Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Ammiro profondamente il cuore dell’esortazione apostolica di papa Francesco su famiglia e matrimonio. Sin dal titolo, bellissimo: La letizia dell’amore. Finalmente, per spiegarla a Boris che si lascia intortare dai giornali, l’ho letta tutta. C’è una proposta magnifica di vita fatta di tenerezza, perdono reciproco, nessuno è escluso. Non esiste nessuna condizione umana che non sia guardata da Gesù Cristo con occhi di misericordia e perdono. Persino quella di Boris, che da ortodosso moscovita ha una vita incline alla bisboccia e alle ballerine.
Chi non ha bisogno di perdono?
Eppure esiste un problema. Il Papa sin dall’inizio si è posta la domanda di come comunicare la verità misericordiosa del Vangelo rendendola attrattiva per chi si è allontanato o non si è mai avvicinato perché sentiva lontano dai suoi bisogni e dalla sua vita complicata l’annuncio del Vangelo, ammuffito nelle vecchie formule e precetti.
Buonasera, buongiorno, buon pranzo. Non è questo ovviamente il centro del messaggio e della rivoluzione di Francesco. Ma questi saluti hanno l’intenzione di mostrare il volto quotidiano di Gesù che si siede a tavola con chiunque, specie coi peccatori.
Però in questi giorni un maestro di comunicazione come il Papa, profondamente impegnato a mostrare la misericordia che c’è negli occhi del Nazareno, è stato equivocato e nel cerchio bergogliano (nessuno è immune da apostoli che non capiscono, neanche Gesù a suo tempo, persino dopo la resurrezione) si è fatta prevalere l’idea di un moralismo di manica larga non solo verso i peccatori ma verso il peccato che quasi quasi in materia di sesso e rapporti affettivi non esiste più.
Tu hai lasciato tua moglie e ti sei risposato? Dalla lettura che appare nei titoli di giornali e quotidiani, la risposta che fornisce la Chiesa a questa condizione è che in fin dei conti la questione è che ciascuno ha le sue brave ragioni, e alla fin fine l’ostia consacrata arriva, come una sorta di patente sociale di accettabilità.
Ma è questo il bisogno profondo del nostro tempo e di noi tutti poveri peccatori? Essere accettati senza inginocchiarci e riconoscerci mendicanti di perdono e amore? Tutti! Nessuno è puro e innocente. Ma questo non comporta che tutto è uguale a tutto, che una pittura di grigio rende uguale tutti i gatti.
Invece l’esortazione del Papa è apparsa, nella lettura dei grandi giornali, il trionfo del tutto è uguale.
Si sostituisce al moralismo asfissiante della Chiesa beghina e arcigna che dice sempre no, un moralismo di manica larga che considera sciocchezze e comunque sempre in fondo giustificabili i peccati di sesso e trasforma Gesù in un sentimentale con i criteri del Costanzo Show (“l’amore non è mai peccato”).
Se si banalizza il peccato si finisce per banalizzare i peccatori (tra cui, modestamente, il sottoscritto) e si toglie bellezza e drammaticità alla misericordia. Le lacrime di Maddalena che con esse, insieme a un costoso profumo, lava i piedi di Cristo forse a questo punto non sarebbero state necessarie, non sono quelli i peccati, direbbe Giuda, ma non aver usato i soldi spesi per il nardo, essenza orientale carissima acquistata con i proventi della prostituzione, per darli ai poveri.
In conclusione? Viva il Papa, abbasso i bergogliani.
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