L’antidoto che serve per rispondere alla bugia disincarnata dell’utero in affitto
Venerdì 25 novembre nella sala del Consiglio comunale di Todi si è svolto un incontro dal titolo “Le mille facce della violenza sulle donne”, realizzato in collaborazione con l’associazione culturale Esserci e Tempi. Accolta dall’assessore alle Politiche sociali Alessia Marta e dall’assessore alle Pari opportunità Raffaella Pagliochini, è stata la giornalista Monica Ricci Sargentini a entrare nel merito di un tema complesso e fin troppo carico di retorica.
La violenza sulle donne non è solo femminicidio
In veste di moderatrice ho invitato la Ricci Sargentini a documentare le forme di violenza di cui è oggetto il mondo femminile ben oltre il doloroso tema dei femminicidi. La sua grande esperienza ha squadernato un orizzonte ampio e cupo: la prostituzione, l’utero in affitto, la logica del profitto dietro la fluidità di genere, l’alienazione parentale, il caso Saman, le spose bambine, l’infibulazione.
Ho elencato la varietà dei temi trattati perché in coda all’incontro abbiamo assistito a un fatto rivelatore. La platea era costituita da studenti di quinta superiore. Hanno partecipato alla discussione facendo molte domande, dato assai notevole. Il loro fervore si è progressivamente concentrato su uno e un solo argomento: le ragazze che con vigore si sono confrontate con la Ricci Sargentini hanno difeso a più riprese l’idea che l’utero in affitto sia una pratica buona e giusta che aiuta chi non può avere figli, in particolare le coppie omosessuali.
Quei ragazzi infiammati in difesa dell’utero in affitto
Riporto alcune argomentazioni. «La grande maggioranza delle donne che diventa madre surrogata lo fa liberamente ed è felice di aiutare». «Sono una studentessa di scienze umane, quindi so che il bambino appena nato non ha nessuna forma di coscienza e consapevolezza e non subisce traumi quando viene staccato dalla madre». Il giorno successivo il dibattito è proseguito in modo molto più infuocato sui profili social della Ricci Sargentini.
Ecco. Il punto non è tanto tornare a tirar fuori tutta la letteratura (di cui è pieno anche l’archivio di Tempi) sulla grave forma di violenza e sfruttamento che è la surrogazione della maternità. Partiamo dal dato: ragazze di quinta superiore che a fronte di tanti racconti di violenza su donne e giovani come loro si sono sentite pervase dal bisogno accalorato di difendere la pratica dell’utero in affitto in un modo che neutralizza l’umanità di un neonato e di una donna – oggetto riproduttivo. Ma perché tanto calore per questo tema? Non è una questione che tocca neanche lontanamente la loro quotidianità. Eppure le ho guardate negli occhi: infiammate in una lettura netta, decisa e a senso unico sul diritto di una coppia omosessuale ad avere un figlio.
Famiglie e scuola, presìdi sguarniti
C’è un’evidente spinta a monte ed è un sottofondo ammiccante e suadente quanto l’attuale tormentone di Tiziano Ferro che ci inonda della commozione e gioia che lo ha reso papà, tacendo la realtà di “come” quei figli sono nati. Più in generale: lì dove i giovani stanno di più – la comunicazione social disincarnata, emotiva, veloce, cattura viscere – c’è un presidio vincente nella narrazione di certi temi che li ha attratti e persuasi. Contemporaneamente altri presìdi sono forse più sguarniti.
La famiglia è ancora un luogo in cui si parla coi figli di relazioni umane, nascita, legami? Mentre la ragazza argomentava le sue verità sul neonato come oggetto indifferente alle presenze, mi sono chiesta se a lei fosse mai stata raccontata la sua nascita da sua madre. E la scuola che occasione educativa è? Quantomeno strano è stato notare che un’insegnante presente richiamasse la Ricci Sargentini sull’importanza di lasciare esprimere liberamente le opinioni nei dibatti. Come a dire: applaudiamo i ragazzi che parlano, non è necessario accompagnarli a un giudizio approfondito.
La confusione tra dato di realtà e opinione
A 18 anni il cuore ha una capacità dilatativa enorme: anche inconsapevolmente, i ragazzi non aspettano altro che spendersi per qualcosa, di investire le loro energie in pieno ribollimento. E il surrogato di una ricerca di senso è l’infiammarsi per una causa. Però l’ampiezza dell’ardore giovanile è direttamente proporzionale alla vulnerabilità di essere manipolati.
Lascia l’amaro in bocca vedere questo sbilanciamento in una ragazza, una premura che si concentra su racconto ideologico che è riuscito a creare totale empatia con il desiderio genitoriale di una coppia omossessuale e a toglierle lo stupore ben più entusiasmante per il mistero che è l’attaccamento di un neonato alla madre. Che è riuscito a bloccare la mossa dell’immedesimazione: sono stata io quel neonato, potrei essere io la ragazza il cui utero è oggetto di uso e sotto contratto.
Ancora più sconcertante è rendersi conto che il dato di realtà sia considerato uguale a un’opinione.
Il vero antidoto alla manipolazione
Monica Ricci Sargentini ha replicato alle ragazze raccontando una sua esperienza diretta nelle cliniche della maternità surrogata negli Stati Uniti. La sua testimonianza – esperienza reale – è stata trattata al pari dell’opinione di chi la contestava. Siamo un tempo capace di screditare un reduce di guerra usando pareri maturati a suon di post trovati su Facebook o video di TikTok.
A maggior ragione l’antidoto deve essere opposto al veleno.
Questa permeante nuvola ideologica (l’utero in affitto è solo un caso) non si contrasta solo a suon di discussioni, da cui certo non ci si sottrae. Ma ogni gesto speso a portare l’attenzione nostra e dei nostri figli fuori dai due sensi che dominano il virtuale, è il vero antidoto alla manipolazione. Esperienze di terra, sapori e ruvidità. Semplici e originarie. Non c’è da portare a casa un successo intellettuale, ma la rinascita di cuori sempre più rattrappiti a pubblico e prodotto (occhi che guardano e mani che cliccano).
Smascherare la bugia disincarnata dell’utero in affitto
«Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri», scrive Isaia. Alle lame affilate e divisive che si agitano nell’aria degli spazi virtuali sostituiamo le lame dell’aratro che si piantano nella terra per renderla fertile. Più saremo attrattivi nel riportare le anime a piantarsi dentro le cose che sporcano, odorano e bruciano, più le irrobustiremo contro il plagio che arriva dalla sempre più pervasiva e venefica narrazione virtuale delle faccende umane essenziali. Una bugia disincarnata può essere smascherata solo da un pensiero nutrito d’incarnazioni.
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