. Il rapporto con Cherie, sua moglie, ha fatto il resto».

Il desiderio e il percorso
I due, infatti, si sposarono nel marzo del 1980 con rito anglicano, ma la futura signora Blair stava già per convertirsi al cattolicesimo, o, come si dice da questa parti, era una “praticante”. «Già prima di diventare primo ministro nel 1997 Tony Blair partecipava alla santa Messa di rito cattolico. Nel 1996, quando era leader del partito laburista, fu duramente redarguito dall’allora arcivescovo di Canterbury, il cardinale Basil Hume, per il fatto che riceveva la comunione durante la Messa domenicale pur non essendo cattolico, una palese violazione del diritto canonico. Blair rimase attonito per quella reprimenda e forse anche questo lo spinse ad abbracciare definitivamente il cristianesimo durante gli anni di premiership a Downing Street. Prima seguiva la Messa serale del sabato alla cattedrale di Westminster ma poi, per ragioni di sicurezza, fu deciso che sarebbe stata celebrata una Messa privata a Downing Street o nella residenza dei Chequers. Dove ci incontrammo e cominciammo il percorso comune che lo ha portato a scegliere il cattolicesimo».

Cosa mi disse su Saddam
Qui, padre Timothy celebrava la Messa privata per tutta la famiglia Blair e fece conoscere all’allora primo ministro altri due sacerdoti rivelatisi fondamentali nel futuro spirituale dell’ex primo ministro, padre John Walsh, un cappellano della Raf – l’aeronautica militare britannica – e padre Mark O’Toole, segretario personale del cardinale. «Come primo ministro Tony Blair ha sempre utilizzato la religione come fondamento delle sue scelte. Vedeva il mondo diviso tra bene e male e questo spiega le decisioni che prese riguardo agli interventi militari e umanitari, al suo concetto di esportazione della democrazia, della libertà e dei diritti: fu così per la Sierra Leone, il Kosovo, lo sviluppo dell’Africa, l’opzione due popoli – due Stati per il Medio Oriente e la stessa guerra in Iraq. Sì, posso dirlo con certezza: Tony Blair prese quella difficile decisione – che di fatto accelerò il declino della sua carriera da primo ministro – basandosi sul suo credo religioso. Era certo che quella fosse la scelta giusta perché veniva da una forza e una convinzione superiore. Sarà il tempo a decidere se fu giusto o sbagliato, certamente fu una scelta fatta con la testa, ma anche con il cuore. Io posso solo dire cosa mi disse quando affrontammo il tema, il giorno precedente alle manifestazioni contro la guerra che si tennero a Londra e Glasgow. “Se anche saranno 500 mila per le strade saranno comunque sempre meno delle persone uccise da Saddam. Se saranno un milione saranno comunque meno di quelli morti a causa delle guerra che Saddam ha mosso. Liberare il mondo da Saddam è un atto di umanità, l’atto davvero inumano sarebbe lasciarlo al suo posto”». Parole di chi ha fatto una scelta, parole che risuonano ancora tra le mura della St. Mary’s Church: tutt’intorno, Londra.

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