Domenica papa Francesco proclamerà santi i suoi predecessori Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, e “il mondo” si prepara all’evento con il dovuto malanimo, accreditando il sospetto che dietro l’inaudita doppia canonizzazione si nasconda chissà quale calcolo “politico”, quando non sostenendo addirittura che la Chiesa dovrebbe ricredersi.
MENO POLITICA. Per esempio Vito Mancuso, il teologo di Repubblica, in un commento pubblicato oggi in prima pagina sul quotidiano romano scrive che «la politica ha sempre giocato un grande ruolo nella storia della Chiesa alla prese con la dichiarazione della santità dei suoi figli migliori. Nel bene e nel male». E tra i casi in cui è stato utilizzato questo criterio politico – «nel male», ovviamente – lo studioso cita proprio «la canonizzazione da parte del papato di propri esponenti, compresa (…) la canonizzazione parallela di domenica prossima di due papi tanto diversi». E scatta la domanda retorica: «Aveva del tutto torto il cardinal Martini a essere contrario alla canonizzazione dei papi recenti?».
PIÙ SPIRITO DI PROFEZIA. Secondo Mancuso, evidentemente, Martini non aveva affatto torto, e infatti il teologo di Repubblica aggiunge che l’istituto della santità «andrebbe governato con maggiore spirito di profezia». Ma cosa significherebbe per la Chiesa essere profetica piuttosto che politica nella scelta dei propri santi? Mancuso non lo spiega dettagliatamente, però semina un paio di indizi nel suo commento: «La politica ecclesiastica – scrive – non si esprime solo sulle canonizzazioni in positivo, ma anche su quelle in negativo, sull’esclusione cioè di chi meriterebbe di essere riconosciuto santo ma non lo diviene», come per esempio monsignor Oscar Romero, del quale Mancuso ricorda in particolare «la difesa dei diritti dei poveri», e monsignor Helder Camara, il vescovo brasiliano «famoso per la sua lotta a favore degli ultimi».
QUEI NUVOLONI SCURI. Anche per Maureen Dowd, columnist del New York Times, la doppia canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II è in realtà «un atto di bilanciamento politico». Lo ha scritto in un commento apparso il 22 marzo, utilizzando le parole del «noted religion writer» Kenneth Briggs. E a cosa servirebbe questa decisione politica, secondo Briggs e Dowd? Ma naturalmente a riequilibrare con un papa «buono», «libero e limpido» l’altro papa, quello cattivo, il cui pontificato al contrario è oscurato da «nuvoloni». Il riferimento, per chi non lo avesse capito, è allo scandalo dei preti pedofili e alle presunte coperture garantite loro dal Vaticano negli anni di Wojtyla.
«NON È UN SANTO». Giovanni Paolo II «non è un santo», predica senza imbarazzo la giornalista americana. «È meraviglioso che abbia detto alle altre società, quella comunista e quella capitalista, di pentirsi. Ma è tragico che non abbia mai corretto gli errori della sua stessa società, sulla quale egli aveva potere assoluto». E ancora: «Doveva fare qualcosa, invece di fare lo struzzo giramondo»; «Poteva riparare l’onta dilagante e non ha fatto nulla»; «Sarà pure una personalità rivoluzionaria nella storia della Chiesa, ma un uomo che davanti a una crisi morale si è voltato dall’altra parte non può essere descritto come un santo».
LA MORALE NON-POLITICA. Ora, anche senza entrare nel merito delle colpe ingiustamente imputate a Giovanni Paolo II sulla pedofilia (colpe che del resto la stessa Dowd si limita a elencare senza preoccuparsi di dimostrare alcunché), la morale di queste lezioncine è chiara. La Chiesa ha un’unica strada per non essere sospettata di fare scelte politiche: lasciare che a nominare i suoi santi siano i Vito Mancuso e le Maureen Dowd di turno. I quali, al contrario dei papi, non si lasciano mai guidare dal calcolo o dall’ideologia quando parlano di queste cose. Lo dimostra Mancuso rivendicando canonizzazioni “dal basso” per i due monsignori più strapazzati e strumentalizzati da una certa parte della stampa politicamente molto orientata. E lo conferma Maureen Dowd paragonando la parabola del «non santo» Wojtyla, il grande papa amico dei pedofili, a quella di Lyndon Johnson, il presidente americano eroe dei diritti civili che però «non sarà mai secolarmente canonizzato a causa della guerra in Vietnam». Va bè.