Ratisbona? Lezione di reciprocità. Parola di Maneh, musulmana

Di Eid Camille
12 Ottobre 2006

Al Meeting di Rimini c’era quest’anno un ospite d’eccezione: Elham Maneh, una docente universitaria di origine yemenita che vive da anni a Zurigo. Maneh cura un “diario di una donna araba” sul sito liberale Middle East Transparent in cui propugna la sua lotta per l’emancipazione della donna musulmana e a favore dei diritti umani. Nell’ultimo suo intervento ha voluto commentare a modo suo le reazioni violente dei musulmani al discorso del Papa a Ratisbona. «All’inizio – scrive – questo discorso mi ha sorpreso, poi mi ha fatto arrabbiare, ma alla fine mi ha fatto riflettere». Per Maneh, «coloro che soffiano sul fuoco» si ostineranno a considerare le “scuse” del Papa insufficienti. «Questo discorso rappresenta ai loro occhi un dono del cielo per poter gridare: “guardate cosa ci combinano; noi siamo vittime; alla fine hanno tolto la maschera; offendono la nostra religione; lanciano contro di noi una nuova crociata!”». «E noi? Quante volte i nostri ulema hanno offeso la fede altrui? Quante volte i nostri sceicchi hanno definito i cristiani degli infedeli? Ditemi un po’, cosa succede a un musulmano se decide di convertirsi al cristianesimo? Cosa succede a una donna musulmana se esprime la volontà di sposarsi con un cristiano?». «Come possono questi ulema aspettarsi che gli altri rispettino la nostra fede quando loro non fanno altrettanto? Anzi, peggio ancora. Si scandalizzano quando qualcuno denuncia i massacri contro l’umanità nel Darfur. Non ho mai visto uno di loro chiedere alla gente di protestare contro l’assassinio di civili in questa regione, oppure di protestare contro la violazione dei diritti umani nei nostri paesi». «Noi soffriamo di una piaga: l’ipocrisia. Là. lontano. in Occidente. succede di tutto. sono pieni di difetti. E qui?».

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