
Un po’ Medusa, un po’ Fandango
Ricetta per un cocktail di sicuro effetto: prendi un’indole anarchica da cineasta indipendente, mescola con spirito post-sessantottino, aggiungi un pizzico di berlusconismo commerciale, agita bene il tutto nello shaker e poi dai fuoco con un po’ di ideologia no global. Et voilà, il cocktail Fandango è servito. Il barman è Domenico Procacci, padre-padrone della più attiva e poliedrica realtà del panorama cinematografico italiano. E soprattutto novello maître à penser della cosiddetta cultura “antagonista”.
L’uomo Fandango
Classe 1960, capello lungo e brizzolato, sorriso piacente: Domenico Procacci ha creato il caso più singolare dell’industria culturale nostrana degli ultimi dieci anni. Produttrice e distributrice di film, da poco casa editrice ed etichetta discografica, la Fandango sarà prossimamente anche radio. La storia inizia quando il ventenne Domenico, originario di Bari, si trasferisce a Roma per frequentare i corsi della scuola cinematografica Gaumont. Lui è bravo a trovare i soldi per fare i film degli amici, e così si improvvisa produttore. Un ruolo che gli sta a pennello. Nel 1989 crea la Fandango e l’anno seguente produce La stazione di Sergio Rubini. La svolta arriva nel 1998, quando lancia il rocker Ligabue alla regia del campione d’incassi Radiofreccia e produce il primo film di Gabriele Muccino, Ecco fatto, che non incassa tanto ma segna l’avvio di un sodalizio fortunato. Infatti nel 2001 la ditta Procacci-Muccino sforna L’ultimo bacio, che conquista spettatori e critica. Sta qui il segreto della Fandango: combinare film di qualità e incassi al botteghino. Una formula che non disdegna scelte commerciali da far storcere il naso alla sinistra benpensante. Un po’ di tempo fa il ricco accordo con la berlusconiana Medusa per la distribuzione dei film è valso a Procacci una stilettata dall’Unità, che l’ha accusato di essere un “prestanome”. Risultato? Lui s’infuria, la critica lo difende e il giorno dopo l’Unità ammorbidisce i toni. Incidente diplomatico chiuso. Del resto, il matrimonio con la Medusa non impedisce a Procacci di strizzare l’occhio alla concorrenza. Per esempio collaborando con 01, la distribuzione cinematografica targata Rai.
Meyssan, la fanzina di Procacci
Sebbene offuscata, Procacci conserva tuttavia l’aura di produttore indipendente. Tanto indipendente che non prende neanche i soldi del finanziamento pubblico. Un po’ perché le commissioni ministeriali lo snobbano, un po’ perché preferisce fare le cose da solo. A volte esagerando. Benigni recita per due ore Dante alla televisione? Bazzecole! Lui ha proposto nel suo Politecnico 72 ore di lettura pubblica di Infinite Jest, romanzo di 1.500 pagine dell’americano David Foster Wallace, edito, naturalmente, dalla Fandango Libri. Scelte folli oppure originali? Sta di fatto che si alternano ad altre assai più scontate. Come la pubblicazione dell’Incredibile menzogna, pseudo-inchiesta giornalistica del francese Thierry Meyssan sugli avvenimenti dell’11 settembre 2001. Un mix tra una ricostruzione (fantasiosa) secondo cui nessun aereo si sarebbe schiantato sul Pentagono e la teoria (classica) del complotto americano (secondo Meyssan è un missile della “Cia deviata” che ha distrutto il Pentagono e le Torri Gemelle sono state sì abbattute da Bin Laden, ma per ordine di Bush; si noti che Meyssan, che è un assiduo frequentatore di ambienti antisemiti di destra e di sinistra, è anche un convinto assertore che l’Opus Dei sia una copertura di servizi segreti). Il libro, duramente stroncato dai giornali francesi, è diventato un best seller oltralpe e poi in Italia (grazie a Fandango e ai suoi gentili sponsor, dal predicatore di sinistra Beppe Grillo ai neofascisti anti Usa), con oltre 50mila copie vendute (nel settembre 2002 è stato per una settimana il libro più venduto in Italia nella sezione saggistica, sic!). E così, proprio in questi giorni, in contemporanea all’uscita in Italia (con l’introduzione di Lucia Annun-ziata e per i tipi di Guerini&Associati, non certo sospetto di filoamericanismo, essendo lo stesso editore di Gino Strada e Giulietto Chiesa) de “Il complotto”, libro-inchiesta di due giornalisti francesi che smonta pezzo per pezzo il delirio Meyssan (vedi qui la recensione del comunista serio Adolfo Scalpelli), la Fandango lancia Pentagate, il sequel del delirante pamphlet meyssaniano. Forse il genio di Procacci è un po’ anche questo: saper conciliare strategie di marketing alla Berlusconi con ideologie vecchie e nuove che nel globalizzato mondo dei no global fanno facilmente logo e, soprattutto, money.
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