Zanetti (Segafredo): Se in Italia c’è mancanza di liquidità ben vengano i capitali stranieri. «Dov’è il problema?»

Di Matteo Rigamonti
28 Settembre 2013
«Anche io ho comprato aziende all'estero, come qui in Italia stranieri sono venuti a comprarne». Intervista al presidente della multinazionale italiana del caffè

Se in Italia c’è «mancanza di liquidità» ben vengano i capitali stranieri. Oltretutto siamo in «Europa» e qui «nemici» non ci sono. A parlare dei casi Telecom e Alitalia è Massimo Zanetti, presidente di Segafredo, italianissima multinazionale del caffè. Se per Zanetti, infatti, il «nostro modo di fare grande impresa», un modo «da sempre colluso al mondo delle grandi banche e della finanza», ha dimostrato tutta la sua inconsistenza, e lo Stato non ha più come un tempo il potere di intervenire per colmare la differenza di «competitività» che c’è tra noi e tutti gli altri Paesi, alle imprese e alle società non resta che un’unica soluzione: quella di «integrarsi». Sempre che il loro obiettivo sia quello di competere sui mercati globali e non accontentarsi di nicchie.

CAMBIA SE IL PRESIDENTE È FRANCESE O SPAGNOLO? È ciò che ha fatto, per esempio, un’azienda come Loro Piana con Louis Vittuon, spiega a tempi.it Zanetti. «A me non interessa che il presidente si chiami Bernanrd Arnault e che sia un francese». È stata la scelta migliore per crescere e fare un salto altrimenti impossibile. Ugualmente «se Alitalia dovesse finire in mano ai francesi di Air France, francamente non vedo dove sia il problema. Siamo in Europa e i francesi non sono nemici, come non lo è la Spagna». «Anche io ho comprato aziende all’estero, come qui in Italia stranieri sono venuti a comprarne. Dov’è il problema?».

PURCHE’ NON SI GIOCHI CON LE BANCHE. A preoccupare Zanetti, più della cessione di Alitalia a Air France, è la trattativa tra Telefonica e Telecom. In particolare perché, da imprenditore, fatica a comprendere come possa «un’azienda che ha debiti per 28 miliardi di euro (Telecom) essere salvata da una che ne ha almeno 45» sulle spalle già di suo (Telefonica). Anzi, un’ipotesi con cui leggere questa operazione – che non stenta a definire come un «aborto» – Zanetti ce l’avrebbe eccome: «Forse, più della logica di mercato, ne stanno seguendo una di bilancio; ingigantire il debito fino a 60/70 miliardi per poi poter trattare con le banche». Ma in questo caso il condizionale è d’obbligo.

IL RUOLO DELLO STATO. Per il patron di Segafredo il vero problema di fondo non è l’italianità di Telecom, quanto piuttosto il fatto che, «se la società è di interesse pubblico» (perché le comunicazioni sono un prodotto diverso dagli alimentati o dalle calzature), «lo Stato dovrebbe intervenire ponendo almeno dei paletti, delle regole». Dovrebbe quantomeno «metterci un occhio».

@rigaz1

Articoli correlati

3 commenti

  1. Cisco

    Sono d’accordo, e infatti Berlusconi che ha fatto campagna elettorale su Alitalia ha sbagliato: ci ha fatto spendere cinque miliardi di euro per mantenere una baracca che perde migliaia di euro al giorno e che non ha alcuna strategia. Se i passeggeri ci sono – e ci sono – anche Air France ha interesse a investire. Diverso il caso di Telecom, ma è da anni che si parla dello scorporo della rete: non era meglio farlo prima di privatizzare?

  2. francesco taddei

    cambia che con i francesi roma diventerà uno scalo di parigi. fanno l’interesse nazionale. loro.

  3. giuliano

    ben vengano i capitali stranieri ?? con le tasse al 70% ?? con la guardia di finanza tutti i giorni in ufficio ?? con i PM pronti ad aprire fascicoli sul tuo operato ?? con i sindacati pronti a mobilitare contri i tuoi operai se non assumi quelli della FIOM oppure se il capitale investe su una acciaieria con ciminiere ??
    Ma statevene alla larga da questo paese, altrimenti vi faranno fare la fine di Craxi e Berlusconi. Lasciate che questo paese vada in malora poiché è il suo fine naturale, dal momento che più di metà della gente vota a sinistra, dandosi cioè la zappa sui piedi

I commenti sono chiusi.