
L’imprevedibile corso della storia
La storia non ha leggi, e tantomeno un senso. Da quando gli intellettuali europei, a partire dal diciottesimo secolo, hanno incominciato a negare che la vita umana avesse un fine nell’aldilà, hanno incominciato a cercarne uno nell’aldiquà. Il paradiso, espulso dai cieli, è stato trasferito sulla terra, e collocato al termine di un cammino di cui le tappe si delineavano certe ed evidenti: «gli storici – con le loro accurate e razionali (per quanto non sempre ragionevoli) ricostruzioni che sembravano scientifiche mentre erano soltanto delle “profezie post eventum” – gestivano da maestri l’aurea regola del post hoc, ergo propter hoc per dimostrarci che tutti i conti tornavano» e che tutto accadeva ineluttabilmente secondo le ferree leggi di una necessità implacabile.
Non è così. «L’albero delle storie, col suo solido e dritto tronco di certezze e di fatti avvenuti e verificabili non esiste. Ogni possibile che si avvera è l’esito di scelte, di casi e di scarti. Ogni fatto, ogni gesto, ogni parola può causare esiti e risultati infiniti, a loro volta suscettibili di moltiplicarsi senza numero». Così i saggi raccolti nel libro, composti in tempi e circostanze disparate, «hanno lo scopo di evidenziare che historia facit saltus». Vagabondando amabilmente nel tempo e nello spazio, dal misterioso Kafiristan dell’epoca di Alessandro Magno alla Dallas di John Kennedy, dai porti del Mediterraneo ai vicoli e alle chiese della sua amata Firenze, Cardini mostra come gli unici, veri signori della storia siano il caso, l’imprevisto, l’imponderabile.
Agli storici il compito di seguirne le tortuosità, di esplorarne gli anfratti, di svelarne i capricci. Ma anche di rintracciare nessi, individuare permanenze, ricostruire trame e rapporti. Abbandonata ogni pretesa di esaustività, rimane però il gusto di fare un po’ di ordine nel caos. Perché «la storia non ha senso: però forse ha ritmi, pulsazioni, curve di livello. Ha stile».
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