
Clearstream, ovvero i furbetti dell’Etat
Parigi. Clearstream, l’affaire francese di tangenti e corruzioni che, a un anno dalle elezioni, doveva trascinare nel baratro dello scandalo Nicolas Sarkozy, ministro degli Interni e aspirante presidente del paese, nelle ultime settimane ha finito invece per mettere in grave difficoltà il diretto rivale di quest’ultimo, il primo ministro del governo Dominique de Villepin. E rischia di ripercuotersi negativamente sull’intera maggioranza. Tra il momento in cui sono cominciate le indagini sui presunti illeciti della società lussemburghese (Clearstream, appunto) e quello in cui i magistrati hanno ricevuto le carte che dimostrano l’infondatezza delle accuse a Sarkozy, sono passati quasi due anni. Un periodo in cui con tutta evidenza, dice a Tempi Christophe Barbier, direttore del servizio politico e vicecaporedattore del settimanale l’Express, «gli avversari di Nicolas Sarkozy hanno cercato di screditarlo».
Lei parla genericamente di “avversari di Sarkozy”, un termine che ormai perfino in Italia evoca ineluttabilmente il premier francese, in lizza per la successione a Chirac proprio in concorrenza con Sarkozy. Che ruolo ha giocato Dominique de Villepin?
Era sicuramente al corrente dell’indagine e, oltre ad approfittarne facendo il necessario perché se ne parlasse sui giornali, è probabilmente l’ispiratore di questa manipolazione.
Però Chirac, intento a difendere se stesso e il suo pupillo, de Villepin appunto, sostiene che tali accuse siano infondate, basate solo su “voci”.
Ci sono ben più che delle voci. Si sa che sia da ministro degli Esteri che da ministro degli Interni de Villepin ha insistito affinché quelle indagini venissero effettuate. Pur sapendo già dalla primavera del 2004 che le accuse (comprese quelle che chiamavano in causa Sarkozy) erano senza fondamento, non ha trasmesso i risultati delle indagini alla magistratura. Naturalmente va tenuto presente che, dal punto di vista giudiziario, niente è ancora sicuro. Le testimonianze registrate dai magistrati, come la deposizione del generale Rondot, teste chiave dell’inchiesta, o le note di quest’ultimo, acquisite durante le perquisizioni, potrebbero non essere veritiere. Altri testimoni saranno sentiti dagli inquirenti, che vogliono sapere chi ha falsificato le liste di nomi inviate ai magistrati che indagano sul giro di tangenti legato alla vendita delle fregate a Taiwan. I due principali indiziati, Imad Lahoud e Jean-Louis Gergorin, potrebbero decidersi a parlare, confessando magari che sono stati loro stessi a trafficare le liste. O indicando chi è all’origine del falso, e qual è stato il ruolo di de Villepin. Il primo ministro si è limitato a credere alla storia che gli veniva raccontata o ne è all’origine? Per ora non ci sono certezze. Peraltro pare che la prima lista inviata ai magistrati non contenesse il nome di Sarkozy, e che esso compaia solo in quelle successive, che potrebbero avere un’origine diversa. In ogni caso, le difficoltà per de Villepin non sono affatto finite.
Per sua fortuna, è il caso di dirlo, presto cominceranno i mondiali di calcio.
Beh, comunque non credo che un eventuale interrogatorio del premier passerebbe inosservato. D’altra parte però è possibile che i magistrati non trovino nulla da contestargli. In fin dei conti potrebbe non c’entrare nulla con le calunnie contro Sarkozy ed essersi limitato ad approfittare dell’opportunità per cercare di destabilizzare l’avversario. Un comportamento moralmente discutibile, certo, che però si deve annoverare fra le manovre politiche legittime.
Manovre legittime ma disastrose per l’immagine internazionale della Francia, anche perché non è il primo scandalo di questo tipo.
Certo, il caso è piuttosto negativo per l’immagine del paese. Ed è vero che nei partiti le rivalità interne tra le diverse fazioni hanno già fatto danni in passato. L’affaire Urba, all’inizio degli anni Novanta, nacque da una rivalità tutta interna alla sinistra che permise ai magistrati di mettere a nudo un sistema illegale di finanziamento del Partito socialista. Poi, nel 1993, fu proprio Sarkozy, allora ministro del Bilancio, a trasmettere ai magistrati i dossier fiscali che portarono allo scandalo delle case popolari di Parigi e per ben dieci anni misero in guai seri Jacques Chirac.
Secondo lei Sarkozy resta comunque il favorito per le presidenziali dell’anno prossimo oppure l’affaire Clearstream rischia di danneggiare anche lui?
Credo che in questi giorni sia in generale l’immagine della destra governativa a non uscirne bene. I suoi elettori possono avere l’impressione di una maggioranza più impegnata a farsi la guerra che a governare. Nonostante questo, per il momento Sarkozy esce rafforzato dalla crisi e, credo, a meno che non sia travolto da un autobus, alle presidenziali del 2007 sarà lui il candidato dell’Ump. Non c’è più nessuno a sbarrargli la strada: Chirac non si ripresenterà e de Villepin, il più temibile tra i suoi avversari, se si esclude il sostegno del presidente e di qualche fedelissimo, è solo. Non ha un partito né un “feudo” elettorale. Dopo la crisi delle banlieue, le rivolte contro la riforma del contratto di primo impiego e ora lo scandalo Clearstream, ha perso il sostegno popolare di cui godeva qualche mese fa. E se perdesse la poltrona di primo ministro, potrebbe anche scomparire dalla scena politica. Credo sia per questo che vuole rimanere al suo posto. La sua sola speranza è apparire come l’uomo che ha fatto diminuire la disoccupazione. Vedremo se ci riuscirà, ma per ora, sebbene in questi mesi un leggero calo dei senza lavoro sia stato registrato, il risultato non è soddisfacente. Perché quel calo si deve un po’ a misure contingenti, con prevalente utilizzo di risorse pubbliche, un po’ ad artifici statistici. Non a una riforma strutturale del mercato del lavoro.
E a sinistra, come prosegue la battaglia per la leadership?
Tra i socialisti, Ségolène Royal ha scelto d’imporsi direttamente all’opinione pubblica, praticamente al di fuori della struttura del partito. Per il momento la sua strategia funziona e i sondaggi le sono favorevoli, al punto che se le cose continuano così, a ottobre, alle primarie del partito, anche i socialisti che le si oppongono dovranno sceglierla come candidata presidente se vogliono avere una concreta possibilità di vittoria. Attualmente è l’unica che può vincere contro Sarkozy, o che comunque può perdere con onore: 51 a 49. In più, recentemente un sondaggio che chiedeva agli elettori socialisti quale fosse il loro candidato favorito metteva Ségolène da sola in testa con il 50 per cento delle preferenze. Il secondo avrebbe solo il 14 per cento dei consensi. Altri “candidati alla candidatura”, come Lionel Jospin, diversamente da lei hanno scelto una strategia diversa, con tempi più lunghi, perché non ha come obbiettivo l’opinione pubblica ma i militanti del partito, che poi sono quelli che sceglieranno il candidato. Di qui alle primarie socialiste, comunque, rimangono ancora quattro mesi. E nel frattempo potrebbe tranquillamente affermarsi un discorso centrato più sull’identità ideale e sulla necessità di dare fiducia a un candidato capace di sostenere un vero programma di sinistra. Vedremo chi la spunterà.
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