
Portare i pesi gli uni degli altri (invidiosi)
Secondo San Tommaso l’invidia consiste nel rattristarsi del bene altrui ed è peccato mortale perché genera altri peccati tra i quali l’odio e la mormorazione. Ma è anche favorita da quelle visioni politiche che non vedono di buon occhio una società civile autonoma che fa non in quanto sottomessa alla politica ma in quanto capace di rispondere autonomamente ai bisogni che sorgono nella società stessa: bisogni di assistenza agli anziani, di ricerca del lavoro per i giovani, di fornitura dei beni essenziali ai più poveri, di formazione. E’ strettamente legata allo statalismo e al dirigismo. Molti politici identificano, infatti, questo moltiplicarsi di attività autonome con una diminuzione del proprio potere e del proprio ruolo nella società. E allora pensano di dover limitare queste attività, naturalmente dicendo di volerle sostenere, e insinuare il dubbio che sotto questo attivismo ci sia qualcosa di losco. Mormorare, appunto (…). Ma così facendo, alla fine, la società non cresce e se cresce lo fa con tantissima difficoltà e con un enorme spreco di energia. Non è un caso che l’ispiratore dei fondatori della Compagnia delle Opere, don Luigi Giussani, da sempre teorizza la necessità di uno Stato laico, non confessionale, che riconosca, nella società, la vita e le opere delle varie realtà singole e associate che originano da convinzioni etiche profonde e producono opere per tutti. Il bene non si fa colonizzando lo Stato o estendendo il suo potere sulla società, ma facendo sì che lo Stato riconosca, faciliti e promuova la vita di coloro che, a vario titolo e convinzione, nella società, si sforzano di rispondere ai bisogni di coloro che a essi sono vicini. Senza mormorazioni e, se possibile, senza invidia.
Paolo Del Debbio, “L’invidia sociale”, da Il Giornale di domenica 12 novembre 2000
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