Guarda che Martini non è dei nostri

Di Berlicche
31 Maggio 2007

Mio caro Malacoda, devi imparare una cosa, la critica deve indebolire l’avversario non fargli un monumento. Se tu attacchi gli argomenti di una persona devi dimostrare la loro inefficacia verso lo scopo che si prefiggono, a meno che tu non dichiari pubblicamente la tua contrarietà allo scopo. Ti faccio un esempio, un cristiano non può atttaccare il Papa perché vuole confermare i suoi fedeli nella fede in Gesù Cristo, può dire che la sua predicazione, il suo esempio, il suo magistero non sono adatti al compito che gli è stato affidato. Prendiamo il caso di Joseph Ratzinger, del suo libro su Gesù di Nazaret e dei critici che lui stesso ha invitato a venire allo scoperto. Ne scelgo uno, italiano, il professore Alberto Melloni. Se il professore Melloni dice che «nel Gesù di Ratzinger l’insieme dei testi e racconti ha un solo significato che è perfettamente coincidente con la fede come espressa dal Credo e come rappresentata dalla Chiesa», non si vede dove sia la critica e dove l’errore. Forse il professore Melloni vorrebbe un Papa che teorizzi un Gesù che non c’entra con la fede e che riformuli il Credo della Chiesa? Sarebbe meraviglioso, ma non sarebbe il Papa, non si parlerebbe più di cristianesimo cattolico. Per quanta apertura intellettuale si possa riconoscere a questo professore di teologia diventato Pontefice, non credo gli si possa chiedere di fondare il Mellonesimo Universale. Ma non contento di aver mancato il bersaglio, il professore Melloni va oltre, e dice che la prospettiva di questo Papa «scalza tutto il dinamismo di riforma che dal IV al XX secolo ha invece colto nell’oggi le rughe di una infedeltà dolorosa della Chiesa e nella riscoperta della verità evangelica la grazia per la riforma». Un uomo solo ferma un movimento che procede da diciassette secoli? E chi è, Mandrake? Così ne fate un gigante della storia! Ma non doveva essere un papato di transizione dopo il lungo regno wojtyliano?
Caro Malacoda, al professore consiglia più controllo, capisco il desiderio di ergersi a difensore dei nuovi perseguitati, quelle “generazioni di esegeti” che hanno sudato sul metodo storico-critico per spiegare che il Gesù dei Vangeli è un prodotto della fede e non della storia, ma dire che fare ricerca significa «assumersi un rischio che nella chiesa non è mai positivo» non è forse storicamente ingeneroso? Il professore faccia un giro tra le cattedre delle facoltà di teologia, tra quelle di storia della chiesa, di filosofia della religione, verifichi chi scrive di cose ecclesiastiche sul più grande giornale italiano. non si butti giù, forse in questi diciassette secoli qualche risultato l’hanno (l’abbiamo?) ottenuto. E soprattutto digli di non nascondersi dietro le sottane del cardinale Martini, sia fieramente laico. E accetti l’idea che, pur divertendosi a punzecchiare il Papa per alcune imprecisioni esegetiche, il cardinale Martini crede in Gesù Cristo, lo stesso in cui crede Joseph Ratzinger, e ama la chiesa, la stessa guidata da Ratzinger. Lascialo dire a me, che sono stato il suo tentatore: questi cattolici amano l’unità più di quanto noi amiamo la divisione.
Tuo affezionatissimo Berlicche

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