
Scuola, il danno e la beffa
La legge sulla parità da poco approvata in Senato semplicemente non è una legge di parità. È vero che per la prima volta una legge dello Stato italiano riconosce il principio che all’istruzione dei cittadini concorrono tanto la scuola statale quanto quella non statale, ma nel momento in cui introduce il concetto di “scuole paritarie”, il legislatore si dispone ad affossarle. Il previsto contributo di 500mila lire per il diritto allo studio a tutte le famiglie (indipendentemente dalla scuola frequentata dai figli) con reddito inferiore ai 30 milioni, non permetterà loro di scegliere liberamente la scuola. E di fatto il sostegno andrà ad esclusivo beneficio di famiglie di scuola statale. Ma oltre alla beffa, il danno. A fronte di questo irrisorio beneficio, le scuole dovranno, per esempio, avere tutti gli insegnanti forniti di abilitazione. Nonostante oggi molti insegnanti statali ne siano sprovvisti. Ancora: le scuole paritarie dovranno avere tutti i corsi completi, e non singole classi. Basta che un anno si verifichi un calo di iscrizioni e addio parità. Dovranno accogliere senza restrizione i portatori di handicap con costi, per gli insegnanti di sostegno e gli specialisti, particolarmente gravosi: chi li garantirà? Il Ministro Berlinguer aveva a lungo fatto sperare in una legge che riconoscesse, dal punto di vista normativo ed economico, il ruolo della scuola libera. Alla resa dei conti, la normativa approvata dà ragione a quanti hanno osservato che ancora una volta questo Governo si mostra nemico del popolo. I ricchi possono scegliersi senza problemi la scuola che vogliono, ed i poveri dovranno continuare ad accontentarsi di quel che passa lo Stato. Non si tratta di difendere dei privilegi, ma i diritti dei cittadini, la sopravvivenza di un patrimonio incalcolabile di esperienze educative e la qualità dell’intero sistema scolastico italiano. Certo, se la legge dovesse essere approvata alla Camera così com’è, sarebbe la fine di ogni speranza di vedere realizzata in Italia un minimo di libertà di educazione. Confidiamo però che almeno qualche deputato del centro possa ricordarsi che un pilastro della Dottrina sociale della Chiesa è il principio di sussidiarietà. Il quale afferma che lo Stato non deve sostituirsi ai cittadini in ciò che essi possono compiere con la loro libera iniziativa, ma deve appoggiarne e valorizzarne l’azione.
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