
Perché difendete ancora l’inferno terrestre?
Fra Adolf Hitler e Josef Vissarionivic Dzugasvili detto Stalin c’è una differenza incolmabile che, alla faccia dei revisonisti, li rende irriducibili l’uno all’altro. I baffi, acconciati in modo assolutamente diverso. In tutto il resto, infatti, erano perfettamente identici. Parola di Vladimir Bogdanovic Rezun, nato nel 1947 in Unione Sovietica, laureato alla Scuola Militare Superiore di Kiev, allievo dell’Accademia Diplomatica Militare di Mosca e dal 1970 — all’età di 23 anni — agente del GRU, i servizi segreti militari sovietici su cui l’opera forse più completa l’ha pubblicata il sovietologo francese Pierre Faillant de Villemarest assieme a Clifford A. Kiracoff con il titolo GRU, le plus secrèt des services soviétiques. 1918-1988 (Stock, Parigi 1988). Rezun lavora per il GRU a Ginevra dal 1974 al 1978 e da lì, in quello stesso anno, ripara in Gran Bretagna come rifugiato politico. Mosca lo condanna a morte e né Mikhail S. Gorbacev, né Boris N. Eltsin, né Vladimir Putin hanno mai firmato revoche o grazie. Da allora si chiama Viktor Suvorov (in omaggio al generale Aleksandr Vassilievic Suvorov, conte di Russia e del Sacro Romano Impero, che nel 1799 liberò Milano alla testa di truppe austro-russe, sconfiggendo i franco-giacobini invasori), e vive e lavora in località segrete. Rezun-Suvorov ha al proprio attivo diversi libri di denuncia del totalitarismo comunista o di argomenti militari, di cui è grande esperto. In Italia esce ora con Stalin, Hitler. La rivoluzione bolscevica mondiale, edito a Milano da Spirali e arricchito da una prefazione di Vladimir Buskovskij, il grande indagatore degli archivi segreti di Mosca.
Stalin voleva tutta l’Europa, Hitler lo ha battuto sul tempo
L’edizione originale dell’opera è del 1993 (Vittorio Strada ne parlò sul Corriere della Sera del 22 ottobre di quell’anno, registrandolo come il maggior successo editoriale russo del tempo) e s’intitola Il rompighiaccio: ovvero, Hitler usato da Stalin come grimaldello per divellere l’Europa (mentre l’America guarda inane) e poi chiudere il cerchio marciando trionfale sulle macerie. Il sottotitolo, Chi ha cominciato la seconda guerra mondiale?, contiene già la risposta. L’URSS. Perché si preparava a invadere la Germania; perché il Terzo Reich l’ha sconfitta solo sul filo di lana; perché tutto sommato è Mosca ad aver profittato di più dal secondo conflitto mondiale — così suggerisce un articolo di Ralph Zuljan (Allied or Soviet Victory in Europe?, del 12 luglio 1998), direttore di un sito Internet dedicato agli studi sulla guerra 1939-1945 pubblicato dalla “comunità di editoria virtuale” Suite101.com —; perché Stalin ha favorito i nazisti sino alla rottura del patto di non aggressione Molotov-Von Ribbentrop (stipulato fra Mosca e Berlino nel 1939), infranto da Hitler con l’invasione dell’URSS — l’“Operazione Barbarossa” — il 22 giugno 1941. Tesi rivoluzionarie, nel senso copernicano dell’espressione, che fanno inorridire più di un commentatore. Per Aurelio Lepre (Il Mattino del 10 novembre scorso) sono solo sciocchezze e delusioni, mentre per Indro Montanelli (Corriere della Sera del 7) vanno “oltre la portata […] del comune buon senso”. La storia è per natura e definizione semper reformanda, ma i casi di Ernst Nolte e del conte anglo-russo Nikolai Dmitrevic Tolstoy Miloslavsky (discendente del famosissimo Lev) mostrano quanto caro costi cozzare contro certi muri di gomma. Basta allora anzitutto registrare che se la verità (storica) rende liberi, evidentemente la libertà (di parola, di pensiero, di analisi e di scrittura) ha prezzi che, al di là delle belle parole, pochissime anime (quelle belle mai) sono disposti a pagare. Poi che (consolantemente) alcune recensioni italiane del “caso Suvorov” sono in realtà veri e propri contributi scientifici alla comprensione: quelle di Enzo Bettiza su La Stampa del 29 ottobre) e di Massimo Caprara su il Giornale del 6 novembre, per esempio, più le notevolissime anticipazioni di Lia Wainstein su La Stampa addirittura del 1° aprile 1986 e di Vittoria Strada sul Corriere della Sera del 10 agosto 1996, il quale introdusse e tradusse un documento pubblicato con due titoli inequivocabili. Cioè, Stalin: si sbranino pure, poi arriveremo noi ed È interesse dell’Urss che scoppi la guerra fra il Reich e gli anglo-francesi. “La tesi centrale del mio libro è che, fino all’Operazione Barbarossa, Hitler e Stalin erano percepiti diversamente da come ci s’immagina: il primo l’uomo nero, il secondo la sua povera vittima. Erano invece visti come due uomini perfettamente uguali”. Così l’ex agente del GRU. Tempi lo intervista.
Qualche esempio, Mr. Suvorov?…
Ho pubblicato una carta geografica militare tedesca del 1941. Riporta la situazione al 21 giugno 1941, vigilia esatta dell’attacco del Reich. Evidenzia lo schieramento frontale e speculare di Wehrmacht e Armata Rossa. Le fortificazioni della difesa staliniana sono diversi chilometri dietro le truppe sovietiche e contano pochi effettivi. Entrambi gli eserciti possono, in punti diversi, accerchiare e sfondare le linee avversarie. Berlino e Mosca vogliono la stessa cosa: attaccare. L’equipaggiamento bellico sovietico è pensato per l’assalto: i carri armati hanno cannoni a gittata corta, sono leggeri e quindi veloci, possiedono grande capacità di autonomia energetica e possono facilmente disfarsi dei cingoli per correre su ruote da strada a 150 km/h, una velocità ancora oggi straordinaria. Ma in URSS non c’erano autostrade. In Germania sì. Nel mio libro pubblico anche foto di carri armati “alati”, destinati al territorio nemico… Tutta la tecnica staliniana ricalca quella dell’Orda d’Oro di Gengis Khan, lanciata verso l’Occidente…
Per questo il primo attacco di Hitler infligge pesanti perdite all’URSS?
Certo. È difficile credere alla tesi dell’impreparazione di Mosca. I sovietici pensavano solo a una guerra diversa. D’attacco, non di difesa. Peraltro, sulla mappa tedesca che ho citato non figurano le sette armate mossesi da Oriente per raggiungere i confini occidentali. Il Reich non sa che stanno arrivando su lunghi convogli ferroviari. Bombardando i binari, i tedeschi mettono in crisi i nemici che ancora stanno perfezionando l’attacco. Nel luglio 1941, i nazisti catturano il figlio di Stalin, comandante di batteria. Questi imputa il maldestro comportamento dell’Armata Rossa alla mancanza di carte topografiche dei territori russi: non servivano a truppe destinate alla Germania. Di fronte all’avanzata della Wehrmacht, i soldati sovietici lasciano sul terreno circa 4 milioni di mappe stampate nel marzo 1941: raffigurano la Germania, la Cecoslovacchia, l’Austria, persino la Francia. Niente URSS. Ribadisco: attacco, non difesa. Per trenta centesimi di dollaro ho acquistato, solo pochi anni fa, in un mercatino delle pulci di New York, un manuale di conversazione russo-tedesco stampato a Mosca il 29 maggio 1941 (ne esistono pure, per un totale di 6 milioni di esemplari, una seconda edizione datata “Leningrado 5 giugno” e una terza marcata “Minsk 7 giugno”). Le truppe sovietiche lo tenevano negli stivali. Riporta frasi fatte in russo e in cirillico, le traduzioni tedesche in cirillico e poi le stesse in caratteri latini. Qualche esempio? “Che città è questa?”, “Smetti di trasmettere o sparo!”. Testi inutili a un esercito di difesa.
Quando l’URSS aveva intenzione di attaccare il Reich?
Il 6 luglio 1941. Hitler precede Stalin solo di un paio di settimane.
E come ci riesce? Intuizioni, segnali, intercettazioni?…
Hitler era un cannibale, ma questo non significa che Stalin fosse un vegetariano. Erano due banditi animati da scopi identici. Lager contro GuLag per conquistare l’Europa e creare un nuovo ordine possibilmente mondiale. Mentire sulle loro vere intenzioni serve solo se si vuole imporre uno come migliore dell’altro … Inizialmente Stalin progettava l’invasione per il 1942, ma il crollo repentino della Francia lo spinse a stringere. Una guerra limitata alle sole Germania e Gran Bretagna poteva comportare una rapida conclusione. All’URSS tornava invece comodo il proseguio del conflitto. Una pace fra Churchill e Hitler l’avrebbe privata dell’aura di alleato della democrazia occidentale contro il “nazifascismo”. Berlino doveva distruggere l’Europa. Solo così Stalin poteva poi impadronirsene.
Una tesi davvero “scorretta”…
Stalin “coltiva” Hitler addirittura dagli anni Venti e Trenta. Perché, se no, i tank tedeschi venivano costruiti a Leningrado? E i chimici che hanno fabbricato lo “Zyklon B”, il micidiale gas tossico usato nei campi di sterminio tedeschi, educati in URSS? O i quadri della Wehrmacht addestrati a Saratov? Quando gli hitleriani restano senza carburante sulla strada verso la Francia, è Stalin il benzinaio. E l’assedio di Varsavia è solo uno spartimento fra URSS e Reich: gli USA stanno a guardare e la resistenza patriottica polacca — quella dell’AK, l’“Armata segreta”— viene schiacciata nel silenzio. Questi sono fatti. Nelle elezioni tedesche del 1932, quando l’unione fra comunisti e socialdemocratici potrebbe battere Hitler, sostanzialmente Stalin ordina ai comunisti tedeschi di appoggiare i nazisti. E, alla fine, cui prodest l’inferno della seconda guerra mondiale?
Nessuna reazione statunitense?
Stalin temeva l’intervento angloamericano, ma sperava di dissimulare le proprie vere intenzioni. Gli USA gli credono, e in poco tempo il “piccolo padre” conquista tutta l’Europa dell’Est e mezza Asia. Gli Stati Uniti hanno agito in maniera soft prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale. Il presidente Franklin Delano Roosevelt era letteralmente succube di Stalin. Affascinato, stregato. È chiarissimo fino a Jalta compresa.
Mi scusi, ma sembra assurdo. Per quale motivo avrebbe dovuto comportarsi così?
Mi rivolge una domanda curiosa. Sbagliando indirizzo. Stavo di là, sono stato sovietico, me ne sono disgustato e ho cambiato vita. La sua domanda va posta in Occidente, agli occidentali. Per me è assolutamente incomprensibile, irrazionale…
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