Black hawk down

Di Simone Fortunato
14 Febbraio 2002
di R. Scott con J. Hartnett, T. Sizemore

di R. Scott con J. Hartnett,

T. Sizemore

Nel 1993 ai Rangers americani in servizio in Somalia viene affidata una missione molto rischiosa.

È San Valentino, regalatevi un bagno di sangue. Scena 1: appena iniziata la missione, un Ranger viene ferito da una granata che gli tronca di netto la mano. Senza batter ciglio, si rialza e se la mette in tasca (la mano). Scena 2: una mina sventra in due un soldato americano: si inquadrano budella e interiora. Scena 3: una raffica di proiettili investe l’autista di una camionetta. Vetri, sangue e piaghe negli occhi del poveraccio. Scena 4: un uomo ferito senza più la pancia viene soccorso da due suoi compagni: gli annodano le arterie sotto il tessuto pelvico perché si fermi l’emorragia. Il tutto inquadrato sin nel vaso sanguigno minimo. È morale uno sguardo del genere sull’uomo e sulla sua sofferenza? No. La guerra è una porcheria, ma per raccontarla non è necessario mostrare tutto, membra e corpi straziati, sin nei minimi dettagli, alla stregua di un film pornografico. In un mondo sempre più morbosamente attratto dall’immagine, che si rispettino almeno i due momenti in cui il Mistero si fa incandescente nella vita dell’uomo: la nascita e la morte. Ma se anche grandi registi (come Scott) razzolano nella melma, chi ci salverà?

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