
Lo scorso 27 luglio, la testata argentina Clarin ha pubblicato una lunga intervista a papa Francesco, nella quale Bergoglio ha ricordato un episodio importante per la sua sua formazione umana. Mostrando una medaglietta del Sacro cuore che ancora oggi porta al collo, il Papa ha confidato: «Appartiene a una signora che aiutava mia mamma a lavare i panni con la tavola, a mano, quando ancora non c’era la lavatrice. Era una donna siciliana vedova, emigrata in Argentina con due figli dopo che suo marito era morto in guerra. Arrivò con pochissimo denaro, ma lavorò e riuscì a sostenere la propria famiglia. Io avevo circa dieci anni, poi i miei genitori si trasferirono e io smisi di vederla. Passò molto tempo e un giorno tornò a salutarci per San Michele, quando ero già sacerdote. Dopo la persi di vista, però continuai a chiedere la grazia di poterla incontrare nuovamente, perché mentre era impegnata a lavare ci insegnava moltissime cose. Con le sue espressioni a metà tra l’italiano e lo spagnolo, ci parlava della guerra, di come si coltivavano i campi in Sicilia. Alla fine l’ho rincontrata, aveva già più di 80 anni, e l’ho seguita per dieci anni, fino alla sua morte. Un giorno si tolse questa medaglia e mi disse: “Voglio che la porti al collo lei”. Tutte le notti, quando me la tolgo, la bacio. E tutte le mattine, quando la indosso, mi torna in mente l’immagine di quella donna. Nessuno la conosceva, si chiamava Concepción Maria Minuto. Morì felice, con un sorriso, con la dignità di chi ha lavorato».
Leggendo quelle parole, un uomo, nella sua casa a Catania, ha avuto un tuffo al cuore. Ha preso carta e penna e ha contatto un giornalista del quotidiano La Sicilia, Mario Barresi per raccontare la sua storia: «Quella donna è mia zia» racconta oggi anche a tempi.it l’ex ufficiale di marina mercantile Pippo Minuto.
Cos’è successo quando ha letto l’intervista e le parole di papa Francesco?
L’articolo me lo ha portato un pomeriggio un mio nipotino, proprio mentre con una mia sorella stavamo guardando una vecchia scatola di ricordi di mio padre. E proprio lì c’erano delle lettere della sorella di mio padre. Che si chiamava Maria Concepción Minuto e viveva a Buenos Aires.
Lei è sicuro che si tratti proprio della stessa persona che ha conosciuto il Papa?
Non sono sicuro che sia la stessa persona, però mi pare difficile che ci sia un’altra famiglia Minuto che abbia altri elementi probanti come quelli che ho ritrovato. In tutto il mondo ci sono 54 famiglie con il nostro cognome, e nessuna finora ha fatto sapere nulla: diciamo che al momento mi pare estremamente probabile si tratti della stessa persona.
Quali sono le prove che l’hanno convinta?
Nelle due storie, quella raccontata dal Papa e quella di mia zia, ci sono date che coincidono. Bergoglio ha conosciuto la tata-lavandaia quando aveva circa dieci anni, cioè intorno al 1946. Mia sorella, che ha ricordi più limpidi, mi ha confermato che anche la nostra Concepción lavorava come lavandaia in Argentina alla fine degli anni ’40. Inoltre, proprio come la donna di cui parla il Papa, Concepción Minuto era vedova di guerra e aveva due figli.
Cos’altro sa di questa donna?
La famiglia di mio nonno era emigrata in Argentina alla fine dell’800, e lì aveva avuto una discreta fortuna, arrivando ad avere una fazenda. Ricordo che quando ero piccolo mio nonno mi diceva che la fazenda era così grande che per girarla ci voleva un giorno a cavallo. Poi però dev’essere stata più forte per la famiglia Minuto la nostalgia della Sicilia. Conserviamo ancora infatti un foglio di imbarco. Nel biglietto della compagnia Navigazione generale italiana del 24 marzo 1919, per un viaggio da Buenos Aires a Genova, si leggono anche le date di nascita di tutti i figli di mio nonno. Oltre a mio padre, nato in Argentina nel 1912, c’era anche Maria Concepción, nata nel 1914 e altri due figli: viaggiarono in terza classe, per 23 giorni. Concepción si era poi sposata qui in Sicilia, ma è rimasta vedova nella Seconda guerra mondiale. Mia zia allora decise di tornare in Argentina con un’altra sorella, Giuseppina, la più piccola. Le avrebbe seguite anche mio padre, che conservava una grandissima nostalgia per l’Argentina. Ma mio padre aveva riportato delle ferite in guerra, e così rimase a Catania. Coinciderebbe un altro particolare che il Papa ha ricordato.
Quale?
In una delle lettere che Concepción inviò dall’Argentina, racconta ad un certo punto di aver incontrato Evìta Peron per avere un sussidio per mandare i figli a studiare in collegio, dato che lei non poteva mantenerli. Era molto povera, ma molto dignitosa: e questo è stato l’aspetto che aveva colpito anche papa Francesco della sua tata. Il Papa ricorda che la donna raccontava della vita nei campi in Sicilia: anche mia zia aveva conosciuto la vita di una Sicilia ancora agricola, e poi l’orrore della guerra mondiale. Inoltre posso forse immaginare come mai il Papa l’abbia persa di vista per molti anni.
Cioè?
Concepción tornò in Italia nel 1978 per cercare una migliore sistemazione: era l’epoca dei desaparecidos, e lei era spaventata dal clima rovente dell’Argentina. Fu allora che la conobbi personalmente. Ricordo che l’ho portata in gita a Taormina e lì scattammo alcune foto: conserviamo ancora quelle polaroid, che ora potrebbero essere la prova del nove, perché il Papa potrebbe riconoscerla. Io sono un ufficiale di marina mercantile, nel corso della mia carriera sono stato molte volte a Buenos Aires e lo raccontai a mia zia. Mio padre non mi aveva mai dato il suo indirizzo, perciò non avevo mai potuta visitarla prima. Quel giorno lei mi disse che ero passata da casa sua tante volte. Ho ancora l’indirizzo che usava nelle sue lettere. Viveva in Calle Lucarra 3700, Villa Salvati Pubellon. Anche questo può essere un indizio. Rimase in Italia due anni, però non si è trovata molto bene ed è tornata in Argentina. Sicuramente potrebbe coincidere con il periodo in cui il Papa l’ha rincontrata in età ormai avanzata. Mia zia è poi morta a 90 anni a Buenos Aires, nel 1994.
Dal punto di vista umano, ricorda qualcosa di sua zia che possa farla avvicinare alla persona descritta dal Papa?
Anche mia zia era una donna dignitosa, forte, e penso che dal punto di vista umano possa essere lei. Purtroppo le lettere che ha inviato a mio padre, da cui poter ricostruire la sua personalità in modo più certo, si sono sbiadite a causa del tempo. Però mi piacerebbe lanciare un appello. Posso?
Prego.
Se i suoi figli, i miei cugini in Argentina, ci leggono, ci contattino (alla mail [email protected]). Noi vorremmo incontrarli. Non ho assolutamente mai conosciuto purtroppo i figli di Maria Concepción. Mi piacerebbe potesse accadere.