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Fotografia – Il mondo in cantiere negli scatti di Emil Otto Hoppé
Un ponte troppo grande e futuristico per le piccole case e le strade polverose di una Philadelphia del 1926, dove ancora circolano calessi trainati da cavalli. Irriconoscibile, nello stesso anno, la città di Los Angeles vista dall’alto: poche case, quasi a schiera, dominano i lunghi viali, che vedranno, non molto tempo dopo, le tenute dei miliardari innalzarsi come favolosi manieri. E’ ancora un immenso scheletro, nel 1928, la portaerei Graf Zeppelin, la nave di guerra della Marina tedesca che, commissionata per volere di Adolf Hitler, rimase alla fine non completata. E i gentiluomini del 1937 passeggiano ancora il cilindro per le strade di Londra, sembrano più vicini ai loro antenati dell’Ottocento con valletto al seguito, che a loro stessi, come sarebbero diventati una quindicina d’anni dopo, nei ruggenti anni Sessanta.
Sono i luoghi del cambiamento quelli che il fotografo Emil Otto Hoppé (1878 – 1972) immortala con la sua macchina fotografica tra il 1912 e il 1937, vagando per i cantieri industriali del mondo, intuendo che la tecnologia industriale contemporanea stesse spalancando la porta ad una nuova era. Che d’altronde è quella in cui adesso viviamo. Sono duecento gli scatti dell’artista che possiamo ammirare al MAST di Bologna all’interno della retrospettiva Emil Otto Hoppé: Il Segreto svelato, che resterà aperta fino al 3 maggio 2015. Sebbene il nome apparentemente possa non dirci molto, Hoppé è stato uno dei principali fotografi del suo tempo, famoso per le immagini di paesaggio e di viaggio, e per la sua passione di raccontare la grandiosità dei siti industriale del mondo occidentalizzato. Nel corso della retrospettiva, oltre agli scatti industriali, è possibile prender confidenza con altri temi trattati dall’artista: dai ritratti di personaggi famosi, ai nudi, dalle tipologie umane.
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