RICETTA PER IL LAVORO STABILE

Di Giorgio Vittadini
07 Ottobre 2004
La recente protesta dei Cobas dell’Alfa Romeo, indirizzata al sindaco di Milano Albertini e al presidente della Regione Lombardia Formigoni

La recente protesta dei Cobas dell’Alfa Romeo, indirizzata al sindaco di Milano Albertini e al presidente della Regione Lombardia Formigoni, avrebbe dovuto essere rivolta all’ex presidente dell’Iri Prodi, colpevole della scellerata scelta, deprecata anche dal presidente della Fiat Montezemolo, di regalare l’Alfa Romeo alla Fiat. Un caso? No, un metodo: spesso le crisi occupazionali italiane sono conseguenze di scelte sconsiderate di politica industriale, vedi le crisi della chimica, della petrolchimica, della siderurgia, dell’alimentare, dell’Alitalia…
Parlare quindi del mondo del lavoro senza considerare che la politica del lavoro è legata alla politica industriale, è puro pietismo laico. Bisogna invece domandarsi cosa possa favorire lo sviluppo del sistema industriale e dell’impresa e lavorare per poter creare una piena e stabile occupazione.
Per ciò che concerne il mercato del lavoro è quindi da considerarsi irresponsabile chi pretenda condizioni di lavoro troppo onerose per il sistema: le 35 ore, gli stipendi eccessivi dell’Alitalia, la scala mobile fermata solo dal referendum propugnato da Craxi, un sistema pensionistico pieno di sprechi, finanziamenti a pioggia e clientelari…
In controtendenza, allora, occorre fare politiche del lavoro e industriali sussidiarie che abbandonino l’uomo astratto per supportare il percorso del singolo uomo e della singola azienda.
Se si vuole difendere il lavoro stabile sono necessarie scelte chiare, selettive e meritocratiche: investire grandi risorse per aiutare chi vuole studiare veramente, incentivare chi assume sopprimendo imposte assurde come l’Irap, detassare e sostenere la piccola impresa innovativa, oggi penalizzata da tutti.
Rispetto alle vituperate forme di lavoro flessibile occorre smettere di parlare a vanvera. Il 70% dei contratti di lavoro interinale, se durano più di 6 mesi, divengono contratti a tempo indeterminato. Un “percorso” quindi può diventare un “posto” se è supportato da un adeguato sistema dell’istruzione, da agenzie pubbliche, da realtà imprenditoriali e sindacali, da nuovi soggetti sociali non clientelari che facciano vera formazione professionale, che favoriscano l’incontro tra chi cerca lavoro e chi lo offre, che tutelino il lavoro atipico e non solo quello fisso.
Una libera scelta dei lavoratori tra agenti diversi che erogano servizi per il lavoro in concorrenza virtuosa, una mobilità guidata, flessibile e attenta alle caratteristiche del singolo, rapidi mutamenti a fronte di cambiamenti richiesti dalle condizioni di lavoro, non sono scelte liberiste, ma sono necessità razionali perché si sviluppi una piena occupazione in un rinato sviluppo.
(Terza parte – Fine)

*Presidente Fondazione per la Sussidiarietà

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