
Ce n’est qu’un debut
Parigi
Le elezioni legislative del 10 e 17 giugno saranno per il neogollista Nicolas Sarkozy, eletto il 6 maggio alla presidenza della Repubblica con il 53 per cento dei consensi, l’ultimo ostacolo da superare per poter avviare rapidamente il paese verso quel profondo rinnovamento di cui ha bisogno.
Già ora va comunque attribuito a Sarkozy un grande merito: ha saputo ricostruire e addirittura rifondare il pensiero politico della destra francese, dominata negli ultimi venticinque anni da uno Jacques Chirac certo abile nelle manovre politiche, utili a conquistare e mantenere il potere, ma rivelatosi incapace di assumere con coraggio delle scelte chiare che avrebbero potuto evitare al paese quindici anni di declino politico, sociale, economico e anche spirituale sempre più evidente. Come ha scritto Nicolas Sarkozy nel suo ultimo messaggio rivolto agli elettori e pubblicato sabato dal Figaro Magazine, una vittoria avrebbe come significato «la fine di un ciclo cominciato con il maggio ’68, quando si è proclamato che era vietato vietare, che non c’erano più regole, più norme, più buona educazione, che tutto si equivaleva, che non c’erano più gerarchie nei valori, che non c’era più differenza tra quello che è bene e quello che è male, tra quello che è grande e quello che è mediocre, che tutto era dovuto e niente doveva essere meritato. L’ideologia del maggio ’68 è il cittadino che non deve niente al suo paese, che non ha che dei diritti e nessun dovere. Questa ideologia ha fatto e continua a fare molto male alla Francia. I miei valori sono all’opposto. (…) L’idea di Francia per la quale mi batto, è una Francia dove si onorano i valori di rispetto, d’autorità, di merito. È una Francia dove la morale, il civismo, il patriottismo hanno di nuovo il diritto di essere presenti nel dibattito pubblico. È una Francia dove si smette di detestare la famiglia, il lavoro, il successo personale. (…) Dare un taglio all’eredità del maggio ’68 è forse la sola vera scelta di società che noi dobbiamo fare, tanto i valori, i princìpi del ’68 hanno impregnato la società, i modi di pensare, i comportamenti. È questa scelta che vi propongo di fare».
Ed è questo, in attesa di una conferma a giugno, che ha scelto domenica la maggioranza dei francesi. Il rinnovamento della destra, che grazie a Sarkozy sembra oramai assumere i propri valori senza complessi, tentennamenti tattici o “gauchismes” buoni solo ad intorbidire le acque, ha avuto un salutare effetto sullo sclerotizzato panorama politico francese. Nicolas Sarkozy è riuscito ad elaborare una dottrina e un progetto politico coerenti e ha messo in difficoltà la sinistra proprio là dove pensava di essere inattaccabile: la difesa degli umili. È Sarkozy ad avere per primo messo in evidenza, per esempio, che le principali vittime della delinquenza e della relativa inefficenza del sistema educativo sono i ceti più modesti, che vivono nei quartieri degradati perché non possono fare altrimenti e non hanno neppure la possibilità di mandare i loro figli in una scuola che non sia quella del quartiere in cui vivono. Sono sempre i ceti più modesti che hanno visto diminuire il proprio potere d’acquisto a causa della legge sulle 35 ore di lavoro settimanali, che certo permette di avere più tempo libero ma, di fatto, mette in difficoltà chi vive con uno stipendio modesto e avrebbe bisogno non di giorni di ferie supplementari ma di qualche centinaio di euro di più nel portafoglio. Per Sarkozy il lavoro non deve più essere considerato un’alienazione ma piuttosto un valore che, grazie allo sforzo e al merito personale, permette il progresso economico e sociale utile a tutti.
La stessa cosa vale per la sicurezza, che in alcuni quartieri è un diritto negato che per essere ripristinato esige certo una politica sociale più efficace ma anche la necessaria repressione della delinquenza. O ancora chi, se non i ceti più modesti, sia per la casa che per il lavoro si trova in concorrenza diretta con gli immigrati sia regolari sia clandestini? Per questo è nell’interesse dei più umili, ha sostenuto con qualche ragione Sarkozy, che bisogna prima meglio controllare e poi far diminuire il flusso migratorio, ora troppo massiccio e per questo portatore d’instabilità e di tensioni sociali. Tensioni che negli ultimi vent’anni hanno spinto una parte sempre più consistente dei francesi, di destra e di sinistra, a reagire votando per l’estrema destra xenofoba di Jean-Marie Le Pen, che non a caso nel primo turno di quest’elezione presidenziale è arrivato solamente al quarto posto, perdendo oltre un milione di elettori che hanno preferito dare fiducia al progetto politico di Sarkozy.
A monte le triangolazioni di Ségo
È così, con argomenti come questi, che il candidato neogollista ha saputo sedurre la maggioranza degli elettori e messo in difficoltà non solo l’estrema destra, come si è visto, ma anche la sinistra e in particolare i socialisti, che lo scorso novembre hanno designato come loro candidata Ségolène Royal perché, secondo i sondaggi, era la più popolare nell’elettorato di sinistra e la sola in grado di sostenere il confronto con Sarkozy in una competizione elettorale. Una popolarità che la Royal deve in gran parte a quelle che i politologi chiamano “triangolazioni” e che consistono nell’appropriazione di temi trattati abitualmente dai propri avversari politici.
Nel maggio dell’anno scorso infatti la Royal, abbandonando l’ortodossia ideologica del suo partito e attirandosi per questo le dure critiche di una parte dei dirigenti socialisti, aveva reagito ad alcuni episodi di violenza nelle banlieue dicendosi favorevole a misure più severe riservate ai delinquenti minorenni e alle loro famiglie. E la settimana successiva aveva osato criticare la legge sulle 35 ore dicendo, in sintesi, che era costata ai più poveri una diminuzione del loro potere d’acquisto. Una strategia di seduzione tutta personale, quella operata dalla Royal, che le ha permesso di ottenere il 47 per cento dei consensi al secondo turno della presidenziale senza però risolvere il problema del necessario rinnovamento ideologico del partito.
Come ha scritto lunedì il quotidiano di sinistra Libération, il «fallimento aritmetico è la conseguenza di una sconfitta culturale e di una mazzata ideologica. Nicolas Sarkozy ha trionfato nelle urne perché ha vinto nelle teste». Nelle prossime settimane si vedrà se a prevalere sarà chi tra i socialisti preferisce una decisa svolta a sinistra, come Laurent Fabius, o chi, come Dominique Strauss-Kahn e la stessa Royal, sembra invece disponibile ad allearsi con i centristi di François Bayrou che, dopo aver abbandonato la tradizionale unione con i neogollisti, rischiano altrimenti di essere spazzati via alle legislative.
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