Articolo tratto dal settimanale Tempi in edicola (qui la pagina degli abbonamenti) – Dopo l’approvazione del divorzio breve è arrivata alla Camera la proposta di legge sugli accordi prematrimoniali. In sostanza, prima di arrivare all’altare o dal sindaco si concorda come dividersi “la roba” in caso di divorzio. L’amore va e viene, almeno cerchiamo di non litigare. È un altro passo verso la riduzione a patti dei rapporti umani. In un mondo popolato da estranei, pare che il modo più civile per interloquire col prossimo sia quello della constatazione amichevole, come per i sinistri automobilistici.
Mi è tornato in mente cosa disse Benedetto XVI a una coppia di fidanzati durante la “Giornata della famiglia” a Bresso nel 2012. A quelli, che gli chiedevano come fosse possibile oggi amarsi «per sempre», Ratzinger ricordò che la Chiesa non chiede agli sposi «sei innamorato?», ma «vuoi?», «sei deciso?». Alla base di un matrimonio non c’è un sentimento volatile, ma una decisione presa davanti a Dio e a tutti: «Sì, questa è la mia vita». Benedetto paragonò l’innamoramento al vino servito alle nozze di Cana: «È bellissimo, ma non dura fino alla fine: deve venire un secondo vino, cioè deve fermentare e crescere, maturare». E perché ciò possa avvenire è «importante che l’io non sia isolato, ma che sia coinvolta anche la comunità della parrocchia, la Chiesa, gli amici».
Che è anche un bel suggerimento ai cattolici: non propinateci corsi fidanzati come fossero la versione clericale degli accordi prematrimoniali. Edificate la Chiesa, la comunità degli amici.
Foto Benedetto XVI da Shutterstock